08/05/2024
Gli Statuto si sono formati a Torino nel 1983 e hanno realizzato venti album in carriera.

16:42:49  – 04/03/2020

Gli Statuto sono tornati. A margine dell’ultimo Sanremo, abbiamo fatto una piacevole chiacchierata con Gianni “Naska”, storico batterista della band torinese. Tra Sanremo, prodotti televisivi cambiati e “peso delle etichette”, abbiamo parlato dell’ultimo singolo che li ha riportati “in pista”. Registrato in autunno, oltre a video girato a dicembre 2019, la nuova canzone racconta l’involuzione sociale, culturale, artistica e partecipativa che hanno avuto alcune nostre metropoli in questi ultimi anni, ma che a fronte dell’emergenza causata dal Covid19 diventa (involontariamente) la descrizione attuale di molte città italiane. Prodotto e mixato da Madaski (Francesco Caudullo) degli Africa Unite (che partecipa anche in qualche intervento vocale) con il featuring di Luca “Zulù” Persico.

 

Si è concluso da poco un Sanremo che passerà alla storia (anche) per aver toccato il 60% di share. Raccontaci del festival vissuto dagli Statuto nel 1992.

Lo abbiamo affrontato con grande incoscienza. Era per noi una sorta di scherzo architettato dalla nostra etichetta, che ci iscrisse senza dirci nulla. Ci siamo trovati catapultati in un mondo nuovo. Eravamo freschi di contratto con la EMI, ma eravamo ancora una band “in evoluzione”. Il nostro disco conteneva dei pezzi che già suonavamo dal vivo e il brano che presentammo lì. Andammo con grande disinvoltura, è stata un’esperienza professionale.

E se dovessi pensare a una partecipazione degli Statuto al Sanremo 2021? Il prodotto televisivo è cambiato.

Secondo me la musica, oggi, è un contorno a uno show che propone un contenitore di molto altro. Le canzoni sono un pretesto per mettere in moto questo “grande carrozzone”. 

Il vostro Sanremo era la kermesse che riuniva le famiglie. Oggi questo “carrozzone”, portatore di un 60% di share, basa le sue fondamenta su di un pubblico molto giovane.

Prima di noi c’erano state altre band, poi sono arrivati i Pitura Freska, Marlene Kuntz e Afterhours. Noi siamo stati i precursori, e ne andiamo fieri. All’epoca esisteva già una sorta di apertura musicale. Oggi, per accattivare un pubblico vario, hanno giustamente aperto gli orizzonti verso nuove tendenze. Sanremo è diventato lo specchio di quello che oggi i giovani ascoltano, ed è giusto che sia così.

 

Oggi le canzoni rappresentano una piccola componente di questa grande macchina da spettacolo. Anzi, certe canzoni di oggi sembrano molto deboli. All’epoca, gli Statuto sono sbarcati nella televisione di Stato in piena ”Prima Repubblica” mostrando  il pugno chiuso…

Noi parlavamo di Garibaldi, parlavamo della Lega Nord appena nata. Certe posizioni, al di là del partito, riguardano la mentalità e le attitudini. Noi abbiamo sposato certe cause fin dagli anni ’90: a favore dei deboli, dei lavoratori torinesi della Lancia e della politica anti-americana. Noi abbiamo costruito tante canzoni di sinistra, hai ragione. Se sei quello che sei, e lo porti avanti con convinzione, viene ripagato. Non a livello economico, intendiamoci. – ride –

Lo diciamo alle nuove generazioni che negli Statuto suonava un giovanissimo Enzo Bossio?

Beh, un talento incredibile, cos’altro dire? Mi ha fatto sorridere una sua recentissima dichiarazione, in cui punta il dito contro chi va ai concerti solo per farlo sapere ai suoi follower. Non solo un grande musicista, ma un grandissimo uomo.

Le case discografiche hanno stravolto il dizionario musicale italiano di oggi? Penso a Giulio Tedeschi e al lavoro immenso svolto dalla Toast Records.  C’è una massiccia presenza nella vita privata degli artisti, e l’impressione è che le etichette odierne dettino le loro condizioni.

Interessante riflessione. Un tempo c’erano decine di etichette indipendenti. C’era una caparbietà forte, come appunto il lavoro di Giulio e della Toast che ancora riesce a portare avanti. A lui andrebbe fatto un monumento! C’erano molte major che oggi sono tutte scorporate. C’è una latente omologazione! Dalle etichette indipendenti uscivano grandissimi nomi. Penso alla Mescal, una realtà incredibile per il lavoro che ha fatto. Prima era una palestra che ti formava e che ti forgiava. Oggi le dinamiche sono cambiate. Le realtà medie come le nostre, per niente nazional popolari, fanno fatica. Nel nostro paese è cambiata anche la fruizione e il pubblico. I social? Anche. Oggi si spendono tanti soldi per guardare un concerto da uno schermo gigante, però hai la possibilità di geolocalizzarti, e fa figo. Io preferisco i club e perdermi all’interno dei suoni realizzati dalle piccole band.

Gli Statuto sono tornati. Con che spirito? Una prima reunion è avvenuta con il trentennale. Oggi come state?

Noi siamo stati per sette anni in autoesilio dalla nostra Torino. Nel 2010 abbiamo appianato certe divergenze, dopo un concerto al Traffic. Oggi stiamo bene. Era un bell’anno, c’era una meravigliosa Charlotte Gainsbourg. 

Ti senti “Mod” ancora oggi?

Una volta che ti scopri mod, lo resti per sempre. Non è semplicemente indossare un parka, è una scelta che ti porti dentro. La “cultura Mod” è un patrimonio. C’è una storia, narrata dai libri, che spiega perchè i Mod si riunivano in Piazza Statuto. Da allora, è l’unica realtà che porta avanti un discorso culturale. Negli anni ’80 c’era una varietà di proposte musicale importanti. Tanto shoegaze, dark, punk e mods. Oggi la massificazione ha portato via molti di quei movimenti e valori. 

Siete ufficialmente tornati con un nuovo singolo. Madaski e Luca “O Zulù” special Guest. 

Finalmente è disponibile il nuovo singolo. Ci saranno tante novità che presto vi sveleremo. Nel frattempo ti annuncio le date che abbiamo pianificato nei club. Iniziamo il 20 marzo dal Mercato Sonato di Bologna, si prosegue il 10 aprile all’ Off Topic di Torino, il  24 aprile saremo al Circolo Ohibò di Milano, il 30 aprile al 6500 Bar Music Club di Bellinzona, il 9 maggio al Krach Club di Treviso e chiuderemo al Wishlist di Roma il 22 maggio. 

G.A

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