29/04/2024
uscite discografiche luglio - www.infinite-jest.it
In questo numero di uscite discografiche della settimana abbiamo ascoltato gli album di Peter Kernel, Dream Nails, Edless, L'EP delle Boygenius, i Metric, Melanie De Biasio, The Drums, Goat e Allah Las.  

In questo numero di uscite discografiche della settimana abbiamo ascoltato gli album di Peter Kernel, Dream Nails, Edless, L’EP delle Boygenius, i Metric, Melanie De Biasio, The Drums, Goat e Allah Las.  

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Fabio Campetti e Chiara Luzi                                                                                            

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PETER KERNEL – DRUM TO DEATH
(post-punk)

Una delle particolarità degli svizzeri Peter Kernel è che i due leader Aris Bassetti e Barbara Lehnhoff non hanno mai voluto legarsi a un solo batterista, preferendo istruirne più d’uno sul proprio repertorio in modo da essere sempre sicuri di non rimanere senza ogni volta in cui fosse in programma un concerto, cosa che, con loro, accade piuttosto spesso. Per questo ritorno al formato album dopo cinque anni dall’ultimo, Aris e Barbara hanno sfruttato i loro amici batteristi per farsi mandare dei ritmi sui quali creare le nuove canzoni.

 

I contributi dei suddetti batteristi sono, ovviamente, piuttosto diversi tra loro, e certamente hanno rappresentato un ottimo spunto creativo per il duo di stanza nel Canton Ticino, ma ovviamente ci vogliono gusto e perizia in quantità per creare un buon risultato partendo da basi così differenti.  

 

Chi conosce bene i Peter Kernel sa perfettamente che queste doti non mancano, e quindi, più che dall’ottima unione tra qualità e versatilità, rimarrà colpito dalla leggerezza di fondo che caratterizza queste canzoni. Certo, siamo sempre in ambito post-punk, quindi non mancano i toni cupi e la tensione, ma rispetto sia ai canoni del genere, che a quanto ci aveva abituato la band, le spigolosità sono praticamente inesistenti e la musica scorre via con molta scioltezza.

 

Anche lo sporadico utilizzo dell’italiano e del dialetto ticinese, che in passato servivano ad aumentare l’intensità drammatica delle canzoni, qui hanno, invece, lo scopo di alleggerire. Questo approccio è interessante non solo per i Peter Kernel, ma anche per tutto un filone che, dopo i successi degli anni recenti, rischia un po’ di raggomitolarsi su se stesso per via dell’incapacità di slegarsi da un certo spettro emotivo. Ben venga, quindi, un disco così, sia per i fan della band elvetica che per tutti gli amanti del post-punk.

(Stefano Bartolotta)

 


DREAM NAILS – DOOM LOOP
(indie-rock)

Tra concerti tiratissimi, canzoni di grande impatto e capacità di far sentire la propria voce sulle difficoltà che ancora oggi devono affrontare le donne e il popolo queer, i Dream Nails sono riusciti ormai da tempo a ritagliarsi un posto di rilievo nella scena DIY di Londra e di tutto il Regno Unito. In questo secondo album, il quartetto cerca di ampliare i propri orizzonti, sia dal punto di vista musicale che emozionale, e la missione, lo dico subito, è perfettamente riuscita.

 

Questo insieme di canzoni, infatti, ha tutto ciò che può piacere a chi sa apprezzare l’indie-rock declinato in salsa punk, con ritmi compatti, chitarre che si fanno sentire mantenendo comunque una buona pulizia sonora, immediatezza melodica, facilità di ascolto e testi che raccontano il mondo queer dall’interno, mostrando che siamo tutti esseri umani con sogni, aspirazioni, voglia di lasciarsi andare e difficoltà, e che quindi dimostrano che l’immagine di dissolutezza e mancanza di profondità e valori morali con cui i perbenisti vorrebbero dipingere chi non è come loro è totalmente falsa.

 

Il ventaglio stilistico e sonoro è ampio, tutti i dettagli sono curati a puntino, non c’è praticamente mai un momento che si ripete e nessun calo di qualità o di capacità di farsi ascoltare. In definitiva, questo “Doom Loop” è il miglior album di denuncia sociale possibile al giorno d’oggi, perché in realtà non odia e non si contrappone, ma fa chiaramente vedere che chi ha ancora certi modi di pensare merita semplicemente di essere messo all’angolo nell’indifferenza.

(Stefano Bartolotta)

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EDLESS – EDITING A DREAM 
(indie-rock)

I milanesi Edless descrivono il proprio suono come una sperimentazione nella quale analogico e digitale si mescolano a supporto di melodie chiare e dirette. La band si era fatta notare nel 2016 con l’EP “Belotus” e le aperture per Nothing, Any Other, Motta e altri. A quel punto, però, è arrivata una lunga pausa, interrotta solo quest’anno con l’arrivo del primo lavoro sulla lunga distanza anticipato da tre singoli. Rispetto al passato, le canzoni hanno melodie più immediate e una maggior facilità d’ascolto anche dal punto di vista sonoro, con gli incroci di cui sopra capaci di dare spinta e profondità allo scheletro delle canzoni senza che nulla suoni sfuggente o complicato.

 

L’ascolto, quindi, scorre benissimo per tutta la durata del disco, proprio perché la band sembra aver deciso di risultare più “user friendly” rispetto al proprio repertorio pregresso, senza comunque scendere a compromessi dal punto di vista della qualità. Le melodie, infatti, sono efficacissime, il suono, come detto, le supporta in un modo molto adatto e ben congegnato, l’interpretazione vocale è all’altezza e, per chi fa caso ai testi, c’è anche qui un buon equilibrio tra ambizione e capacità di arrivare dritti al punto. In definitiva, un graditissimo ritorno nel sottobosco italiano. 

(Stefano Bartolotta)


MELANIE DE BIASIO – IL VIAGGIO
(ambient)

Il viaggio fisico ed emozionale che Melanie De Biasio affronta nel suo ultimo lavoro, Il Viaggio, la conduce a ritroso nel tempo, ma soprattutto nello spazio, alle sue origini italiane, per la precisione a Lettomanoppello in Abruzzo. Il doppio disco è un lavoro incredibilmente complesso e intimo, pervaso da un senso di nostalgia profonda ma allo stesso tempo capace di regalare immensa tranquillità a chi lo ascolta. Registrato fra il Belgio e l’italia, Il Viaggio è in effetti un concept album che, grazie alle morbide sonorità di piano, strumenti a fiato e archi, delinea melodie evanescenti, sfocate come il paesaggio visto da un treno in movimento.

 

La voce, talmente delicata fino a trasformarsi in sussurro, naviga leggera fra testi in italiano e in inglese. Con questo lavoro l’artista belga cerca una sorta di rinnovamento, non c’è traccia delle radici jazz che vengono abbandonate a favore di atmosfere ambient. I tempi dilatati, nel secondo disco i due brani hanno una lunghezza di circa venti minuti ciascuno, sono fondamentali per raccontare questo ritorno alle origini. De Biasio ha realizzato un disco pregevole, complesso e appassionato, capace di trasportare l’ascoltatore in una dimensione cristallizzata nella nostalgia del passato. 

(Chiara Luzi)


ALLAH LAS – ZUMA 85
(jangle pop, indie-rock)

Torna a farsi sentire anche il collettivo californiano Allah-Las, fresco di compleanno, il quindicesimo in carriera, che è sempre un traguardo considerevole, vista la media attuale. Da Los Angeles, dal lontano 2008 appunto si sono affacciati, esordendo con la loro personale rilettura del tempo che fu, gli anni sessanta, i settanta e la psichedelica come punto di riferimento. Quel modo di fare e quel sound che hanno fatto scuola, consolidando le radici, della musica di oggi. La band capitanata da Matt Correia, Spencer Dunham, Miles Michaud e Pedrum Siadatian ne ha fatta oggettivamente di strada e questo nuovo disco, che s’intitola “Zuma 85” è il quarto in cassaforte.

 

Personalmente ho un piccolo debole per questo progetto, pur riconoscendo una certa ripetizione nel loro modus operandi, che, alla lunga, potrebbe anche risultare, non dico fastidioso, ma semplicemente rendere il tutto routinario. Questo per dire che, di fatto, fanno sempre la stessa cosa, vale un pò il detto o li ami o li odi, sai già cosa aspettarti dal disco nuovo prima di sentirlo e probabilmente anche dal disco che devono ancora scrivere. Cosa che potrebbe essere vista con accezione negativa, ma che, in realtà, è assolutamente un dettaglio, per chi li ama appunto.

 

Del resto è pieno zeppo di artisti su questa falsariga. Anche l’album nuovo, rimane sulla linea retta dei precedenti e volutamente non si discosta, il beat, le canzoni agrodolci, i Beach Boys, i Byrds, il Messico, i funghetti allucinogeni, il surf e tutto quel mondo lì concentrato in musica. E quella scrittura sempre fedele alla linea, quasi volutamente piatta innescata da una voce monocorde.

 

Che poi, in realtà, il nuovo lavoro, pur senza uscire dal selciato, saltella qua e là tra i generi, si ascolti la distorta “Fontaine”, il beat evergreen d “Right On Time” (A proposito deliziosi i video autoprodotti), secondo singolo in agenda, o l’ipnotica e scarna, quanto cantilenante “The Stuff”, brano rompighiaccio di questo comeback discografico. Forse è proprio la scrittura con un range melodico oscillante molto ristretto che li rende sempre uguali a se stessi, marchio di fabbrica che è croce e delizia allo stesso tempo. Probabilmente possono essere annoverati tra quei progetti, che stando in materia di voti liceali, non arriveranno mai a certe lodi, semplicemente per assestarsi ad una piacevolissima sufficienza.

(Fabio Campetti)

 


BOYGENIUS – THE REST EP
((indie-rock)

All’inizio di quest’anno, le tre donzelle hanno cementato il loro posto nella scena indie-rock con il debutto The Record, e solo sette mesi dopo sono tornati con l’EP The Rest. Come suggerisce il titolo, questi sono gli avanzi che sono finiti su questo nuovo lavoro. Come l’album di debutto, l’EP dimostra perché Baker, Bridgers e Dacus sono alcune delle migliori cantautrici della loro generazione. Delle quattro canzoni presenti vi segnaliamo la cavalcata indie-rock di Powers con un riff in stile rock alternativo che oscilla e ricorda l’album solista di Baker, Sprained Ankle. Vocalmente, la traccia è elettrizzante e dimostra, anche con una sola traccia, che questo terzetto non è solo il presente, ma anche il futuro del rock.

(Giovanni Aragona)

 


METRIC – FORMENTERA II
(indie-rock, indie pop, synth pop)

I Metric hanno evitato le insidie del passato e hanno preferito in questo ultimo anno realizzare canzoni dirette e con pochi fronzoli. I contenuti di Formentera II sono stati completati a Parigi all’inizio del 2023 dopo che il loro tour si era concluso, quindi questo disco trae benefici dalla saggezza e dell’esperienza acquisita durante il tour del suo predecessore. Emotivamente questo è un viaggio attraverso gli alti e bassi, il dubbio e la meraviglia e tutti i sentimenti contrastanti che compongono una giornata tipo vengono messi in mostra. Offrendo speranza e consolazione proprio quando se ne ha bisogno, la catarsi si presenta sotto forma di un finale autoesplicativo della bellissima “Go Ahead and Cry”Formentera II è meno un sequel ma è squisitamente un’entità a sé stante e su questa base l’esistenza continua dei Metric sembra del tutto giustificata. Bravi. 

(Giovanni Aragona)

 


THE DRUMS – JOHNNY
(indie-rock, indie pop)

Nonostante ora operi essenzialmente come progetto solista, il quartetto iniziale è salito alla fama dell’indie-rock con un disco omonimo, che ha lasciato il segno per il loro tocco unico sui paesaggi sonori infusi di punk e frastagliati di oscurità che hanno offerto uno sguardo attraverso il caleidoscopio della storia della band. E ora, dopo sei album in studio, il membro fondatore dei Drums Jonny Pierce pubblica un disco, nello stile più rock n roll, che porta il suo nome. Jonny ci porta in una passeggiata della vita di Pierce, mentre rivisita i momenti più bui della sua infanzia (“Isolette”) e della sua esistenza. il disco, essenzialmente, è una biografia sonora ben pensata e messa in atto. Sedici canzoni (forse troppe) per un buon lavoro in cui Pierce si ritrova ad abbracciare il caos della vita, reclamando i suoi anni d’infanzia in un progetto catartico e coeso. 

(Giovanni Aragona)


GOAT – MEDICINE
(psych rock)

Dopo l’intenso pastrocchio sonico del loro precedente album Oh Death, dove la band si è abbandonata a tonanti jam africane,e groove ballerine,  i Goat tornano nei boschi. La fusione di droni blues-metal, ritmipsych-folk pastoralI e groove deformati alla Led Zeppelin è la ricetta di questo Medicine. Il disco è figlio della scena psych-folk svedese degli anni ’70, quella fatta di flauti e suoni di chitarra deformati che accompagnano un groove tribale e a tratti ossessivo. Lasciate stare.

(Giovanni Aragona)


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