08/05/2024
'Vespertine', pubblicato il 27 agosto 2001, è il quarto album della musicista islandese

 

Se potessimo sentir cantare le sirene, queste avrebbero la voce di Björk e Vespertine sarebbe il loro canto crepuscolare, a metà fra una preghiera e un’invocazione, capace di ammaliare donne e uomini. Vespertine compie oggi 18 anni e sebbene sia ancora “giovane” è un album che ha raggiunto una maturità tutta sua, di suoni minimal e melodie che si fanno e disfanno disperdendosi nel flusso di un canto senza fine della durata di un’ora. 

Vespertine è qualcosa che fluisce e lava via i nostri umori, un disco che suona in sordina, che ci lega irrimediabilmente al luogo sconosciuto della nostra anima, per restituirci puri a noi stessi: è una nuotata verso zone impenetrabili, dove non c’è altro ingresso se non l’abbandono alla sensualità della polifonia delle voci di Björk, all’incanto di cori inaccessibili, alla dolcezza delle dissonanze celate che si trasformano in memorie da una vita remota e ignota che, brano dopo brano, iniziamo a riconoscere. Già da Hidden Place, che apre il disco, Björk annuncia il silente scivolare in una favola, incatenandoci con una voce suadente e con un ritornello che, come un filo rosso, ci concede la possibilità di orientarci nell’universo subacqueo che stiamo permeando.

Il passaggio verso Cocoon, secondo track del disco, è morbido, i suoi glitch ci appartengono: sono il nostro unico appiglio, mentre Björk si prepara ad abbandonare la forma canzone verso brani aperti e fluidi che cominciano e terminano senza soluzione di continuità, a tessere un unico grande viaggio percorrendo noi stessi. L’elettronica minimale trasfigura la musica di Vespertine nel liquido amniotico che avvolge e coccola l’anima melanconica che risuona nella bellezza di Pagan Poetry, un luogo abissale che chiude con il mantra polifonico del verso “she loves him” e con un urlo che sembra una richiesta di aiuto. Al centro di Vespertine, An echo A Stain, le cui dissonanze subacquee ci guidano nell’esplorazione di fondali dove l’anima crepita. Gli scivoli di voce di Björk, sono in cerca di una modulazione sempre nuova e ci lasciano sospesi in una dimensione di incertezza: riconosciamo brandelli del mondo che cerchiamo, ma non osiamo avvicinarci. 

Vespertine è un album da ascoltare tutto d’un fiato – quasi trattenendo il respiro – per lasciarsi trasportare dalla corrente fortemente empatica arrangiata dall’artista islandese, in collaborazione con un team di tutto rispetto, tra cui Matmos, duo elettronico che ha fatto la differenza nel programmare il tappeto sonoro dell’album. Ne viene fuori un’opera organica, che abbassa il frastuono del mondo esterno per lasciar risuonare la sua anima. In ‘Kafka sulla spiaggia’ Murakami scrive: Cammino lungo la riva della coscienza, dove le onde si muovono in un flusso e riflusso continuo. Quando arrivano, lasciano dietro di sé delle scritte che subito l’ondata successiva cancella. Cerco di leggerle in fretta, nel breve intervallo fra l’onda e l’altra. Ma non è facile. Prima che faccia in tempo a leggere, arriva una nuova onda a cancellare tutto. Nella coscienza rimangono solo indecifrabili frammenti di parole. 

Björk in questo album ci prende per mano e ci trascina in un mondo ovattato dove le individualità si confondono e si sposano in una sola e unica redenzione. È un disco che ha abbandonato la concretezza degli album precedenti, e a livello musicale e a livello concettuale, ma guadagnandone in fascino e naturalezza. Ci resta un solo dubbio: riusciremo a riaffiorare in superficie?

Martina Lolli 

 

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