Le migliori uscite discografiche della settimana| 12 marzo

Settimana di uscite discografiche contraddistinta dalla pubblicazione di due ottimi EP partoriti dagli Horrors e dai Do Nothing. A seguire prestate attenzione a David Shea, all’ottimo lavoro targato DJ Muggs dei Cypress Hill, a Fulminacci, The Anchoress e The Lodger. Infine una vera chicca: la raccolta Explores Series firmata Trouble in Mind, con Nondimensional, Brian Case e Landon Caldwell.

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi e Paolo Latini 

11:12:06  –  12/03/2021



THE HORRORS – LOUT (EP)
(industrial, industrial rock)

A distanza di quattro anni dall’ottimo ‘V’ sono tornati gli Horrros con un nuovo EP composto da tre tracce intitolato “Lout”. Il nuovo materiale della band  segna una sterzata prepotente verso il sound industrial metal. Tre canzoni sono relativamente poche da raccontare ma noi amplieremo il nostro raggio discorsivo dicendo che gli Horrors hanno costantemente cambiato il loro sound, con coraggio. Dagli inizi ad oggi la capacità della band è sempre stata quella di variare e sperimentare e il risultato ha sempre dato ragione al gruppo.

Lout si colloca all’interno di una discografia eterogenea e distintiva, facendo sì che la band sia una delle formazioni più affidabili e imprevedibili in circolazione. Che si trattasse di gothic rock, garage punk alla Strange House, allo shoegaze e krautrock ispirato ai Primary Colors o degli inni pronti per l’arena del decente Skying (e meno recente Luminous), gli Horrors non sono mai sembrati soddisfatti di un solo genere ed è impossibile catalogarli. In questa scorribanda industrial rock ancor di più difficile. Applausi.
(G.A)


DO NOTHING – GLUELAND (EP)
(post – punk, indie rock)

Prolifici e sempre ben centrati i Do Nothing hanno sfornato due EP in meno di 12 mesi. La band torna con Glueland -meno post-punk e crudo rispetto al precedente ma sempre ben infarcito da sonorità targate UK.  Questo Glueland sposa maggiormente lo spirito  eclettico della band e riesce a tessere trame sonore più architettate e varie tra  una linea di basso funky e un canto sussurrato. La band è di Nottingham (stessa città degli Sleaford Mods) e in effetti la somiglianza è a tratti notevole.
(G.A)


THE ANCHORESS – THE ART OF LOSING 
(songwriting, pop-rock)

Dopo un disco di debutto realizzato in collaborazione con l’ex Mansun Paul Draper, e un altro in collaborazione con l’ex Suede Bernard Butler (che in realtà era stato fatto prima, ma pubblicato solo l’anno scorso), la gallese Catherine Anne Davies affronta da sola questa prova sulla lunga distanza, scritta e prodotta unicamente da lei. È un disco che punta sulle suggestioni date da arrangiamenti, timbro vocale e testi, con melodie che servono solo a dare concretezza e forma a questi elementi e non “stanno su da sole”, un approccio senz’altro rischioso e che avrebbe potuto trasformare tutto il lavoro in un mero esercizio di stile.

Ma così non è, e tutto risulta perfettamente congegnato per mettere in piedi una prova di personalità, con uno stile molto riconoscibile, un album coinvolgente se lo si ascolta con attenzione e non lo si lascia semplicemente come sottofondo. Dal punto di vista tematico, si insiste su come gestire le perdite che subiamo, nel senso di morti altrui, cercando di uscir fuori dai diversi lutti, e tutto nasce da vicende davvero accadute all’autrice, che ha purtroppo subito ben tre aborti spontanei, la morte del padre per un tumore aggressivo al cervello e ha dovuto lei stessa ricevere dei trattamenti per un tumore cervicale. Si può ben capire, quindi, che non si tratta di un ascolto facile, eppure il disco ha una sua immediatezza e, davvero, se gli si dà la giusta attenzione, è in grado di colpire fin dal primo ascolto.
(S.B)


THE LODGER – CUL-DE-SAC LOVE
(indie-pop)

La band capitanata da Ben Siddall, dopo un trittico di album usciti tra il 2007 e il 2010, torna solo ora a farsi risentire, e pubblica il quarto disco con una serie di etichette indipendenti tra cui la nostra WWNBB. Nonostante gli anni di assenza, il pop dei Lodger suona ancora fresco e accattivante, e magari non avrà niente di particolarmente originale, ma è sempre tutto ben centrato sotto ogni punto di vista, dalle melodie, al cantato, alla parte ritmica, per la quale qui c’è un lavoro più ampio che in passato, con la conseguenza che la band è in grado di mettere in mostra una maggior varietà, con escursioni inedite in territori ancor più ballabili.

Trentasette minuti di puro disincanto indie-pop, tra momenti spensierati e introspezioni da cameretta; un lavoro che può probabilmente essere bollato come settoriale, ma, come già detto su queste pagine per altre uscite dello stesso tenore, a noi popkids interessa il giusto arrivare a tutti, e ci piace di più crogiolarci nel nostro piccolo mondo.
(S.B)


FULMINACCI – TANTE CARE COSE
(songwriting, pop)

Il giovane autore romano pubblica il secondo disco dopo la ribalta sanremese, e in realtà conferma che la canzone che ha portato sul palco dell’Ariston non è certamente aliena al suo stile consueto, ma ne è una versione più convenzionale che non si riflette in nessun altro brano nuovo.

Nelle altre canzoni, infatti, si riscontra un’evoluzione della vivacità già messa in mostra nel debutto del 2019, con arrangiamenti ampi e colorati, una forte attenzione alla parte ritmica, un flow vocale spesso serrato e testi che partono dal particolare per aprirsi all’universale. Dieci canzoni ben riuscite per un progetto musicale sempre più interessante, capace di mettere insieme vecchia scuola e modernità da una parte e esigenze da mainstream e qualità dall’altra.
(S.B)


BRIAN CASE, PRACTICE TAPE  ambient/drone/experimental

LANDON CALDWELL, DEEP STRAND – ambient/drone/experimental

NONDIMENSIONAL, SCRAWLS OF SOCIAL DISTANCE  – ambient/drone/experimental

“Nova semper quaerere et parta custodire” ammoniva Sant’Ambrogio, e Bill e Lisa Roe, tenutari della sempre ottima Trouble In Mind l’hanno preso quasi alla lettera e hanno usato “Semper enim nova quaerere fores,” [https://troubleinmindrecords.bandcamp.com/album/semper-enim-nova-quaerere-fores-the-2020-trouble-in-mind-explorers-series] come  titolo della compilation Bandcamp nella quale Trouble In Mind ha raccolto tracce dai primi cinque titoli pubblicati nella collana “Explores Series,” espressamente dedicata alla ricerca di suoni non convenzionali e a “gettare una seconda luce sulla musica più stravagante,” ossia l’unica che porti davvero avanti il discorso di ricerca sonora.

Nella collana finora hanno trovato spazio le nuove frontiere chitarristiche (Matt LaJoie), ibridi jazz-noise (Armageddon Experimental Band) e sperimentalismi elettronici (la formidabile Matchess).

Escono oggi in blocco altri tre tasselli esplorativi: Brian Case, nome di spicco nella scena indipendente di Chicago, prima con i Disappears, poi da solo, ora con i FACS (uscirà un loro nuovo disco a maggio, sempre per Trouble in Mind), Practice Tape è un lavoro di ricerca ispirato da e dedicato a Cybil Shepherd, tre jam tra elettronica minimale e rumorismi che mostrano il lato oscuro del rock futuristico dei FACS. Landon Caldwell è un altro nome di spicco, già braccio e mente nei Crazy Doberman. Su Deep Strand continua la sua ricerca sulle improvvisazioni modali e l’ambient lenitiva al confine con kraut e quartomondismo. Musica molecolare, dissolta, avvolgente come nebbia, così come avvolgente è l’esperimento solista di Rob Karlic, già compagno di scorribande di Matt McKenzie (aka Mac Blackout) negli Armageddon Experimental Band e nei Functional Blackouts.

Le due lunghe jam di Scrawls of Social Distance si muovono quasi schizofrenicamente tra infusioni di synth caldi e inattesi attacchi rumoristici, tra quiete e ansia, serena cattività e eruzioni evasive. Come tutti i titoli della collana Explores Series, anche questi tre escono solo su cassetta oltre che in digitale.
(P.L)


DJ MUGGS THE BLACK GOAT – DIES OCCIDENDUM
(hip hop)

In tempi cupi come questi c’è bisogno di una guida che aiuti ad attraversare la nebbia oscura scesa sull’umanità. Rispolverando lo pseudonimo di Black Goat, che DJ Muggs aveva usato per la collaborazione con i Die Antwoord, lo storico produttore dei Cypress Hill fa suo il ruolo di guida attraverso queste nebbie ancestrali. Dies Occidendumè un lavoro incredibilmente cupo, carico di un’atmosfera torbida che avvolge immediatamente l’ascoltatore.

I beat densi, che rimandano all’immaginario ipnotico dei Clams Casino, segnano il ritmo lento del cammino attraverso la foschia. I campionamenti che DJ Muggs usa sono delle chicche: troviamo stralci di opera lirica, The Chosen One, e pezzi di vecchi film horror che, ben distribuiti fra tutti i dieci brani, contribuiscono a restituire un senso di angoscia e terrore. Alla fine di questo vagare usciamo dal buio e, citando il nostro Dante, ‘ritorniamo a riveder le stelle’ accompagnati da una capra e dal canto dei grilli. Con questo lavoro, massiccio e fluido allo stesso tempo, DJ Muggs dimostra ancora di essere una spanna sopra a molte produzioni hip hop contemporanee.
(C.L)


DAVID SHEA – THE THOUSAND BUDDHA CAVES
(Alternative – Ambient)

Le grotte dei mille Buddha vennero scavate dai monaci buddhisti nella valle di Mogao, oggi in Cina, fra il V e il XIV secolo. Questo sito, fondamentale per i buddhisti, racchiude una smisurata energia mistica. Il compositore australiano David Shea omaggia questo luogo con il suo ultimo lavoro in uscita oggi The Thousand Buddha Caves. Shea studia le filosofie orientali sin da giovane e questo disco è probabilmente il culmine del suo percorso spirituale.

Questo album è il risultato finale di una fusione fra presente e passato, in cui l’antica cultura e tradizione musicale Orientale si incontra con la contemporaneità. Strumenti come il guzheng incontrano il minimalismo dei suoni contemporanei di Shea dando vita a brani concettuali. Il compositore australiano crea un tappeto musicale ascetico in grado di sprigionare sonorità che sembrano uscire direttamente da un monastero Taoista o Buddhista. L’ascolto del disco è indicato per chi è alla ricerca di uno stato meditativo.
(C.L)


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