29/04/2024
'Beneath the Eyrie', prodotto dall'etichetta BMG, è il settimo album dei Pixies


Genere:  alternative rock 

Etichetta: BMG
Release: 13 settembre 

 È sempre difficile scrivere di un disco di una band che non solo ha influenzato la tua formazione musicale, ma ha stravolto il rock di fine anni ’80. La domanda lecita è: noi ascoltatori – di una band così importante – preferiamo (ri) ascoltare quei suoni che ci hanno sconvolto, ammaliato, appassionato, o dobbiamo conformarci, e contestualmente attenerci, a quel vortice spazio temporale che scorre inesorabile portando con sé i normali cambiamenti?

La giusta analisi, probabilmente, sarebbe un’altra. Proviamo a metterci nei panni dei Pixies e ad affrontare da differente angolazione la dilatazione temporale. Il vero dubbio, per un gruppo così importante, potrebbe essere: conviene provare a ricreare sonorità classiche o provare a sviluppare sonorità diverse, evitando quell’effetto patetico che sembrerebbe un tributo e una triste auto-celebrazione? La risposta è questo album, il terzo lavoro di Black Francis dalla Reunion. La band preferisce abbandonare l’ascia alternative che ha influenzato il grunge, per sposare un rock convenzionale che incrocia il gothic sound (più patinato).

Beneath the Eyrie pulsa di un classico ritmo alla Pixies, un mid-tempo ormai marchio di fabbrica della band. E allora, bene, no? Assolutamente male, invece. Il disco, sommato al resto, manca totalmente di quell’energia demenziale e cruda che ha conquistato i fan di tutto il mondo. Già dall’opener (poco convincente) lo stile sembra molto casuale, come se il gruppo non avesse minimamente pensato – in termini organizzitivi – al sound generale di questo lavoro. La sensazione è che questo album sia stato partorito con l’unica idea di pubblicare qualcosa di commercialmente già pronto. Il disco dei Pixies che strimpellano il power pop alla Weezer (Long Rider), con mezzo cuore oscuro di Nick Cave (Los Surfers Muertos) e il ritmo folk punk dei Violent Femmes (This is My Fate), suona come il banale esercizio stilistico di una normale band.

Ecco, i Pixies, non sono una normale band. Non abbiamo digerito questo modo di suonare così semplice. Nelle poche canzoni in cui la musica guadagna in intensità (St Nazaire, Catfish Kate), perde in vigore e immaginazione (Bird of Prey). Storie di maledizioni di streghe (On Graveyard Hill) e reincarnazione degli spiriti (Daniel Boone) sembrano essere state create per musicare un episodio di BuffyStreghe. Ci dispiace moltissimo stroncare questo album ma, se questo è il disco suonato dalla band che ha stravolto una generazione, c’è da constatare che la maturità odierna dei Pixies va solo interpretata in un modo: è la gioventù che si è persa.

G.A

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