27/04/2024
Kelly Lee Owens, musicista, produttrice e cantante gallese, un solo album in studio all’attivo fino allo scorso agosto, torna in pista con l'ottimo Inner Song.

Kelly Lee Owens, musicista, produttrice e cantante gallese, un solo album in studio all’attivo fino allo scorso agosto, torna in pista con l’ottimo Inner Song.

09:25:02  – 22/09/2020


 

 

Etichetta: Smalltown Supersound
Genere:
synth-pop/dream pop/techno/ambient

Release: 28 agosto 2020

Appropriazioni

Fare propri gli stilemi altrui rielaborandoli con cognizione è una scelta che può operare soltanto chi ha raggiunto una consapevolezza artistica e spirituale di una certa caratura. E Kelly Lee Owens, musicista, produttrice e cantante gallese, un solo album in studio all’attivo fino allo scorso agosto, ha coraggio e consapevolezza da vendere. Decide di scommettere tutto (o moltissimo, ad ogni modo) su una cover di uno dei capolavori dei Radiohead di In Rainbows, Weird Fishes/ Arpeggi.

E la colloca come traccia di apertura del suo ultimo album, Inner Song. È uno degli esperimenti forse più subliminali eppure provocatori di quest’anno, che rovescia i riferimenti cronologici trasponendo il basso pulsante e l’arpeggio pulito dell’originale in beat penetranti e glaciali che si sarebbero adattati benissimo nella tracklist di in un Kid A o un Amnesiac 2.0. Arpeggi ci fa venire nostalgia dei colpi di basso nel costato, e intanto ci conforta con la sua delicatezza malinconica che si risolve nell’etereo dream pop di On. Il disco è prodotto da Smalltown Supersound.

Kelly Lee Owens e la sua musica di guarigione

Prima di dedicarsi anima e corpo alla musica, Kelly Lee Owens ha lavorato come infermiera di reparto in un ospedale per malati di cancro a Manchester. In seguito, sono stati i suoi stessi pazienti a spingerla a inseguire il suo sogno per intraprendere la carriera solista, ma questa esperienza ha lasciato in lei un solco indelebile sotto un profilo emotivo oltre che professionale.

Nella sua produzione, musica e healthcare (intesa nel senso letterale del termine, il prendersi cura della salute di qualcun altro e/o della propria) sono due aspetti profondamente intrecciati. Entrambe soddisfano la necessità umana di coltivare con devozione il proprio spazio interiore: la musica diventa strumento di guarigione che aiuta a rimettersi in contatto con se stessi, e assume i caratteri di una qualche forma di meditazione.

L’artista ha dichiarato di essersi imbattuta nei risultati di alcune ricerche che teorizzavano la distruzione delle cellule cancerogene ad opera delle frequenze di risonanza: c’è uno studio approfondito nelle sonorità di questo disco, che evidentemente vanno oltre la sperimentazione prettamente musicale. Arrivano a un livello più profondo, fino a toccare la struttura biologica di chi ascolta. Ce ne accorgiamo specialmente in alcune prove come On, un esperimento di pop elettronico permeato di echi uggiosi, che ci costringe a sentire solo il nostro respiro ovattato, la nostra personale Inner Song. Il testo parla di resistenze emotive e si appella all’imperativo categorico della vita e dell’azione che si fanno strada a ogni costo, nonostante tutto (“This is how we must go/ And now I am movin’ on”). Anche in questo il sound healing ha un ruolo rilevante: frequenze e vibrazioni aiutano a sbloccarsi su piano emozionale e fisico, sgretolando quelle resistenze di cui canta la stessa Owens.

Scosse telluriche e cori celestiali

In Inner Song, Kelly Lee Owens accosta i glaciali loop techno di Melt! all’eredità ethereal wave di L.I.N.E., due correnti che sembrano in continuità temporale quando mescolate dal suo estro creativo. E dove L.I.N.E risulta forse uno dei brani meno riusciti nel trattamento quasi antologico e didascalico della materia da cui attinge, Melt! invece ha il potere di scaraventarci nella sala spaziosa e oscura di un dimesso club metropolitano e poi immediatamente dopo fra le cime di un ghiacciaio circondato da foschia e nevischio.

Una menzione speciale spetta sicuramente alla collaborazione con John Cale in Corner Of My Sky, il cui frutto è un esperimento audace e significativo. Sfruttando i moduli della ripetizione e del minimalismo psichedelico radicale per combinarli a frequenze basse e ronzanti i due artisti producono un canto ancestrale: forse di invocazione demoniaca? Forse inno di ringraziamento al cielo (Thank god the rain)? Un mantra che si corrompe in giochi lynchiani per assorbirsi nel tiepido abbraccio materno della notte di Night.

Tempo di risvegli

La traccia conclusiva di Inner Song porta al suo compimento il percorso di debellamento, riposo e ricostruzione che contraddistingue ogni processo di guarigione. Con Wake Up siamo invitati a svegliarci dal sonno/sogno coscienziale profondo in cui questo percorso sonoro di cura ci ha proiettati. Siamo forti di una consapevolezza interiore nuova e di una migliore chiarezza di pensiero e di azione, come al termine di una pratica meditativa o di un sonno ristoratore. Stiracchiamo le membra. Fuori ci attende il tepore di un nuovo giorno.

Gaia Carnevale 

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