26/04/2024
Settimana di uscite discografiche all'insegna dell'art-pop e dell'elettronica. In questo numero vi raccontiamo dell'ultimo EP degli Ours, i C+C=Maxigross e i Firestations. Prestate attenzione a Dummy, all'elettronica targata Susannah Stark e a quella di Ben Chatwin. Infine ecco i nuovi dischi di Dorcha e Phateon. 

Settimana di uscite discografiche all’insegna dell’art-pop e dell’elettronica. In questo numero vi raccontiamo dell’ultimo EP degli Ours, i C+C=Maxigross e i Firestations. Prestate attenzione a Dummy, all’elettronica targata Susannah Stark e a quella di Ben Chatwin. Infine ecco i nuovi dischi di Dorcha e Phateon

a cura di Stefano Bartolotta e Paolo Latini

16:00:25  – 06/11/2020



OURS – MEDIA AGE | EP
(rock)

Questo EP, che per ora è solo su Bandcamp (Jimmy Gnecco si ricorda dell’esistenza di Spotify solo raramente e in momenti del tutto imprevedibili), segna la prosecuzione della rinascita artistica della band newyorkese dopo “New Age Heroine II”, il quinto album che ha riportato il nome Ours su buoni livelli, dopo gli incredibili “Distorted Lullabies” e “Precious” e i due mezzi passi falsi “Mercy” e soprattutto “Ballet The Boxer I”. In attesa di “Spectacular Sight III”, queste 5 canzoni rappresentano una nuova e riuscita declinazione dell’idea di rock autoriale e viscerale che da sempre caratterizza l’attività di Jimmy Gnecco, che, a vent’anni da quel debutto folgorante, ha ancora una delle voci più d’impatto ed emozionanti in circolazione e ha messo insieme un sound profondo e intenso, con la parte ritmica più in evidenza del solito e che dà alle canzoni un carattere incalzante che fa loro bene. Quei due album pazzeschi non saranno probabilmente mai più eguagliati, ma questo EP non è comunque distantissimo da essi.
(S.B)


FIRESTATIONS – AUTOMATIC TENDENCIES | EP
(art-pop)

Dopo alcuni EP e un primo album notato solo da pochi appassionati particolarmente attenti, questo quintetto londinese è entrato nel roster dell’etichetta scozzese di culto Lost Maps, il cui owner è quel Pictish Trail che chi è stato alle ultime date italiane dei Belle & Sebastian ha apprezzato come apertura. Da qui è arrivato un altro ottimo album e ora questo progetto multi EP, che inizia con questo uscito oggi. I Firestations sono sempre stati molto abili nel mettere insieme tonalità noir, melodie impeccabili e intarsi sonori raffinati, il tutto accompagnato da una ritmica posata e vitale allo stesso tempo. A ogni pubblicazione, i cinque si mostrano in una veste sempre migliore rispetto alla precedente, con melodie sempre più a fuoco, atmosfere sempre più avvolgenti e intriganti e un dosaggio dell’intensità emotiva sempre più sapiente. Quattro inediti e due rifacimenti, uno preso dal passato e un altro da uno di questi inediti, per 24 minuti di magia ed emozioni.
(S.B)


C+C=MAXIGROSS – SALE
(art-pop)

La scelta in controtendenza del collettivo veronese è molto semplice: chi vuole ascoltare questo disco deve spendere dei soldi, cosa che, del resto, è accaduta per decenni. Niente Spotify o altri servizi di streaming, quindi, ma solo possibilità di acquistare in digitale su Bandcamp. “È il nostro disco più pop, il più ritmato, il più danzante di sempre”, dice la band, e, in effetti, per tutta la durata si respira una grande serenità, con tanta voglia di abbandonarsi a sonorità liquide e di farsi coccolare da ritmi rilassati che, più che dare il tempo, hanno la funzione di conferire ulteriori sfumature ai suoni.

Si sente tantissimo il marchio di fabbrica C+C, anche se, appunto, i territori musicali esplorati qui sono un po’ diversi dai soliti. E’ anche possibile ascoltarlo come traccia unica e una riuscita concisione (la durata totale è di 22 minuti, ma al termine dell’ascolto si ha la sensazione di un lavoro davvero completo). Sono 10 euro ben spesi, per supportare un’idea più che legittima dal punto di vista del business e per godere di un momento di serenità di cui tutti abbiamo molto bisogno. Il disco è dedicato alla memoria di Matteo Givone (Indianizer), Andrea “Guagno” Guagneli (Brothers In Law) e Mirko Bertuccioli (Camillas). Grandi musicisti e per sempre amici anche di Infinite-Jest.
(S.B)


DUMMY –  EP2
(noise-pop/kraut/lo-fi)

A cinque mesi dal loro primo già convincente Ep Dummy, uscito per Pop Wigs Records, riecco la band losangelina più interessante dell’anno con altre sei tracce in sospensione tra una macedonia di generi: krautrock, jangle-pop, j-pop, folk, ambient, psichedelia e un tocco di personalità tutta squisitamente californiana.

Registrato in perfetto stile fai-da-te, con programmi free-ware e qualche smartphone, e mixato da Joo Joo Ashworth (chitarrista dei Froth nonché fratellino di Sasami Ashworth), Ep2 è la conferma che ci si aspettava da una band come i Dummy.

Il gruppo è capace come pochi altri di mescolare ingredienti apparentemente incompatibili. “Mediocre Garden” è un pezzo ambient fatto come se si trattasse di lo-fi, “Nuages” è un krautrock sbilenco e aggiornato con un tocco di follia west-coast, le aperture melodiche di “Dizzy” vengono stemperate notevolmente dai rumorismi quasi nipponici di “Second Contact” e dai drone gentili della conclusiva “Prime Mover Unmoved,” a metà tra un pezzo kraut e un pop chill-out.
(P.L)


SUSANNAH STARK, TIME TOGETHER (HUES AND INTENSITIES)
(elettronica)

La scena elettronica degli anni novanta era già stata rimaneggiata e manipolata poche settimane fa da Sophia Loizou. Ora Susannah Stark fa la stessa cosa con la Second Summer of Love. House, techno e elettronica di Manchester e Glasgow, una scena musicale troppo giovane per aver vissuto in prima persona, ma della quale ha saputo cogliere i sedimenti che si possono ritrovare nella musica attuale. 

Artista visuale per formazione e professione, su Time Together Stark riprende il concetto archeologico di spolia e mostra come molta musica di ieri sia ancora viva e presente. In questo lavoro la sentiamo björkeggiare su “Can of Worms,” lambire territori acid-jazz su “Remind You” e arriva quasi a citare i Chemical Brothers più chill-out su “Dear Beloved Friend.”
(P.L)


DORCHA – HONEY BADGER
(alternative)

Registrato negli Invadas Studios di Geoff Barrows Honey Badger non è propriamente il primo album dei Dorcha, su Bandcamp si possono trovare già una manciata di album tutti molto interessanti. Con questo strano disco i Dorcha entrano nella loro piena maturità stilistica.

Pezzi che non stanno mai fermi, che mutano forma, pelle e contenuti, un po’ come Alice che nel paese delle meraviglie, ma forse assomigliano più al Cappellaio Matto: Anna Palmer, tastierista e front-woman, definisce l’animale del titolo come una specie di spirito guida, una “presenza inquietante dentro le nostre menti che sguinzaglia il nostro lato strano e inaccettabile.” Pezzi che spaziano dal chamber-pop al pop psichedelico a intermezzi che toccano la classica contemporanea decostruita e ricostruita (“M_Eets,” “Me_Ets,” “Mee_Ts” e “Meet_s”). Pezzi come “Bruiser,” “Monkey Dust, “China Flora” e “Le Loyon” sembrano chiedere di trovare un nome per un nuovo genere. Siete pronti a seguire il bianconiglio nella sua tana?
(P.L)


BEN CHATWIN – THE HUM
(elettronica)

Già attivo come Talvihorros una decina di anni fa, Ben Chatwin si trasferisce a Edinburgo qualche anno fa, passa a Village Green e nel corso degli ultimi anni ha fatto alcuni dei dischi elettronici più interessanti del momento (Sleeper Awakes, Heat & Entropy e Staccato Signal). The Hum riprende la strada cinematica, oscura e analogica del suo ultimo disco, e prosegue nella riscoperta di certa elettronica primordiale, in zona Klaus Schultze rimodellata attraverso un’estetica glitch e noise.

Il mormorio del titolo è quello dei suoni delle “frequenze fantasma. Vengono chiamati Chatwin, quei rumori bianchi a 50 Hertz, onde sonore, radiazioni, che qui vengono amplificate fino a diventare veri e propri elementi musicali. Risultato particolarmente apprezzabile nella closing-track, programmaticamente titolata “Ghost in the Machine.”
(P.L)


PHAETON – BIOME
(ambient-new age)

Phaeton è il misterioso e leggendario decimo pianeta del sistema solare, fatto interamente di chioccio e andato distrutto miliardi di anni fa. In realtà è anche il nome del nuovo progetto dei fratelli Gallagher, non quelli famosi capricciosi e litigiosi, ma quelli bravi, ossia Matthew (aka Machine Listener) e Luke (Mindlink).
In gioco ci sono i concetti di base della New Age smontati e rimontati in un contesto che tiene conto dell’evoluzione dei linguaggi dell’elettronica contemporanea. Il tutto sospeso tra drone e derive kraut. Se “Mantra” è l’elemento forse più vintage dell’ep, “Sapien” e “The Wolf” arricchiscono loop e sample della tradizione tedesca con due melodie, gioco a incastri tra il synth di Matthew e l’oboe di Luke, che sembrano riscrivere la musica cosmica in chiave contemporanea.
(P.L)

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