Velvet Underground, 51 anni fa “l’album grigio”. Una luce fuori dal tunnel

11:41:58  –  26/03/2020

What Goes On

Alla fine dell’estate del 1968, Lou Reed chiamò Sterling Morrison per un incontro nel pomeriggio al Riviera Cafè, nel Village. Reed aveva convocato quell’appuntamento, in cui era presente anche Maureen Tucker, per informarli che John Cale era stato allontanato dalla band. Troppi scontri e tensioni e infime gelosie per proseguire quell’avventura insieme. Una cosa che non andò mai giù a Sterling Morrison, che non lo perdonerà mai. Al posto di John Cale, nell’ottobre del 1968, arriva Doug Yule, un musicista più tecnico, più tradizionale, ma meno avventuroso e rumoroso del suo predecessore. 

Some Kinda Love

L’”album grigio”, così com’è conosciuto dai fan, pubblicato con la nuova etichetta MGM, suona come se i Velvet Underground fossero finiti al Greenwich Village. I club di quella New York, viziosa e decadente, sono un ricordo. Adesso è il solo Lou Reed ad avere il comando, e segna il ritorno allo scheletro malinconico delle sue composizioni. C’è un’atmosfera morbida, pacata, quasi narcolettica in questo disco, avvolto in un suono spettrale che sa di blues e folk, ma anche di psichedelia.

Musica che ci dà l’esatta percezione di qualcuno che ha finalmente visto la luce, dopo essere stato giù, giù, all’inferno (Beginning To See The Light). Un viaggio nell’amore in tutte le sue vesti, carnale, (Pale Blue Eyes) ideale, (Some Kinda love) religioso, (Jesus). Canzoni che restano malate e malsane, meno rumorose, ma sempre ossessive e minimali, dolciastre di follia. Lou Reed, che in passato aveva avuto attriti con Nico per i brani da cantare, qui concede Candy Says a Doug Yule. Un brano che racconta di Candy Darling, una celebrità di Andy Warhol, prima di sottoporsi all’operazione per cambiare sesso. E la tristissima, come lui stesso definì Afterhours, a Maureen Tucker. 

Afterhours

L’album grigio racchiude le parole scritte su un taccuino nelle freddi notti piovose di un giovane Reed che scandaglia le sue paure. È il suo modo di riconciliarsi con il mondo e con gli uomini, una preghiera per la sua salvezza. Aveva superato il bene e il male, il giusto e lo sbagliato. Qui, nell’album grigio, la vita è solo un poco più tranquilla. Dopo tanto girovagare, è un frugare nel baule per indossare qualcosa che ridia calore, dopo tanto dolore. È un luogo in cui passare splendide nottate abbracciato a qualcuno perché al buio, alla fine, la gente è più bella.

Un album che a torto si tende a dimenticare, schiacciato dai primi due lavori dei Velvet Underground. Ma come si fa a non restare ammaliati dall’organo di What Goes On, dall’infinita dolcezza di Candy Says, dalla melodia sconfinata di Pale Blue Eyes, che vorresti non terminasse mai. Piccole meraviglie che ti fanno sentire più vero del vero. C’è la storia della vita di Lou Reed, racchiusa in questi solchi, e forse anche il primo passo per la sua futura carriera da solista. Ma conserva ancora quella frenesia, quella bruma di vizi e intrighi che lo fanno sentire solo e soltanto come una luce bianca che ti accende gli occhi e ti riempie di sorprese.

Federico Bartolo 

 

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