Le migliori uscite discografiche della settimana| 3 marzo 2023

In questo numero di uscite discografiche della settimana abbiamo ascoltato gli album di Xiu Xiu, slowthai,  Ron Gallo,  The Veils, Jawny e Kali Uchis.

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi, Cristina Previte e Flaminia Zacchilli

16:55:24  – 03/03/2023



SLOWTHAi – UGLY
(rap, alternative hip hop)

Non è possibile incasellare nella sola sezione rap il terzo lavoro in studio di Slowthai. Ugly, acronimo di U Gotta Love Yourself, è in effetti l’espressione più pura dell’ingegno del rapper inglese che ci regala un album contaminato e potente. Chitarre punk distorte si uniscono a synth ed energici ritmi tecno-house per creare una struttura sonora forte e disturbante. Nell’omonima UGLY troviamo i Fontaines Dc a dare corpo ad un pezzo crossover struggente, molto più vicino al punk che al rap.

Sin dal primo brano, Yum, si percepisce una carica emotiva angosciante che monta fino ad esplodere in urla liberatorie ricorrenti in tutto il disco. Slowthay porta avanti una riflessione, e forse anche una terapia, personale in cui finalmente riesce a liberare una forza rimasta bloccata per molto tempo. Ugly è un lavoro viscerale, ruvidissimo che anche nei momenti più quieti, Never Again, restituisce un forte senso di malinconia.  Questo album colpisce dritto allo stomaco sin dal primo ascolto, capace di coinvolgere emotivamente sin dalla prima nota può essere considerato il migliore lavoro di Slowthay fino ad ora.
(C.L)


KALI UCHIS – RED MOON IN VENUS
(R&B)

Da un album intitolato Luna Rossa Su Venere non c’è che da aspettarsi passione bollente. E Kali Uchis, decollata in serie A con Sin Miedo (Del Amor Y Otros Demonio) sfodera appieno il suo divino femminile con il suo terzo album, Red Moon In Venus. Più delicato e meno pop del predecessore, è innanzitutto un throwback R&B ai primi anni duemila – Janet Jackson, Ashanti e Mariah Carey sono solo alcuni dei nomi che riporta alla mente.

La voce roca e soave della cantante, il passaggio immediato dall’inglese allo spagnolo e viceversa e i sentimenti di passione in prima linea, forti, sregolati e splendidamente liberi sono gli ingredienti che compongono il telaio strutturale di Red Moon. Forse meno dirompente, particolare e geniale di Sin Miedo, ma un’espressione di carattere e perizia musicale che non va ignorata. Non solo dai nostalgici.
(F.Z)


JAWNY – IT’S NEVER FAIR, ALVWAYS TRUE
(Pop)

Puoi capire dall’apertura vivace e senza titolo di It’s Never Fair, Always True che Jawny si attiene a un mantra audace mentre la traccia ti catapulta nel suo mondo felice. I tasti vivaci offrono indizi della tavolozza vibrante all’orizzonte mentre la traccia cresce in un vortice di romanticismo: “Never fair it’s always true / I know that I’m in love with you / It’s always”, canta sopra una produzione scintillante.  

È subito chiaro che questo album riguarda l’espansione del colorato universo che Jawny ha costruito con una serie di primi singoli. La maggior parte di quei grandi successi fa la sua apparizione qui: l’incisiva Strawberry Chainsaw si inserisce come un inno ai The Strokes mentre invia versi innamorati. La ballata estiva Adios si presenta come un altro straordinario brano, con linee di chitarra luccicanti apparentemente costruite per passeggiare per le strade assolate di Hollywood. 

La personalità esagerata di Jawny rimane in piena fioritura in tutto il disco. C’è uno spirito spensierato dietro il coraggioso sogno ad occhi aperti di La La La, che si alimenta di una gioia vertiginosa di un nuovo amore. 

“I’m old enough to feel old, but young enough to die alone…” Queste prime righe di Everything servono come dichiarazione d’intenti di un cantante più sofisticato e maturo. Eppure c’è spazio anche per la tenerezza. La melodia per pianoforte in stile McCartney Fall In Love mostra che c’è di più in Jawny oltre al pop alternativo orecchiabile mentre aggiunge profondità al suo suono con una sezione di archi trionfante.
(C.P)


RON GALLO – FOREGROUND MUSIC 
(modern rock’ n roll)

Sono passati orami sei anni dal debutto solita di Ron Gallo, quell’”Heavy Meta” che aveva subito riscosso un certo successo negli Stati Uniti e che, invece, ci aveva messo quasi un anno a essere notato qui in Europa. Nei due dischi successivi, il rocker di stanza a Nashville aveva ampliato molto il proprio ventaglio stilistico e sonoro, mentre, invece, in questo quarto album c’è un ritorno a sonorità più vicine all’esordio. Attenzione, però, perché non si tratta di un passo indietro, ma, al contrario, della concretizzazione di una modalità di fare rock n roll piena di attualità, maturità e personalità.

Gallo mette sul piatto una perizia sonora, compositiva e interpretativa fuori dal comune, chiaro frutto di quanto fatto nei dischi precedenti che, una volta ascoltato questo, suonano quasi come un lungo lavoro preparatorio a questo punto d’arrivo, che risulta impeccabile sotto qualunque punto di vista lo si voglia osservare.

In questi 34 minuti c’è un flusso praticamente infinito di idee, concretizzate con abilità in arrangiamenti dalla forte impronta elettrica ma non certo monocordi, anzi, al contrario, strapieni di dettagli, armonie e ricami di ogni tipo. Inoltre, il livello è altissimo anche per quanto riguarda la sensibilità interpretativa, con il protagonista che si sfoga, oppure riflette, o ancora cerca di consolare qualcuno, e ogni volta lo fa con una genuinità che più coinvolgente di così non potrebbe essere. Questo è un disco a tutto tondo che dimostra chiaramente come il rock n roll sia ancora la musica più figa del mondo, perché c’è ancora la possibilità di interpretarla in modo che essa si adatti all’epoca in cui si vive e trascini l’ascoltatore in un viaggio esaltante.
(S.B)


THE VEILS – … AND OUT OF THE VOID CAME LOVE
(art-rock, songwriting)

Ben sette anni dopo “Total Depravity”, che accentuava la spigolosità del proprio suono con una produzione infarcita di elementi elettronici, i Veils tornano con una versione di sé che, al contrario, risulta più morbida e rotonda che mai. È importante chiarire subito che questi aggettivi non vanno presi in senso assoluto, ma vanno, invece, paragonati all’asprezza che la band ha sempre messo in mostra fin dal secondo disco, l’immortale capolavoro “Nux Vomica”. Rispetto a esso, e anche a tutti i dischi successivi, c’è una facilità d’ascolto che, probabilmente, è possibile ritrovare solo nel debutto “The Runaway Found”.

Queste canzoni, quindi, mettono in mostra il consueto gioco di intrecci strumentali tipico dei Veils, in una veste più attenta alla pulizia e all’ariosità. Le canzoni scorrono via ottimamente, grazie al gusto melodico, alla qualità degli arrangiamenti e all’abilità vocale di un Finn Andrews sempre a proprio agio con i diversi registri che questo disco richiede. Questo ritorno, in definitiva, è davvero pregevole, e, ricordando che qui si scrive sempre dopo il primo ascolto, la sensazione è che i passaggi successivi possano far crescere ulteriormente il lavoro.
(S.B)


XIU XIU – IGNORE GRIEF 
(Art Pop, Experimental Rock, Experimental, Avant-Folk)

Gli Xiu Xiu disegnano rumore attraverso campioni, droni e vari elementi percussivi da sempre combinati con il canto inquietante di Jamie. OH NO ha dato l’impressione che abbiamo raggiunto un’oasi nel deserto dopo. Recentemente, sia Stewart che Angela Seo hanno giocato di più con sintetizzatori e pianoforte, cercando qualcosa tra un suono toccante e terribile per sviluppare un’atmosfera veramente oscura per l’ultimo disco, Ignore Grief. I due sono aiutati questa volta da David Kendrick (ex-Devo, Sparks e Gleaming Spires). In poche parole, questa potrebbe facilmente essere una colonna sonora di un film horror o di un film thriller. L’ennesimo buon viaggio metafisico di una delle band più visionarie della scena odierna.
(G.A)


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