08/05/2024
uscite discografiche - www.infinite-jest.it
Uscite discografiche con St Vincent, Sega Bodega, Pet Shop Boys, Hovvdy, Babehoven, Thom Yorke, Iron & Wine, Trent Reznor e Atticus Ross, Fat White Family, Owen e Justice.

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ST. VINCENT – ALL BORN SCREAMING 
(art rock, art-pop)

Sebbene “Daddy’s Home” del 2021 sia stato tutt’altro che un fallimento, ha rappresentato un piccolo passo indietro all’interno di una lunga carriera ricca di soddisfazioni. Questo non si può dire di “All Born Screaming”, dove St. Vincent si butta a capofitto nell’abbracciare il caos terrificante ed esilarante della vita al giorno d’oggi. Con un approccio e una scrittura che da un certo punto di vista sono molto semplici, dall’altro alquanto complessi: i testi rimangono piccoli bozzetti qualora intimi, qualora più estroversi, mentre la musica, influenzata come non mai dal rock, incorpora tante, tantissime sfumature.

Si passa dall’industrial dei Nine Inch Nails e dal grunge di nirvaniana memoria, e si arriva al Trip Hop dei Portishead ed al rock femminile di cantautrici come Tori Amos e Pj Harvey. Ed il tutto trova spazio all’interno di grandi canzoni interamente prodotte da Annie Clark, capace di far rendere al meglio le tante anime del disco. Quando ti trovi di fronte a un disco del genere c’è poco da dire. All Born Screaming è la perfetta summa di tutti i lavori precedenti, nonché il miglior disco di St. Vincent. Riprova del fatto che la nostra cara artista è senza ombra di dubbio la migliore interprete “art pop” in circolazione.
(Davide Belotti)


PET SHOP BOYS – NONETHELESS
(synth pop)

Mentre celebrano il loro quarantesimo anno di una carriera magistrale con tantissimi alti e pochissimi bassi, “Nonetheless” trova Neil Tennant e Chris Lowe coerenti nella formula migliore della loro creatura Pet Shop Boys . Artefice di questo lavoro, così ben pulito e lineare, è di James Ford, mago dello studio dal talento sopraffino – sbirciate i lavori con Depeche Mode e Arctic Monkeys –  capace di disegnare l’essenza della personalità di una band e di isolare la qualità che risuona più emotivamente con i fan.

Nel caso di “Nonetheless”, Ford ha sottolineato tutte le cose che hanno sempre reso i Pet Shop Boys così brillanti: il loro amore per i brani ottimisti e ottimistici, la loro capacità di mettere a fuoco le canzoni esplosive con il sostegno di arrangiamenti pieni di lussureggianti piani orchestrali tanto quanto un’elettronica frizzante e ariosa. Nel suo insieme, questo è un ascolto assolutamente brillante, lucido, che ci consegna una band in splendida forma.
(Giovanni Aragona)


SEGA BODEGA – DENNIS
(glitch pop, elettronica)

Dopo tante sperimentazioni, progetti paralleli, e un delizioso album solista del 2021 intitolato Romeo, Sega Bodega è tornato con una suona nuova e personale creatura. Nonostante l’intenzione di Sega Bodega di creare un corpus di opere che rifletta “una sensazione di essere disorientato come [lui] lo è stato negli ultimi due anni”, Dennis è probabilmente il suo disco più conciso fino ad oggi. Una cosa che è rimasta centrale in una versione di Sega Bodega è la sua imprevedibilità.  Nel suo terzo album, l’artista continua a creare la sua inimitabile miscela di glitch pop, R&B ed elettronica, cementando ferocemente il suo posto tra i migliori sperimentatori di questa generazione. Con Dennis, si unisce a una lista di pionieri irrequieti, ridefinendo inesorabilmente i limiti di ciò che non solo la musica, ma il suono può essere.
(Giovanni Aragona)


HOVVDY – HOVVDY 
(indie pop, bedroom pop)

Questo duo di Austin, Texas-, fa musica per momenti tranquilli, creando mondi delicati e nebulosi che accolgono dal primo accordo l’ascoltatore. L’acustica calda e le armonie tentacolari sanguinano l’una nell’altra in una distesa risonante, centellinata da accenni di sentimentalismo indie, tempi slowcore e una produzione pienamente  lo-fi. A differenza dell’ultimo ottimo album datato 2021, la lunghezza di questa opera offre agli Hovvdy la possibilità di spingere in nuove direzioni, che usano per esplorare il loro talento come cantautori pop. Parte di questa versalità è attribuibile al co-produttore Andrew Sarlo e al bassista e polistrumentista Bennett Littlejohn, capaci di offrire una nuova evoluzione di una band che promette benissimo da tempo e che finalmente, da oggi, potrebbe uscire dalla cameretta di casa per affrontare festival indie di grande risonanza.
(Giovanni Aragona)


BABEHOVEN – WATER’S HERE IN YOU
(indie-folk, indie-rock)

Il progetto firmato Maya Bon e Ryan Albert, dopo un lungo peregrinare, ha finalmente trovato una base dove creare e produrre: la Hudson Valley di New York. Dopo aver esordito in una serie di EP dal 2018 al 2021, la band ha pubblicato il loro primo album completo, Light Moving Time, nel 2022 e dopo due anni torna con questa seconda prova. Guidato dalla chitarra acustica e dalla delicata voce di Maya Bon questo disco fonde l’indie rock con i twang folk e country, avventurandosi occasionalmente nel territorio shoegaze. Il risultato non è memorabile ma gradevole e, se diverse tracce, ci hanno ricordato i Mazzy Star, il risultato  sciruamente positivo.
(Giovanni Aragona)


THOM YORKE – CONFIDENZA 
(ambient)

Musicalmente c’è poco da dire su questo lavoro ma, ad onor del vero, risulta sempre molto molto difficile recensire una colonna sonora di un film di cui non abbiamo visto praticamente nulla se non un trailer. Confidenza è il film dell’italiano Daniele Luchetti basato sull’omonimo romanzo scritto da Domenico Starnone che, dalle sonorità lascia presagire a dei momenti molto intensi e a tratti claustrofobici. L’opera è stata realizzata dal frontman dei Radiohead e degli Smile in compagnia della London Contemporany Orchestra, di Robert Stilmann e del fidato Tom Skinner degli Smile. Un lavoro capace di muoversi su più territori che spaziano dall’ambient a John Zorn che si è lasciato comunque ascoltare pur senza un supporto visivo.
(Giovanni Aragona)


IRON & WINE – LIGHT VERSE 
(indie-folk)

Sono passati sette lunghi anni dall’ultimo album non correlato ai Calexico firmato Iron & Wine, l’ottimo Beast Epic del 2017. Il leader Sam Beam ha ammesso di aver sofferto un po’ di ispirazione durante la pandemia da COVID, che ha sminuito le energie di tutti, ma ora è tornato con un’altra serie di canzoni quasi perfetta per tempi più confortevoli. Il catalogo degli Iron & Wine è costellato di album che sperimentano e spingono i confini del formato che Beam ha scelto con The Creek Drank the Cradle oltre 20 anni fa. Light Verse non è uno di quegli album. In Light Verse Beam fa ciò che sa fare meglio, suonare un songwriting preciso e delicato per canzoni accattivanti sempre ben distribuite che piaceranno alla fan base.
(Giovanni Aragona)


JUSTICE – HYPERDRAMA 
(synth funk, france disco)

Sono passati più di sette anni dal loro precedente album, Woman. Ancora di più, i Justice hanno pubblicato alcuni singoli in previsione di questa uscita. L’attesa era tanta ma la delusione si è palesata nel giro di pochissime canzoni. Hyperdrama è un album che può essere meglio descritto come un’esperienza che funziona meglio nelle sue parti singole che nel suo complesso, poiché come album, questo è forse il più ingombrante della loro discografia. La maggior parte delle tracce, anche quelle migliori, si sentono più lunghe di quanto dovrebbero essere, rendendo l’opera una noia generale fino alla fine. Questo deriva dall’uso eccessivo di rumori specifici nella produzione, e parti dell’album dilatate e prive di anima. Tutto questo, rende un album davvero inconcludente e senza brio.
(Giovanni Aragona)


OWEN – THE FALLS OF SIOUX 
(songwriter, acoustic rock)

Un veterano difficilmente sbaglia disco e Mike Kinsella, con il suo undicesimo LP dal suo progetto solista intimamente introspettivo, Owen, intitolato The Falls of Sioux, ne è la prova. Il disco vede la collaborazione del produttore S. Carey per la terza volta consecutiva. Intimità e introspezione messa a nudo e supportata non solo dalla fedele chitarra ma anche da una dose intelligente e ben dosata di elettronica che emerge in modo evidente sulle belle “Virtue Misspent” e “Beaucoup”. Oscuro ma terribilmente propositivo The Falls of Sioux suona piacevoli melodie in ogni traccia e il risultato complessivo è soddisfacente.
(Giovanni Aragona)


TRENT REZNOR & ATTICUS ROSS – CHALLENGERS
(elettronica, dark ambient, post-minimalism)

Cinema italiano e artisti internazionali: un sodalizio che fa bene a tutti e che continua a soddisfare anche i palati più delicati di cinema e musica. Ultimo arrivo in ordine temporale è Challengers, pellicola diretta da Luca Guadagnino che ha affidato ai vincitori del premio Oscar Trent Reznor & Atticus Ross (The Social Network, Soul, Watchmen, L’amore bugiardo – Gone Girl, Millennium – Uomini che odiano le donne, Mank) questa brillante colonna sonora di settimana. L’emozionante musica colpisce con una potenza inaudita in un dramma, e la colonna sonora rivoluzionaria e potente basata sull’ Ambient oscuro di Reznor e Ross (e sul ticchettio di una pallina di tennis, è diverso da qualsiasi altro mai progetto per il cinema suonato in passato dai due. Sublime.
(Giovanni Aragona)


FAT WHITE FAMILY – FORGIVENESS IS YOURS 
(art rock, post-punk)

I Fat White Family non sono tipi da lasciare le cose a metà, poichè non è nella loro natura e dunque, a distanza di ben cinque anni dal precedente lavoro in studio (che in molti pensavano potesse rappresentare il canto del cigno della band), son tornati sulle scene con un nuovo disco. 

Dopo essere passati alle cronache più per le intemperanze e la goliardia dei concerti che per la musica proposta, i nostri si son fermati e hanno riflettuto a lungo sul da farsi, fino a captare il bisogno di tornare in studio e concentrarsi sulla musica in sè per provare a sfondare una volta per tutte. Il risultato di cotanta dedizione e minuziosa ricerca? Un disco feroce e travolgente come non mai, che si erge a manifesto di una rinnovata maturità. Gran parte delle canzoni, i cui temi passano dall’onestà alla sopravvivenza, sono guidate da beat elettro/industrial e sono influenzate da grandi nomi post punk come Birthday party e Fall, nonchè da grandi parolieri degli anni 60 come Serge Gainsbourg. Sperando che a breve possano passare in Italia per la prima data italiana in 12 anni di carriera, non mi resta che ribadire la bravura della band di Brixton, capace finalmente di mettere insieme le tante idee, senza risultare pretenziosa e/o confusionaria.
(Davide Belotti)

 

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