02/05/2024
Piacevoli accenni d'estate nelle temperature ma anche bollenti album in questo numero di uscite discografiche della settimana. Abbiamo ascoltato gli album di Queens of the stone Age, Sigur Ros, Django Django, Ben Howard e Caterina Barbieri. 

Piacevoli accenni d’estate nelle temperature ma anche bollenti album in questo numero di uscite discografiche della settimana. Abbiamo ascoltato gli album di Queens of the stone Age, Sigur Ros, Django Django, Ben Howard, Caterina Barbieri e Motorpsycho. 

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi e Cristina Previte

12:50:02  – 16/06/2023



QUEENS OF THE STONE AGE – IN TIMES NEW ROMAN…
(alternative rock, stoner rock)

In Times New Roman… fa molto affidamento sul passato, ma con l’età e l’esperienza della band, risulta un album coinvolgente. L’album risultante, è il lavoro più pesante e rabbioso del gruppo. Homme cerca di riportare la band a una primitività blues: puoi quasi sentire l’odore degli amplificatori che si surriscaldano in “Time & Place Ma spesso i risultati sono contrastanti.

Le migliori canzoni di In Times New Roman… si nascondono a metà album. Le cose si ravvivano con la traccia sei, “Carnavoyeur“, un lamento atmosferico con un bagliore sfuggente e pieno di sentimento. È la prima canzone qui che porta un sentimento distaccato, quasi zen, alla tragedia personale. Homme evoca una sorta di liberazione dal tormento. La canzone sanguina in una foschia di archi. È una melodia seducente, che evoca una sete di degrado romantico.

Se lo si guarda cinicamente si potrebbe dire In Times New Roman… gioca in modo molto sicuro; un giro solido con molti eccellenti momenti QOTSA, ma se si cerca qualcosa con un po’ più di mordente e ambizione, si potrebbe essere un po’ delusi da ciò che viene offerto. Nonostante ciò, questo è senza dubbio uno degli album rock più forti del 2023 finora, per i fan della band a cui piace il genere, in generale, soddisferà sicuramente la sete della maggior parte delle persone.
(Cristina Previte)


DJANGO DJANGO – OFF THE PLANET 
(alt-pop)

Cosa può fare una band, al giorno d’oggi, quando si ritrova con un disco di 21 canzoni per 80 minuti di musica? I Django Django hanno pensato di dividerlo in 4 parti e farne uscire una al mese tra febbraio e oggi. La band considera, comunque, questo come un album, e non una serie di EP, quindi noi lo approcciamo ora nella sua interezza. Il primo ascolto non può che essere parziale, ma è il metro di giudizio di questa rubrica, e quindi non ci sottraiamo.

La sensazione che rimane al primo passaggio è che la band abbia voluto esplorare il più possibile tutto il territorio compreso nei propri, già ampi, confini stilistici. Da sempre, i Django Django sono stati ritenuti tra i progetti più contaminati e ricchi di varietà stilistica in ambito alt-pop, ma qui davvero non si sono voluti far mancare niente, e spaziano molto più che in precedenza.

L’alto numero di canzoni e di collaborazioni è già un indizio, e l’ascolto restituisce una varietà amplissima. Ci sono soluzioni melodiche, ritmiche e vocali di ogni tipo, e se alcuni brani riprendono quanto fatto in passato, altri si spingono più in là, tra episodi strumentali, forti impronte hip-hop, estremizzazioni ambient e chill out e atmosfere, invece, da party sfrenato.

La qualità appare sempre buona e non si notano riempitivi, chiaramente la band era ispirata e ha voluto sfruttare il momento per realizzare quanta più musica possibile senza porsi limiti. Certo, non ci sono picchi stratosferici, e il livello si mantiene buono senza mai arrivare all’ottimo. Possiamo dire che, per via sia della varietà, che del livello, che della presenza di diverse altre voci, più che un album sembra di ascoltare una playlist per amanti dell’alt-pop dotati di apertura mentale. È certamente una buon playlist comunque, e va bene così.
(Stefano Bartolotta)


BEN HOWARD – IS IT?
(electro-pop, indie-pop)

Lo scorso anno Ben Howard ha avuto due ischemie a distanza di pochi mesi l’una dall’altra, perdendo, come conseguenza della prima, la capacità di parlare per diverse ore. Dopo aver recuperato le forze, Howard ha preso tutte le sensazioni provate in quel frangente, il dolore, il panico, l’ipersensibilità repentina degli altri sensi, e le ha cucite insieme nel suo nuovo lavoro Is It?. Il quinto disco in carriera del musicista inglese è, paradossalmente vista la tragicità dell’antefatto, una gioiosa celebrazione della vita. Il riferimento all’accaduto è ben raccontato nella radiosa Opener Couldn’t Make It Up in cui c’è un continuo rimando al primo malore avvenuto in giardino “Sittin’ in the garden, listen to radio”.

Musicalmente l’album continua a percorrere il cambiamento stilistico che aveva portato Howard ad abbracciare influenze elettroniche in Collections from the Whiteout. In questo nuovo album synth e sonorità elettroniche drappeggiano melodie solari che poco hanno a che fare con l’artista folk del primo periodo. Is It? conserva quel senso di comunione con la natura che invece è da sempre presente nel lavoro del musicista inglese, ma in questo caso diventa la principale via verso la guarigione.

La struttura sonora colpisce per la freschezza e l’immediatezza, i brani scorrono senza intoppi e troppe variazioni di registro, tessendo una trama ben lavorata e solida, Spirit. È un disco di rinascita, di trasformazione e sperimentazione sonora, Interim Of Senses, in cui la celebrazione delle piccole cose della vita diventa il perno di tutto. Il neo di Is It? è forse la troppa staticità che allinea i dieci brani su un unico binario dritto ma è senza dubbio un album rigenerante da ascoltare.
(Chiara Luzi)


SIGUR RÓS – BLÓðBERG
(Post-Rock, Ambient, Dream Pop, Ambient Pop)

I Sigur Rós, con questo ottavo album in studio, realizzano l’opera più sinfonica di una carriera. Registrato tra il loro home studio in Islanda, più studi negli Stati Uniti e Abbey Road Studios a Londra, dove hanno registrato con la London Contemporary Orchestra sotto la direzione di Robert Ames, la band realizza una concettuale colma di intricati arrangiamenti. 

Per chiunque non abbia mai ascoltato i Sigur Rós, questa opera è una rivelazione. Per il resto, questa è un’occasione per perdersi negli inferi di uno dei dischi più emotivi di questi tempi moderni.
(Giovanni 
Aragona)


CATERINA BARBIERI – MYUTHAFOO 
(Progressive Electronic, Ambient, Post-Minimalism)

Caterina Barbieri è l’orgoglio nazionale di questa generazione di appassionati di musica elettronica. Nelle sue trame sonore c’è una morbidezza commovente capace di creare immagini astratte e impressioniste di rara finezza.  Il suo approccio è più metafisico che tecnico, e spesso, la stessa artista ha dichiarato di suonare vivendo in simbiosi del tempo. 

Myuthafoo, arriva un mese prima della ristampa del suo album più acclamato, Ecstatic Computations del 2019, inclusa una nuova bonus track. Myuthafoo è stato composto contemporaneamente aEcstatic Computations, ed è nato in gran parte come percorso sperimentale nato dal vivo e creato con il sequencer modulare Orthogonal ER-101, collegato a vari sintetizzatori. Il disco è una sorsa di interazione nata con il pubblico dei live, dove il silenzio affascinato è la migliore misura del successo. Nonostante la sua brevità (peccato) questo è un disco interessantissimo.
(Giovanni Aragona)


MOTORPSYCHO – YAY!
(alternative rock, psych folk, psych rock)

Ennesimo album degli iconici norvegesi Motorpsycho. Più che un disco un una collezione di brani folk acidissimi ispirati ai ’60. Tantissimo acustico, tanta passione e un colmo di intimità da far accapponare la pelle ai fan della primissima ora. Noi dei migliori “dischi per chitarra” degli ultimi tempi dove il tutto è spiccatamente intimo e mai scontato.
(Giovanni Aragona)


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