27/04/2024
uscite discografiche - www.infinite-jest.it
Uscite discografiche con MGMT, ALLIE X, REAL ESTATE, BOMBAY BICYCLE CLUB, HURRAY FOR THE RIFF RAFF, NADINE SHAK, THE SNUTS, LAETITIA SADIER, WHISPERING SONS, Friko, Morgan

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FRIKO – WHERE WE’VE BEEN, WHERE WE GO FROM HERE 
(indie-rock)

Quanto è bello l’indie-rock, quello roboante, emotivo, che ti mette voglia di cantare e urlare e che ti trascina con quel connubio irresistibile di melodie immediate e suoni in prevalenza ruggenti ma anche capaci di sbalzi verso un’improvvisa delicatezza che dà la netta sensazione di essere fragile e pronta a rompersi da un momento all’altro. Negli ultimi anni, purtroppo, questo tipo di proposte musicali hanno goduto di sempre meno attenzioni, anche da parte degli appassionati, ma forse, l’esordio di questo due di Chicago può servire a ridare la giusta visibilità a un modo di fare musica che non dovrebbe mai passare di moda.

 

I Friko riprendono l’approccio dei primi Radiohead e lo estremizzano su entrambi i lati, ovvero quello dell’elettricità e dell’adrenalina e quello dell’introspezione e della malinconia. Aggiungono poi la stessa attitudine pica che aveva fatto le fortune dell’indie canadese negli anni Zero, con i Broken Social Scene come riferimento più evidente e con altri nomi come Wolf Parade, Arcade Fire e Stars che si aggiungono ai modelli, ripetiamo non tanto come sound ma piuttosto come attitudine. Un disco senza compromessi e fatto benissimo, che sfrutta l’aspetto positivo dell’ingenuità artistica e ci mette tanto, ma tanto cuore. Non fatevelo scappare.
(Stefano Bartolotta) 

 

 


MORGAN – SÌ, CERTO L’AMORE
(avant, songwriting)

Marco Castoldi ha passato decenni a dividere costantemente sia l’opinione pubblica che il giudizio degli appassionati di musica. L’artista monzese non poteva esimersi dal fare lo stesso anche con questo ritorno alla musica inedita sulla lunga distanza, cosa che non avveniva dal 2007. Delle otto tracce, infatti, una è una intro piuttosto statica di 50 secondi, l’ultima è effettivamente un brano inedito, ma le altre sei sono altrettante versioni della stessa canzone, ovvero le due già uscite lo scorso novembre e altre quattro. Una scelta snobistica, o peggio, una presa in giro?

 

Secondo chi scrive, bisogna dare un po’ di contesto a una proposta del genere. Parliamo, infatti, di un artista indubbiamente colto e altrettanto chiaramente devoto a certi numi tutelari del passato, secondo i quali l’arte di arrangiare le canzoni e in generale della cura del suono aveva almeno pari dignità rispetto a quella di scrivere canzoni. Battiato (da sempre mentore di Morgan), De André, Claudio Rocchi, Battisti e tantissimi altri davano un’importanza almeno uguale ai due aspetti e ingaggiavano musicisti molto dotati per i loro dischi. Col tempo, invece, il valore dell’aspetto prettamente sonoro si è perso in favore di quello legato al songwriting, e ormai, oggigiorno, si dà importanza solo a quest’ultimo.

 

Cosa poteva fare, dunque, Morgan, per architettare un ritorno alla sua maniera? Ovviamente ribaltare la prospettiva, un po’ per fare sfoggio della propria cultura e conoscenza della storia della musica italiana, ma anche, e soprattutto, per dare un bello schiaffo in faccia alle regole cristallizzate e all’omologazione. Le sei vesti differenti date allo stesso brano sono tutte interessanti e valide e davvero non si tratta di un ascolto fine a sé stesso. Anche la canzone inedita è ben fatta, per cui ora è giusto avere aspettative alte sul già annunciato album, che, in questo caso, dovrebbe effettivamente comprendere canzoni diverse anche per quanto riguarda la scrittura, anche se con Morgan non si può mai sapere, e meno male, viene da dire.
(Stefano Bartolotta) 

 


PIER ADDUCE – DOVE VOLA LA CICOGNA 
(songwriting)

Magari il suo nome non è conosciuto ai più, ma questo è il decimo album di Pier Adduce, il secondo da solista da aggiungere agli otto quale leader assoluto dei Guignol, band che anima il sottobosco milanese da una ventina d’anni ed è tra i migliori esempi del fatto che all’ombra della Madonnina non ci sono solamente lustrini e presenzialismo, ma anche un circuito autenticamente underground. Adduce, sempre interessato a rinfrescare il proprio stile ma, allo stesso tempo, saldamente ancorato alla propria natura di songwriter della frustrazione, del disagio e delle storie difficili, mette in mostra un ventaglio di soluzioni sonore certamente diverso rispetto al suo solito.

 

Infatti, all’insieme di compattezza e naturalezza che ha sempre caratterizzato il repertorio dell’artista e della sua band, qui si contrappongono una struttura degli arrangiamenti nella quale c’è più spazio tra i vari strumenti coinvolti e un uso importante di tastiere, elettronica e effetti per le chitarre. Il bello è che queste novità non comportano uno stravolgimento stilistico, ma un’ulteriore rinfrescata, più evidente delle altre ma che comunque non snatura le caratteristiche principali di Adduce.

 

Anche i testi hanno un taglio differente, nel fatto di essere meno diretti e più attenti alle suggestioni e al valore dei simbolismi, ma anche qui l’autore non rinnega certo il proprio passato, e semplicemente cerca nuove strade per esprimere il proprio modo di essere. Al di là dei confronti col passato, comunque, questo ascolto è consigliato perché risulta sempre stimolante grazie al modo in cui vengono fatte interagire tra loro le particolarità sopra descritte.
(Stefano Bartolotta) 

 

 


REAL ESTATE – DANIEL 
(indie rock, indie folk)

A distanza di quattro anni da The Main Thing, 2020, i Real Estate tornano oggi con il loro sesto album in studio, Daniel. Registrato a Nashville con la produzione di Daniel Tashian, Daniel mantiene intatta la cifra stilistica della band ma, allo stesso tempo, è carico di nuovi stimoli sonori. Il gruppo è riuscito a creare un lavoro che fluisce in maniera naturale, senza forzature; gli undici brani non riservano scossoni ritmici o narrativi, ma nonostante ciò l’album è gradevole da ascoltare.

 

Risplende grazie ai riverberi che animano voce e chitarre, Say No More,  e che danno vita a pattern sonori con cui è immediato connettersi. Brani come Water Underground sembrano essere stati creati appositamente per rimanere in testa all’ascoltatore, e andando avanti si scoprono ‘contaminazioni’ country/ folk, Vitoria, che contribuiscono a rendere  il suono di questo disco più ricco. Real Estate hanno realizzato un lavoro mirabile, non il migliore della loro carriera, ma senza dubbio uno dei più autentici, capace di restituire il vero umore della band in questo preciso momento.
(Chiara Luzi)

 

 

 


WHISPERING SONS – THE GREAT CALM
(post-punk)

A margine dell’esordio oscuro e cupo di Image del 2018 e del minimale Several Others del 2021, il terzo album dei Whispering Sons, The Great Calm, è un disco molto più omogeneo e maturo rispetto agli esordi.  Dodici canzoni ben suonate e con ottima struttura faranno da piacevole colonna sonora nelle giornate pioggia tra post punk e deliri urbani.
(Giovanni Aragona)

 


HURRAY FOR THE RIFF RAFF – THE PAST IS STILL ALIVE
(alt rock)

Fidatevi, questo è un gran disco. L’album è una cronaca astuta e nitida, ben disegnata con precisione e profondamente umana della vita quotidiana che fotografa le ampie pianure di Santa Fe al ventre cosparso di droghe del Lower East Side di New York. Questo è il nono album in studio di Segarra, e c’è la sensazione che, ormai, abbia imparato a tagliare completamente gli elementi superflui. The Past Is Still Alive è un album di perpetuo movimento in avanti. Non è rivoluzionario – il suono dell’album è più o meno la stessa tavolozza di un disco dei Waxahatchee o dei Big Thief – ma ciò che distingue le canzoni di Segarra è la vivacità del loro songwriting. Chapeau.
(Giovanni Aragona)

 


ALLIE X – GIRL WITH NO FACE 
(synthpop, dance pop)

Cari amici sedetevi comodi e indossate le cuffie buone, inizia una lezione di synth pop. O per meglio dire un ripassone. Negli anni ’80 il synth pop è stato in grado di approdare sulle piste da ballo dei locali post punk con la nascita di band come depeche mode, new order e tears fo fears e band dal forte accento industrial poi di arrivare alla massa ed influenzare molta musica pop di quegli anni: Madonna, Micheal Jackson e Cyndi Lauper tra i tanti. Poi con il passare degli anni ha saputo trasformarsi, e influenzare nuovi sottogeneri, spaziando talvolta tra inclinazioni industrial, talvolta tra inflessi da club. Fino ad arrivare a dar vita all’eurotrash e l’hyperpop.

Quest’ultimo, anche grazie alle tante artiste presenti al giorno d’oggi, sembra trovare sempre più spazio tra i giovani d’oggi, e di conseguenza nei più importanti festival al mondo. Tra queste paladine del pop elettronico trova spazio Allie X, al secolo Alexandra Ashley Hughes, che a distanza di 4 anni dal precedente disco, si presenta con il suo nuovo lavoro “Girl with no face”.

A discapito del titolo del disco, qui ci sono molte, tante facce di un’artista che giunta al terzo disco cala l’asso sfornando un disco capace di rileggere il synthpop anni 80 in chiave moderna, mettendo in mostra un talento impressionante. Qua e la vengono citati i primi Depeche mode (“black eye”, “Off with her tits”) e,Kraftwerk (“John and Jonathan”), ma anche colleghe del pop di oggi come Caroline Polacheck (“Galina”, “Saddest smile”), mentre quello che sorprende maggiormente sono i rimandi a certa dark music (“Weird World”),all’ industrial (“Staying power”) e a certa musica giapponese (l’indecifrabile “hardware Software”).

 

Il tutto è condito da una prova vocale della nostra di alto livello nella quale traspare un range vocale particolare e super cangiante, mentre i testi sono tutto tranne che banali, e spaziano da bozzetti di vita privata a temi tema di femminismo e riscatto sociale.    Brava Allie, vai e prenditi tutto quello che meriti, il futuro è tuo.
(Davide Belotti)


LAETITIA SADIER – ROOTING FOR LOVE 
(art pop, synth pop) 

Rooting for Love mette sul piatto tanti, tantissimi elementi di grande spessore: una splendida voce, dei concetti ben analizzati e dei suoni pieni di spunti condensati in picchi di virtuosismi. La storica componente degli Stereolab torna a sette anni da Find Me Finding You del 2017, con un nuovo lavoro solista intitolato  Rooting for Love, una delle parentesi più apertamente sperimentali che abbia fatto dalla pausa con la storica band.

 

Qualcosa eco del passato torna specie negli affondi funk, jazz e psych-rock di “Proteiformunite” e nella ariosa deriva di “New Moon”, ma anche nei momenti più intimi come “Une Autre Attente” e “The Dash”. L’album è una continuazione dinamica dell’eredità di musica pop di questa brillante artista capace di abbracciare questioni filosofiche e stati dell’essere, come su “The Inner Smile”, una meditazione guidata profondamente trippy che esorta gli ascoltatori a trovare connessione e gratitudine a livello cosmico. Se il il cinema poliziottesco dei maestri Umberto Lenzi e Fernando Di Leo fosse ancora in vita, questo disco ne potrebbe essere una perfetta colonna sonora.
(Giovanni Aragona)

 


MGMT – LOSS OF LIFE 
(psych pop, synthpop)

Ok, forse sono un po’ troppo di parte, ma penso sia uno dei dischi più noiosi degli ultimi. Pietra tombale degli mgmt? Non lo so, vedremo (ma dati i voti ricevuti nella maggior parte delle recensioni non credo). C’è da dire che già Dark Little Age non mi aveva fatto strappare i capelli con le sue produzioni massicce, al limite dell’esagerato.
Con Loss of Life la band newyorchese prova a tornare ad una forma canzone meno pop e immediata, in favore di un folk psych dai suoni più studiati e sebbene la produzione sia abbastanza decente, qui vengono a mancare le canzoni. Le tracce di questo nuovo lavoro del duo sono deboli, a tratti incomplete e spesso non riesce a capire dove vogliano andare a parare. Tra i tanti pezzi mi sento di salvare “Mother Nature” e “nothing to declare”, mentre il resto è semplicemente dimenticabile.
(Davide Belotti)

THE SNUTS – MILLENIALS 
(indie-rock, indie pop )

Il terzo album degli Snuts è una gioia electro-pop adolescenziale che ci ha fatto sorridere dall’inizio alla fine in questi 29 minuti. Dopo aver lasciato la Parlophone Records per fondare la Happy Artists Records, la propria etichetta, la band ha messo in piedi un disco totalmente in casa.  La produzione di Millennials è estremamente stringente ma sembra incredibilmente sciolta e rilassata. Prodotto da Cochrane e dall’ingegnere/produttore dal vivo della band Scott Anderson, mostra un gruppo pienamente a proprio agio nella loro zona di comfort a lavorare con qualcuno di fidato. Abbiamo ascoltato noi per voi, risparmiate tempo.
(Giovanni Aragona)

 


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