Transformer, 48 anni fa il lato selvaggio di Lou Reed

Transformer è il secondo album solista di Lou Reed, pubblicato nel 1972 dalla RCA Records e ristampato su compact disc per la prima volta nel 1983.

17:03:31  – 08/11/2020


Angeli Neri

In un caldo e umido pomeriggio del 23 agosto del 1970, sulla quinta Avenue, il traffico scorreva lento. La magica stagione dei Velvet Underground era finita dopo la pubblicazione dell’album Loaded, e Lou Reed arrancava da solo con gravi problemi causati dall’abuso di alcool e droga. Tra scalcinati cinemini a luci rosse, facciate di case sverniciate, e tossici vagabondi, un giovane zoppicando si accostò ad un taxi. Solo il tempo di un fugace sguardo a quella ferita che gli macchiava i pantaloni, e continuò la sua camminata solitaria.

Amava il lato selvaggio della vita Lou Reed, perché nessuno scenderebbe all’inferno per sostituire un altro. Lui però si gettava giù. Dopo la separazione dai Velvet, si era ritirato tornando a casa dei suoi genitori, con le sue paranoie e quel dolore esistenziale che non lo abbandonerà mai. Ma la musica come sempre lo teneva in vita, così all’inizio del 1971 dopo aver ottenuto un contratto con la RCA, vola a Londra ai Morgan Studios, per registrare il suo primo album da solista. L’album “Lou Reed” fu pubblicato nel 1972, bocciato senza troppi convenevoli da critica e pubblico.

Melodie disturbanti, canti malsani e tossicità 

Ma quest’opera suona un rock secco come un drappello di cani randagi, melodie disturbanti, dolcezze e dubbi, e il canto malsano e malinconico di Lou Reed, afferra per la gola quelli che la vita ha sempre trattato senza troppa gentilezza. Un album intrigante e intossicato di sogni velvettiani, affilato e maligno, caldo e umido di sesso, crudo e imperfetto.

In sostanza è sempre il rock quando suona vero e sincero. Probabilmente a quel tempo era un disco ancora troppo tenebroso e garage, per essere apprezzato da un pubblico convenzionale. La radio suonò qualcosa, Lou Reed picchiettò le dita sulla chitarra e scosse la testa. Fuori la strada era piena di gente e invasa dal traffico. Le luci d’emergenza di un ambulanza si persero nel frastuono.

Dentro il bar c’era molta gente, il jukebox scattò all’improvviso diffondendo le prime note di chitarra. La donna scivolò sotto il braccio dell’uomo mandandolo a farsi fottere, e corse su per le scale. Lou nella semioscurità del suo appartamento mise un disco e accese una sigaretta al mentolo, perfetta dopo l’erba.

Negli anni sessanta suonare rock era una cosa molto eccitante, perché la società ti considerava uno negativo, e Lou Reed si sentiva pienamente a suo agio in quel ruolo. Se ne andava in giro con ragazzi più grandi di lui, perché amava suonare in quei buchi in cui si respirava il tanfo dell’umanità. Luoghi perfetti per un poeta. 

Lou Reed il transformista

Gli album “Hunky Dory” e “Ziggy Stardust” avevano fatto di David Bowie una star di prima grandezza, così da vecchio fan dei Velvet Underground si propose per la produzione del suo secondo disco. La casa discografica Rca ne fu entusiasta, visto che era in procinto di scaricarlo, dopo il flop dell’esordio.  Ed è sempre al Morgan Studio di Londra che viene registrato Transformer, che uscirà l’otto novembre del 1972.

In studio Lou Reed porta un lotto di grandi canzoni, che come sempre descrivono quelli che con il loro ammasso di paure e speranze, di piccole e grandi ferite, giorno dopo giorno senza saperlo, suonano un blues duro e gelido. Circondato d’amore Lou Reed viene preso in custodia da Mick Ronson, coproduttore insieme a Bowie, e vera anima motrice di questo disco. Un musicista completo Ronson, quasi un John Cale, anche se meno cupo e più solare.

Le canzoni vengono levigate e ripulite da quel lato oscuro e spigoloso, che si portano appresso, per donargli una leggerezza tutta nuova, molto inglese. E’ un lavoro accurato il suo, e anche se alla fine suoneranno varie e insolite, risultano in qualche modo equilibrate con l’universo livido e opaco di Lou Reed.

Il successo commerciale 

Transformer è anche il disco del successo commerciale, arriverà al 29° posto delle classifiche americane trascinato dal singolo Walk On the Wilde Side, una soffice ballad che racconta la vita sbandata di Holly Woodlawn, Jackie Curtis, Candy Darling, dei travestiti che recitavano nei film di Warhol. La canzone è anche il tema centrale del disco, che parla di omosessualità, droga, prostituzione, e lo fa com’è sua consuetudine senza giudicare nessuno. Vicious è la storia di un uomo che frusta il suo amante con un fiore, un rock che eseguito dal vivo darà il meglio di se.

La sinistra “Andy’s Chest” ricorda il giorno in cui l’attrice Valerie Solanas, sparò dei colpi di pistola a Andy Warhol. “Wagon Wheel” e “Hanging’ Round” sono scontrose e ambigue, anche se invecchiate male. Mentre “Perfect Day”, che fu il lato B del 45 giri di Walk on the wild side, dà l’impressione che la caduta possa avere finalmente fine. Con quel piano che l’accarezza e la fa vibrare il giorno sarebbe venuto su con calma. Sarebbe arrivato attraverso quel buco che i disperati avrebbero scavato, lacerando la notte.

“Satellite Of Love” è spaziale e romantica nel suo incedere, perché quando la fiamma si spegne, se ne va via pure la dolcezza, intrisa di rimorso. Resta ancora vitale “I’m So Free”, mentre la filastrocca di “New York Telephone Conversation” con il suo andamento da commedia, racconta della passione di Andy Warhol, per le lunghe telefonate.

La foto di copertina del disco fu scattata da Mick Rock, un fotografo molto famoso negli anni settanta, che decise di utilizzare uno scatto rovinatosi nella camera oscura, che accentua l’ambiguità sessuale di Lou Reed, che era quello che cercava e voleva David Bowie, per il lancio commerciale del disco. Dopo questo incontro, i due non lavoreranno più insieme. “Goodnight Ladies” chiude l’album, ed ha un arrangiamento quasi dixieland, con quel clarinetto che l’avvolge e il suo sapore di solitudine.

Conclusioni 

Transformer è un disco suonato magistralmente e tecnicamente impeccabile, che darà a Lou Reed un enorme popolarità, grazie anche ad una tournée al fianco di Bowie. Ma il meglio dovrà ancora venire. E’ un sabato sera con la sola musica a farmi da compagnia, e nessuno che mi chiami al telefono. La televisione rimasta accesa, gracida da sola il notiziario. Un mucchio di miseri sogni se ne stanno sotto la luce sgargiante delle stelle, ma a parte la luna, giù in strada non mi aspetta nessuno. 

Bartolo Federico

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