27/04/2024
Lo scorso 26 gennaio è uscito lo splendido terzo disco di Any Other. Abbiamo parlato con l'artista e ci ha raccontato la genesi del lavoro

 

 

 

Lo scorso 26 gennaio è uscito lo splendido terzo disco di Any Other, dal titolo “stillness, stop: you have a right to remember” (ne abbiamo parlato qui) che segna il ritorno dell’artista veronese a sei anni dal precedente lavoro sulla lunga distanza. Visto quanto era atteso questo album, in contemporanea a esso sono uscite diverse interviste su testate importanti, ma noi siamo stati comunque felicissimi di poter parlare con Adele al telefono un paio di settimane dopo.

 

Abbiamo ritenuto che fosse più interessante per tutti cercare di toccare argomenti che non erano già stati trattati nelle interviste precedenti, per cui le domande che abbiamo rivolto non sono state molte, ma così l’artista non si è trovata a dover ripetere sempre le stesse cose e il lettore non si imbatterà in dichiarazioni che ha già letto.

 

Qual è l’arco di tempo in cui sono state scritte queste canzoni?

Un paio di canzoni, ovvero “Zoey’s Seeds” e “Need Of Affirmation”, sono nate già nel 2016, però solamente come spunto iniziale, poi nel tempo sono cambiate tantissimo e le ho finite molto più recentemente. L’ultima che ho scritto, invece, è “Awful Thread”, che è nata quando già ero in studio. Nel mezzo non ho mai smesso di scrivere, quindi l’arco di scrittura delle canzoni è molto ampio.

 

Non hai mai fatto mistero del fatto che i testi delle tue canzoni parlano di te, quindi ti chiedo se le canzoni nate diversi anni fa parlano di una persona che, nel frattempo, è cambiata.

Anche le canzoni che ho citato rappresentano la me di ora, pur essendo nate otto anni fa, proprio perché, come dicevo, nel tempo si sono evolute e la loro forma definitiva è coerente con ciò che sono ora. Non avrebbe avuto senso usare pezzi troppo radicati nel passato.

 

Quindi, ci sono dei pezzi che sono stati lasciati da parte, proprio perché non rappresentano più la persona che sei ora?

Ci sono dei pezzi che effettivamente sono stati scritti ma mai registrati e che ora non avrebbe senso usare proprio per quanto dicevo. Ogni tanto io e Juju (Marco Giudici) li riascoltiamo ancora e per qualcuno ci dispiace non averli potuti usare, ma ormai è andata così ed è giusto così.

 

La mia sensazione, ascoltando questo disco, è che tu abbia voluto cercare nuove strade dal punto di vista musicale, ma tenendo ben presente il tuo modo di cantare. Di conseguenza, la parte musicale non è necessariamente un accompagnamento del cantato, ma tra i due aspetti è stato cercato e trovato un punto d’incontro per farli stare bene assieme.

Il punto è che quando ho iniziato, e fino a dieci anni fa, effettivamente mi vedevo più come una cantante, invece adesso mi vedo più come una musicista, quindi, se prima come mezzo espressivo utilizzavo principalmente la mia voce, adesso è come se avessi altre voci con cui voglio esprimermi, quindi penso che sia normale che ci sia un incontro tra questi mezzi espressivi che sento di avere ora e che ci sia un suono più stratificato.

 

 

C’è anche una maggior varietà negli arrangiamenti.

Penso che questo sia dovuto al fatto di aver voluto coinvolgere Juju in modo più attivo rispetto al passato, e si riflette nella maggior presenza di elettronica. In precedenza, credo di aver suonato un synth in totale, invece qui di elettronica ce n’è parecchia, anche se non è mai “in faccia”, perché l’impalcatura delle canzoni si basa sempre su suoni di chitarra e di piano, però l’elettronica ora c’è eccome.

 

Si è parlato moltissimo dei tuoi testi, quindi cerco di darti un punto di partenza diverso. Alcuni anni fa sono stato a un piccolo festival in Norvegia, nel quale la band più importante erano i Burning Hell. Mattias, il loro leader, appena ha saputo che sono italiano ha iniziato subito a parlarmi benissimo di te, dicendomi che ti aveva scoperto quando avete suonato assieme a Berlino e che lui adora in particolare l’uso che fai delle parole e dei loro significati nei tuoi testi.  Mi ha detto che, probabilmente, non ci faccio caso perché l’inglese non è la mia lingua madre, ma che lui è rimasto, invece, particolarmente colpito da questo aspetto. Vuoi parlarne?

A parte che trovo questa una cosa stupenda, devo dire che, in realtà, non faccio sforzi da questo punto di vista quando scrivo, e vale anche per quando scrivo in italiano. Forse, il fatto che l’inglese non è la mia lingua madre, mi obbliga a fare giri di parole particolari per esprimere ciò che voglio dire.

 

La mia canzone preferita del disco è “Need Of Affirmation”, che abbiamo già nominato, e in particolare il momento in cui tu ripeti “thanks God I didn’t listen to them”. Chi sono queste persone a cui, per fortuna, non hai dato ascolto, e cosa vuoi dirmi, in generale, della canzone?

Questo effettivamente è uno dei passaggi che mi porto dietro dal 2016, e per fortuna le persone a cui mi riferivo nello specifico, oggi non sono più un problema. Però, questa frase l’ho tenuta per ricordarmi di tutte quelle volte in cui sono stata sminuita dal punto di vista artistico, specialmente all’inizio, solo per il fatto di essere donna.

 

Ho incontrato diverse persone che mi hanno detto chiaramente che non ce l’avrei fatta solo per questo motivo, e trovavo assurda l’idea di avere meno possibilità solo per essere nata con determinati attributi invece che con altri. Per fortuna, queste cose che mi sentivo dire non mi hanno mai impedito di andare avanti e credere in me stessa e nelle mie possibilità.

 

 

 

Sappiamo che, in questi anni, hai fatto la musicista per altri progetti, come ad esempio il tour di Colapesce e Dimartino, e di questo si è parlato molto, mentre si è parlato meno del tuo lavoro come produttrice artistica, quindi ti chiedo di parlarmene ora. So che hai lavorato con le mie amiche In.Versione Clotinsky nel loro progetto parallelo in italiano che si chiama Olympia Mare, ad esempio.

È un aspetto in cui ho meno esperienza rispetto al lavoro da musicista, però me lo voglio coltivare, perché mi piace avere connessioni sia musicali che umane con altre persone.

 

Finora, quando sono stata coinvolta, ho anche suonato diversi strumenti, come nel caso che nominavi tu, nel quale ha lavorato anche Juju come fonico, e anche per Tutto Piange, che è anche lei nel roster di 42 Records e sta aprendo le mie date in Italia. Però, ora ho iniziato a lavorare a un’alta cosa che richiede più che altro un mio sguardo esterno, e questo mi piace molto; spero di continuare a farlo.

 

Da questa tua ultima risposta mi sembra di capire che, al di là dell’aspetto lavorativo, in generale ascolti musica nuova e sei molto interessata a essa. Per cui chiuderei l’intervista chiedendoti se vuoi nominare una o più artiste nuove che, secondo te, hanno le carte in regola per ottenere i consensi che hai ottenuto e stai ottenendo tu.

Ti faccio due nomi, uno più nuovo e uno che c’è da un po’ più di tempo. Quello nuovo è Arianna Pasini, che ha un disco in uscita a marzo, è bellissimo, finora sono usciti solo due pezzi e invito tutti ad ascoltarli, perché Arianna è davvero bravissima e ha un gusto stupendo sui suoni e sugli strumenti.

 

Quello che c’è da più tempo è Marta Del Grandi, che si sta meritando in pieno tutti gli elogi che ha avuto. Purtroppo con lei riusciamo a vederci solo di rado, ma ci sentiamo sempre e ci scambiamo regolarmente le nostre esperienze di vita, e per me è una cosa molto bella. 

(Stefano Bartolotta)


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