27/04/2024
Considerato una pietra miliare del rock, The Velvet Underground & Nico è il primo album dei Velvet Underground. Pubblicato nel 1967 dalla etichetta Verve Records.

Considerato una pietra miliare del rock, The Velvet Underground & Nico è il primo album dei Velvet Underground. Pubblicato nel 1967 dalla etichetta Verve Records.

17:32:39  – 03/12/2021


Il disco che cadde sulla terra

Non se lo filò nessuno, quando uscì (arrivò al massimo al n.195 degli album più venduti in USA), l’esordio dei Velvet Underground. Può sembrare strano oggi, che ha lo status inconfutabile di pietra miliare del rock, ma non lo era affatto in quel periodo storico.  Erano i tempi della psichedelia, dell’LSD, di Lucy che vola otto miglia sù nel cielo coi diamanti, del flower power, del peace & love e compagnia hippie. E poi arriva questa banda di teppisti scappati di casa, occhiali da sole sempre sul viso e stivaletti a punta, a celebrarne il funerale in anticipo, cantando di eroina, di degrado urbano, di sesso sadomaso.

Troppo avanti, troppo fuori dal coro, troppo alieni. Ma è vero anche che, come disse Lester Bangs, se solo 100 persone comprarono quel disco, tutti e 100 poi misero su una band (chiedere ai Modern Lovers, ai Feelies, ai Television). Perchè  quel disco contiene i semi di gran parte dell’evoluzione del rock dei decenni successivi, dal post-punk allo shoegaze, al noise, al dream pop. Tutto ciò grazie ad una straordinaria congiunzione astrale che ha permesso l’incontro di 4 personalità artistiche enormi (più due comprimari di lusso) e grazie all’unico posto che poteva fornire l’humus culturale adatto a far crescere fiori nuovi, strani e ammalianti: la grande mela.

New York, New York

E’ a New York che avviene l’incontro fatale tra Lou Reed e John Cale. Il rocker problematico ossessionato dalla musica e dalla personalità tormentata, con precoci approcci con le droghe e ricoveri psichiatrici a base di elettroshock, e il brillante studente di musica contemporanea, già allievo di John Cage e Lamont Young.

Attrazione fatale tra due mondi all’apparenza incompatibili, la voglia di fare musica insieme che li porta a metter su nel 1964, una band con Sterling Morrison, compagno di università di Reed e brillante chitarrista e, dopo l’abbandono del freak Angus MacLise, Maureen Tucker, batterista androgina dallo stile tribale e minimale.

L’incontro che fa decollare il gruppo però è quello con Andy Warhol. Il poliedrico artista li prende sotto la sua ala protettiva, li introduce al rutilante mondo della Factory e li rende parte del suo Exploding Plastic Inevitable Show, che unisce al live show dei VU la proiezione di film sperimentali di Warhol e le performances di gente come Gerard Malanga e Edie Sedwick. In più regala (o forse impone) loro Nico, nata Christa Paffgen, attrice e cantante tedesca dall’algido fascino. Dopo il giusto periodo di apprendistato, la band è pronta all’esordio discografico, che avviene il 12 marzo 1967.

La banana dei Velvet Underground 

Velvet Underground & Nico ha una delle copertine più iconiche di sempre, la banana disegnata da Andy Warhol (in origine sbucciabile). Lo stesso Warhol è accreditato come produttore, ma più che dal punto di vista tecnico il suo è stato un ruolo di mentore e catalizzatore di energie. Il disco non avrebbe bisogno di troppe spiegazioni, tutti conoscono la bellezza di brani come Heroin, Venus In Furs, Sunday Morning, I’m Waiting For The Man e i 3 cantati da Nico, Femme Fatale, I’ll Be Your Mirror e All Tomorrow’s Parties. Chi non li conosce è giustificato solo se minore di 16 anni. Piuttosto qualche parola in più va spesa per i brani cosiddetti minori, che sono minori manco per niente.

There She Goes sono i Byrds mai usciti dal garage, la Creation e la Sarah records immaginati vent’anni prima. Run, Run, Run crea un ponte ideale tra Bo Diddley e i Gun Club. The Black Angel’s Death Song, guidata dalla viola di John Cale, è l’archetipo della ballata gotica. European Son unisce in modo magistrale punk, noise, musica concreta e minimalismo. Simili risultati sono frutto di un’alchimia difficile da mantenere a lungo, e infatti. Warhol e Nico sono i primi a mollare, Cale lo fa dopo White Light/Withe Heat (disco eccelso per il suono, meno per le canzoni). Un lento stillicidio che porta fino al paradosso di un disco dei VU senza Lou Reed (l’inutile Squeeze). Ma nulla può scalfire l’imponenza e l’importanza del monolite kubrickiano del rock. Se un virus cancellasse tutta la musica del mondo e si potesse preservare un unico disco da cui ripartire non avrei dubbi nello scegliere questo perchè, citando Pazienza, contiene moltitudini.

Gabriele Marramà 

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