27/04/2024
uscite discografiche - www.infinite-jest.it
Settimana di uscite con gli album di Vera Sola, J Mascis, The Last Dinner Party e Kula Shaker

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THE LAST DINNER PARTY – PRELUDE TO ECSTASY 
(art-rock)

Confesso che, nonostante un hype come non si vedeva da anni, o forse proprio per via di esso, non avevo ascoltato nulla di questo quintetto londinese, scegliendo deliberatamente di approcciarmi a loro solo ad album pubblicato. Adesso, al termine del primo ascolto, affermo con convinzione che l’hype è assolutamente meritato e che erano davvero molti anni che non arrivava una band debuttante così capace di entusiasmare e convincere chiunque della propria qualità superiore. Perché, al di là della grande cura dei dettagli sonori, al di là delle impeccabili melodie, al di là di una parte vocale ammaliante, ciò che impressiona maggiormente delle Last Dinner Party è una sensazione difficile da spiegare a parole, secondo cui siamo di fronte a una di quelle espressioni di talento superiore che fanno subito capire che qui c’è qualcosa in più.

 

Come dicevo, è difficile argomentare cosa sia, ma c’è, è lì, palpabile fin da subito e persistente per tutta la durata del disco. Onestamente, di debutti che mi hanno lasciato la stessa sensazione ce ne sono pochissimi, mi vengono in mente quello degli Stone Roses, degli Suede e degli Arcade Fire, e non sto parlando di similitudini musicali, ma proprio di quanto si capisca subito e con nitidezza della statura elevatissima di quest’opera.

 

Per provare a far capire al lettore cosa aspettarsi, dirò che ci troviamo di fronte a un art-rock tra Bowie e Siouxsie, con melodie immediate ma brani che non sempre sono aderenti alla forma canzone tradizionale, un ampio ventaglio di arrangiamenti, tra essenzialità e grandeur, una voce versatile che interpreta sempre al meglio il contesto musicale di ogni episodio e una generale facilità di ascolto nonostante il carattere ambizioso del lavoro. Diamo, quindi, un caloroso benvenuto alle Last Dinner Party, speriamo che siano qui per restare e cerchiamo di andare anche a vederle dal vivo.
(Stefano Bartolotta)

 

 


KULA SHAKER – NATURAL MAGICK
(psych pop) 

Sembra strano dirlo, ma questo disco segna la prima occasione nella storia dei Kula Shaker in cui sono passati solo due anni tra un album e quello precedente. Per una band che, come detto, non ha mai avuto fretta nemmeno nel periodo di massima popolarità, questa voglia di pubblicare così a stretto giro non può che significare la massima convinzione di avere per le mani un valido insieme di canzoni. E l’ascolto conferma che così è. Di novità non ce ne sono, nel senso che Crispian Mills e soci sono sempre dediti a un sound che ha come componente principale la psichedelia freak nata alcuni decenni fa, e come componente secondaria, ma comunque essenziale per la cifra stilistica del progetto, le suggestioni del mondo musicale indiano.

 

Il bello di questo disco, e il motivo per cui vale la pena ascoltarlo, risiede in due importanti aspetti: il primo, che sembra banale ma non lo è, sta nella bellezza delle canzoni, davvero tutte riuscite senza alcun riempitivo o calo di qualità, e il secondo sta nella capacità da parte della band di non ripetersi, ma trovare, invece, sempre nuovi modi e nuove formule per declinare la propria proverbiale mescolanza di stili. In definitiva, meno male che i Kula Shaker non hanno aspettato tanto come fanno sempre ma hanno avuto subito voglia di tornare, questo ascolto è certamente appagante.
(Stefano Bartolotta)

 

 


J MASCIS – WHAT WE DO NOW
(alt rock, indie-rock)

In libera uscita dai Dinosaur Jr, per altro attivissimi sul fronte live (Passeranno anche in Italia a Camaiore), l’inconfondibile leader carismatico torna con un nuovo disco solista, già il settimo in cassaforte, da sommare ai tantissimi con la sua band preferita. Classe 65’, un’autentica icona dell’indie rock americano, che non scopriamo certo oggi, anzi, una sorta di istituzione che dalla metà degli anni ottanta in poi, ha fatto davvero la differenza, intrufolandosi nella stagione apocalittica del grunge, per poi continuare sulla falsa riga. Questo nuovo lavoro in studio, intitolato “What We Do Now” non aggiunge, chiaramente, nulla in termini di sorpresa, parliamo sempre di un certo songwriting sbilenco, che, in solitaria, sceglie una via più acustica e folk e meno rumorosa. Le melodie agrodolci e l’indolente timbro di Mascis, quanto inconfondibile e marchio di fabbrica, sono la ricetta anche per queste nuove canzoni.

 

Anticipato dai singoli “Can’t Believe We’re Here” e “Set Me Down”, per altro accompagnati da altrettanti simpatici clip, o la più recente agrodolce “Right Behind You”, farcita di malinconia solare, o la più diretta “Old Friends” o l’introversa e più confidenziale “What do we do know” con il tipico solo di chitarra, tutte canzoni che ci consegnano, dopo oltre tre decadi, un artista ancora vero e sincero, dettaglio mai da tralasciare, assolutamente intoccabile, a cui portare un rispetto infinito, una musica che fa sempre e solo bene, al di là dei gusti, all’insegna della continuità. E’ la stessa ricetta, ma a volte, capita di tirare un sospiro di sollievo, affinché sia così.

(Fabio Campetti)

 

 


VERA SOLA – PEACEMAKER 
(indie folk, songwriting)

‘C’è molta morte in questo disco. Sono rappresentate molte persone morte. Ed anche posti morti’. È con queste parole che Vera Sola racconta l’animo di Peacemaker, il suo secondo lavoro in studio, dopo il debutto avvenuto nel 2018, Shades. In effetti ascoltando questo disco si ha la sensazione di trovarsi in un ambiente totalmente brullo, con spiriti e scheletri ballerini che ci spiano da dietro le finestre di case abbandonate, Is That You?.

 

La genesi dell’album è stata lunga, iniziato nel 2019, la lavorazione si è protratta per quattro anni, periodo in cui Sola ha scritto e composto i brani a Nashville, dapprima in solitudine e in un secondo momento coadiuvata dal produttore Kenneth Pattengale che ha contribuito a radunare i musicisti che, grazie all’apporto orchestrale, hanno saputo rendere grandioso e cinematico questo lavoro. La prima cosa che colpisce ascoltando Peacemaker è l’influenza di Tom Waits, sempre presente e ben celebrata nelle sonorità intense, cupe ma in qualche modo giocose, Hands.

 

Il senso di morte, viaggia nostalgico su chitarre dalla eco country, Waiting, e percussioni dense, I’m Lying. La voce di Vera Sola è un punto focale del lavoro: la musicista è diventata più consapevole delle sue capacità vocali e di come usarle, Blood Bond, sposando perfettamente l’emotività del disco, un perfetto mix di gioia e terrore. Ad un primo ascolto possiamo affermare che Peacemaker è un ottimo ritorno in scena.
(Chiara Luzi)

 

 


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