08/05/2024
Gli Einstürzende Neubauten e Alles in Allem. Il nuovo disco della band è l'undicesimo album del gruppo formato a Berlino nel '80.

Gli Einstürzende Neubauten tornano con un nuovo album, Alles in Allem, undicesimo disco della band formata a Berlino nel ’80.

15:40:16  – 28/05/2020


 

 

Etichetta: Potomak Records 
Genere: Avantgarde, Industrial, Post-Punk
Release: 15 maggio

Einstürzende Neubauten, ‘Alles in Allem’, e i 40 anni carriera

Gli Einstürzende Neubauten sono giunti al traguardo dei quarant’anni di attività. Di carriere così significative e influenti ne abbiamo viste davvero poche, specie se concentriamo l’analisi  in quello che è il Vecchio Continente. Blixa Bargeld è andato decisamente oltre i confini di questa Europa, caratterizzata oggi più che mai da ideali che si sgretolano al vento, facendo parte dal 1984 al 2003 dei Bad Seeds dell’amico Nick Cave.

Come ci arrivano il già citato Bargeld, Alexander Hacke e N.U. Unruh a questo disco (auto)celebrativo? Lo splendido concept album Lament (2014) aveva aperto alla possibilità di rivedere una band in grado di ricorrere brillantemente a nuove sintesi stilistiche, con un notevole ventaglio di soluzioni elettroniche a disposizione. Se prendiamo ad esempio anche l’album in studio precedente, Alles Wieder Offen (2007), troviamo una band in forma. Alles Wieder Offen era un buon compendio che condensava abilmente gli esordi espressionisti, la Musica Creativa, i Sonic Youth più inclini alla No-Wave, le cornici industriali e l’Estetica del Silenzio (teorizzata vent’anni fa con Silence Is Sexy).

Quando parliamo di un gruppo così longevo, è importante soffermarci sulla sua capacità di ri-elaborazione. Un disco come Alles Wieder Offen collocava gli Einsturzende Neubauten in una dimensione congeniale: brani coincisi, dal marcato sapore industrial, con forti connotazioni politiche, senza per questo tralasciare la sperimentazione sonora. Le premesse, come detto, erano senz’altro buone, ma Alles In Allem è qualcosa di inatteso sia per i primi, che per i fan più recenti.

Alles in Allem, “Tutto Sotratto”

In questo nuovo disco, “Tutto Sommato”, non possiamo dire di appoggiare appieno le scelte distese di una band così genuinamente “contro”. Se il concetto della cultura avanguardista ha preso il sopravvento sulla composizione articolata,  nei singoli episodi dei berlinesi, possiamo dire che il risultato sottrae all’economia della band. Perché, non solo questo disco non aggiunge nulla alla loro discografia, ma se lo confrontiamo con tutti i loro capitoli precedenti rischia solo di fornirci una versione innocua ed evanescente della band che conoscevamo. Non un brutto album, attenzione, Alles In Allem è un lavoro colmo di atmosfere dal sapore divinatorio.

Violini e basi ritmiche minimali costruiscono spesso trame estatiche. Il problema è che il gusto dada insito in Bargeld e soci qui assume uno statuto religioso che ne distorce il significato.  Com’è noto, vedere dal vivo gli Einstürzende Neubauten è una esperienza memorabile: la loro teatralità caustica e il loro ricorso ad esecuzioni musicali violente e anticonvenzionali giocano un ruolo fondamentale. Questo disco fatichiamo ad immaginarlo in una dimensione live, accanto a ben altri brani.

Per certi aspetti, Alles In Allem ha i contorni di una profezia che nessuno chiede, che dice poco nella sua cripticità, e che sembra rivelata da qualcuno diventato più autorevole delle sue stesse parole.

Un Party senza anima

Ci sono episodi da salvare, ed altri che reggono colpevolmente un palazzo che dovrebbe crollare (come da tradizione). Tra quelli sicuramente buoni inseriamo l’opener Ten Grand Goldie: un divertissement industrial godibile nei suoi saliscendi programmati. In certi aspetti sembra la versione malriuscita di Let’s do It a Dada, però è a fuoco. Si respira l’aria nociva di un’acciaieria 2.0 in un brano dark ambient come Zivilisatorisches Missgeschick, e il risultato rievoca la brutalità degli esordi, ma anche alcuni buoni risultati successivi ad Halber Mensch. Episodio senz’altro da salvare Grazer Damm: in sei minuti e mezzo confezionano una marcia funebre che ricorda tante cose belle post-rock, tra cui gli Arab Strap. Vediamo un Bargeld molto in forma anche in Wedding, pezzo post-punk dall’intro che non ti aspetti: il brano è giocato su un climax ascendente e sul gioco di parole sul quartiere berlinese. 

Non possiamo, diversamente, dire lo stesso di altri capitoli.  La rivisitazione avanguardista  della canzone folk popolare, in Am Landwehrkanal, francamente annoia e spezza sul nascere il buon ritmo del brano di apertura. Potremmo dire lo stesso di Mobliertes Lied: coi suoi campionamenti sintetici tutti uguali, disturbati da qualche rumore, mette tutto sulle spalle del povero Blixa. Taschen è un brano avantgarde caratterizzato dal violino che non guasta, pur senza esaltare. Seven Screws si poggia su un riff di chitarra centrale poco esaltante: accompagnato dagli archi, il brano costruisce una effimera estasi che non si sublima nel crescendo strozzato. La title-track è senz’altro una ballata sensuale, che cerca di alzare l’asticella ma è troppo prevedibile nella sua forma per destare più di un superficiale interesse.

Il brano di chiusura Tempelhof ci accompagna con la pomposità di altri brani nell’iperuranio, proprio nel giorno in cui le idee hanno deciso di scioperare. Pur dopo vari ascolti, quel senso confuso di “indefinito” lascia prevalere la noia. Quarant’anni festeggiati così: da spettatori è come avere preso parte ad una festa piena di amici che non incontravi da anni. Sono tutti rincoglioniti, panciuti e soddisfatti delle loro memorie. L’anima delle loro azioni si è persa nei proclami.

Conclusioni

Non fraintendeteci: sappiamo bene che le cartucce importanti siano state già sparate, infatti non ci aspettavamo Halber Mensch o Zeichungen des Patienten O.T. . Saremmo dei filistei, ad ogni modo, se vi dicessimo che questo disco va bene solo perché la band si chiama Einstürzende Neubauten. Accogliamo un nuovo disco del gruppo tedesco sempre con piacere, ma speravamo sinceramente in qualcosa in più. Aspettiamo comunque di vederli dal vivo, con la speranza che Alles In Allem non monopolizzi la setlist.

Vincenzo Papeo 

 

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