In questo numero delle uscite discografiche della settimana abbiamo selezionato sette album che potrebbero fare al caso vostro. Iniziamo con il ritorno sulle scene di Gary Numan e il suo buonissimo Intruder. A seguire segnaliamo il quarto album in carriera di Cosmo, l’indie-pop di Gruff Rhys, l’EP dei Counting Crows, e l’intrigante mix di post-hardcore/shoegaze/noise- rock firmato Facs. In chiusura prestate attenzione al lo-fi dei Packs e all’ultimo EP dei Mannequin Pussy (firmato Epitaph Records).
a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta e Paolo Latini
16:30:29 – 21/05/2021
COSMO – LA TERZA ESTATE DELL’AMORE
(electro-pop)
Da quando si è tolto quell’appiccicosa e fastidiosa etichetta da “indie italiano” Cosmo è definitamente diventato uno degli elementi di punta della musica italiana. A distanza di tre anni da Cosmotronic l’artista confeziona dodici brani in 1 piacevolissima ora di musica da ballare e gustare alla fine di questo distopico periodo. Pop elettronico, clubbing, world music ed elementi assai zuccherosi, fanno da contorno ad un lavoro accattivante e mai banale.
La varietà degli spunti è sterminata: dai vertiginosi tribalismi elettronici (Antipop, al minimalismo esotico (Mango), ai languidi inni mantra da ballare sulle rive di un mare piatto (Puccy Bom), si compenetrano nel raggio cosmico di La terza estate dell’amore, uno dei migliori album italiani di questa stagione. Non lasciatevi ammaliare dal titolo e dai testi surreali, questo è il disco più politico della carriera dell’artista nato a Ivrea nel 1982. Unica nota stonata: da queste parti l’auto-tune ci disturba, ma tutto il resto è veramente una meraviglia.
(G.A)
GARY NUMAN – INTRUDER
(synth-pop, art rock)
Gary Numan ha sette vite come i gatti. L’artista è rinato sul finire dei ’90, segno della sua influenza tra i circoli industriali, ha continuato a gettare oscurità sperimentale sui suoi lavori ed oggi le nubi nichiliste assumono una tonalità più palese e più oscura di una carriera intera. Gary Numan analizza i tempi e una società smembrata e priva di principi e valori raccontando le nefandezze degli esseri umani ad iniziare dal deturpamento ambientale.
Come lo fa? semplice, indossando gli abiti meccanici di artista visionario ed osservatore delle relazioni umane in cui l’artista immagina che la Terra salvaguardi la sua sopravvivenza attraverso l’eliminazione del suo distruttore umano. Un diciottesimo album che ci ha piacevolmente colpiti. Consiglio (non richiesto) destinato ad aspiranti cantanti (o a cantanti stonati): ascoltate Gary Numan potreste quantomeno imparare le basi.
(G.A)
GRUFF RHYS – SEEKING NEW GODS
(indie-pop)
L’ultimo album dei Super Furry Animals è ormai del 2009, ma è difficile definire Gruff Rhys come il loro ex leader, dato che la band non si è mai formalmente sciolta e ha anche suonato live in anni più recenti. In attesa di capire cosa eventualmente ci riserveranno gli animali super pelosi, Rhys continua con la realizzazione di dischi ispirati a concept ben precisi.
In questo caso l’ispirazione è il Monte Paektu (un vulcano attivo nell’est Asia), e partendo da lì, l’autore ha messo in piedi una serie di riflessioni sulla durata delle montagne e su come esse possano trasformarsi in figure mitologiche.
Musicalmente, questo è uno dei lavori più accessibili e di facile ascolto di Rhys, che ogni tanto si perde nell’eccessiva attenzione data alla parte concettuale e realizza lavori un po’ ermetici, mentre qui, per fortuna, è tutto molto immediato e capace di mettere subito dell’umore giusto chi ascolta. Lo stile del musicista gallese è sempre stato ben riconoscibile, e questo lavoro non fa eccezione, e per i suoi fan sarà senz’altro bello ritrovare, dopo diverso tempo, delle sue canzoni che si possono facilmente cantare e assimilare.
(S.B)
COUNTING CROWS – BUTTER MIRACLE,SUITE ONE – EP
(americana)
Dopo sette anni di attesa, la notissima band guidata dal tocco inconfondibile di Adam Duritz, sia in fase di scrittura che dal punto di vista vocale, torna con questo EP di quattro canzoni, che dal titolo lascia presagire il fatto che posano uscirne altri. Certamente non ci si può aspettare qualcosa di troppo diverso da quanto già fatto in tanti anni, però è il caso di salutare con favore un ritorno che mette in campo una buona ispirazione melodica e un modo di suonare e cantare molto genuino e perfettamente in equilibrio tra maturità e urgenza espressiva.
Dopo esserci dovuti sorbire, negli ultimi tempi, diversi ritorni non all’altezza di vecchie glorie ormai bolse, è bello poter, invece, constatare che i Counting Crows hanno ancora molto da dire, e se fossimo in un’epoca diversa, queste nuove canzoni avrebbero tutto per godere di un airplay non troppo distante da quello che consacrò le varie “Mr. Jones” e “A Long December”.
(S.B)
PACKS – TAKE THE CAKE
(lo-fi)
Album di debutto per questo progetto di Toronto capitanato da Madeline Link. Le atmosfere ipnotiche e stranianti risultano allo stesso tempo intriganti e coinvolgenti grazie alle suggestioni fornite dalla voluta incompletezza melodica e dalle armonie tra chitarra elettrica, voce e tastiera, con i riverberi che hanno un ruolo fondamentale in tutto ciò. Aggiungiamoci il fatto che i testi raccontano di situazioni personali ma nelle quali è facile ritrovarsi, ed ecco un disco in cui immergersi soprattutto in questo strano periodo dell’anno, dove teoricamente non abbiamo mai avuto così tante libertà da diversi mesi a questa parte, ma il maledetto tempo atmosferico ci costringe in casa più di quanto vorremmo.
(S.B)
FACS – PRESENT TENSE
(post-hardcore/shoegaze/noise- rock)
Quarto disco in quattro anni, registrato agli Electrical Audio Studio di Steve Albini e mixato da John Cogleton, già al lavoro con Tortoise e altre band dell’area di Chicago. Present Tense è il disco forse più rappresentativo dei FACS e il loro disco più accessibile e (paradossalmente) più oscuro.
Qui si sentono tutte le loro influenze, da quelle dichiarate (il catalogo Factory, i Fugazi, Drive Like Jehu), a quelle implicite (Joy Division, This Heat, Can), e qui convergono le esperienze passate: i Disappears (nucleo da cui nascono i FACS), i 90 Day Men (primo gruppo di Brian Case) e i We Ragazzi (band dove Alianna Kalaba ha suonato la batteria prima di diventare la bassista dei FACS). L’attitudine è quella del post-rock originario, cioè quella di usare strumenti e materiali rock per fare musica il più lontana possibile dalle formule stereotipate del rock: brani dilatati (“Mirrored”), avvolgenti (“Xout”), cupi e umbratili (“How to See in the Dark”), fino quasi a creare delle partiture ambient con sonorità elettriche e sporche (“Alone Without”).
Il basso di Alianna Kalaba è maestoso, parco e preciso, sempre pronto a sottolineare i contrappunti chitarristici di Brian Case. La batteria di Noah Leger è sempre precisa e incalzante, e Noha Leger è sicuramente il batterista che più di chiunque altro sembra caricarsi sulle spalle l’eredità di Jaki Liebezeit e di Klaus Dinger. Present Tense è un disco nato quasi per caso, e se il precedente Void Moments, realizzato poco prima della pandemia e uscito in pieno lockdown, presagiva i tempi cupi che sarebbero venuti, Present Tense è un urlo di liberazione e di rinascita per esorcizzare la più crudele delle stagioni.
(P.L)
MANNEQUIN PUSSY – PERFECT – EP
(punk rock, alt rock)
I Mannequin Pussy tornano con questo nuovo elettrizzante e vibrante EP che ci ha lasciato incollati al divano dall’inizio alla fine. Il punk grintoso e bollente degli anni ’90 è tornato in cinque tracce che, come una sorta di wormhole temporale piacerà indistintamente ai nostalgici oggi 50 enni e ai 20 enni (se pur sempre pochi) affini a queste sonorità. Un lavoro energetico che arriva a ebollizione e poi si spegne in ogni canzone. Essendo una band di abilissimi musicisti, la loro flessibilità viene gestita attraverso il volume strumentale, il controllo vocale e una coerentissima strumentazione. Ascoltare la granitica Perfect, chiudete gli occhi e magicamente verrete trasportati agli anni ’90 di Huggy Bear, L7 e Babes in Toyland.
(G.A)
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