27 agosto 1991, ‘Ten’ dei Pearl Jam. 53 minuti per entrare nella storia del rock

 

Un esordio al fulmicotone, questo è stato Ten per i Pearl Jam. Nati dalle ceneri dei Mother Love Bone e con l’approdo di Eddie Vedder da San Diego, si sono ritrovati catapultati dalla prima esibizione in un locale, agli studi di registrazione della Epic Records per scrivere a caratteri cubitali il nome della band negli almanacchi della musica Rock.

Il disco, il cui titolo è ispirato al numero di maglia del giocatore di Basket Mookie Blaylock che inizialmente aveva dato il nome alla band, contiene pezzi che hanno contribuito a erigere la grande torre dei Pearl Jam. Sin da questo esordio mostrano di che pasta sono fatti, toccano temi sociali come l’incesto in Alive, della povertà come in Even Flow e del dramma della depressione e del suicidio in Jeremy ispirato a fatti realmente accaduti. Questi testi delineano il quadro di una società americana disattenta verso temi come l’abbandono e la povertà ma, a dispetto degli altri gruppi del movimento Grunge, la musica di Vedder e soci si distingue per non essere solo un concentrato di rabbia esplosiva e alcune volte vomitata nelle casse degli stereo degli adolescenti, rabbia che pur viene fuori in alcuni pezzi, e odio verso la società imbellettata americana, ma anche riflessione, pensiero politico e speranza verso un futuro migliore. 

Il grunge è entrato di diritto nella cultura degli anni ’90, ma è stato erroneamente etichettato. Ten è un album rock nella sua forma più squisitamente limpida, e a differenza di Nevermind dei Nirvana, Badmotorfinger dei Soundgarden e Every Good Boy Deserves Fudge dei Mudhoney (tutti pubblicati nel 1991), il suo suono è più limpido. I Pearl Jam non sembravano voler andare contro i dogmi e leggi del rock, presero gli elementi migliori di un genere e miscelarono il meglio. 

I momenti più lenti dell’album sono in realtà quelli più intimi, quelli che mettono a nudo cinque giovani ragazzi. Black è una ballata umile che basa le sue fondamenta su un cuore spezzato. La voce di Eddie Vedder è soffice. Questo preambolo per spiegare, in definitiva, che nei Pearl Jam non vi è nessuna rabbia cieca. Da Ten in poi la bravura del gruppo risiederà sempre nel creare canzoni in maniera semplice. I Pearl Jam non sono mai stati una band composta da singoli, e la foto in copertina, a distanza di ventotto anni ne è manifesto. Eddie Vedder crea lo storytelling, la band ne disegna gli scenari. Il segreto di un successo lungo ventotto anni, risiede in questi primi passi, lunghi 53 minuti. 

G.A, V.R


Eddie Vedder – voce 
Stone Gossard – chitarra 
Jeff Ament – basso 
Mike McCready – chitarra 
Dave Krusen – batteria 

 

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