Le migliori uscite discografiche della settimana| 21 gennaio

Il 21 gennaio 2022 ci regala i nuovi album di Yard Act, Annika Norlin e Aurora. A sorpresa, ecco il ritorno dei Pedro The Lion, l’album solista di Brad Barr (dei Brad Brothers) e il nuovo lavoro di Kyla La Grange. Per gli appassionati hip-hop, ecco Che Noir

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi e Flaminia Zacchilli 

15:27:24  – 21/01/2022



YARD ACT – THE OVERLOAD
(post-punk)

Da moltissimo tempo non c’era tutta questa attesa per un esordio, ma la band di Leeds se l’è meritata tutta, con un EP folgorante, i singoli che anticipavano l’album più maturi e completi senza perdere la carica di genuinità e realismo e performance live che hanno fatto drizzare le antenne a chiunque, al pari dei brani in studio. Ora siamo al momento della verità, e, onestamente, questo disco è un capolavoro e uno di quei titoli destinato a rimanere nella memoria collettiva per molto tempo al pari di classici come Definitely Maybe, Is This It o Whatever People Say I am… Sto esagerando? Ascoltate e poi ditemi.

The Overload è perfetto dall’inizio alla fine, e non solo per la capacità, già chiaramente mostrata dalla band in precedenza, di trasportare fisicamente l’ascoltatore dentro la vita quotidiana dell’autentica working class britannica, tra problemi, difficoltà, tensioni che talvolta devono trovare sfogo in gesti poco ortodossi, ma anche orgoglio e senso di appartenenza.

Era facile attendersi che ci fosse questo pregio importante, ma qui c’è anche molto altro, ovvero un lavoro fantastico dal punto di vista strettamente musicale, con in particolare una sezione ritmica eccellente nel risultare sia dinamica in modo da dare la giusta spinta al resto degli strumenti, che adatta a fungere da tappeto su cui adagiare la parte vocale. Parte vocale che anche lei esplora territori diversi rispetto a quanto fatto finora, facendolo sempre molto bene. Infine, è anche ottimo lo studio di come mettere in ordine le canzoni, con il risultato che fa davvero l’effetto di un viaggio o di un docu-film. Ripeto, un disco magnifico che ha già lo status di super classico.
(S.B)


ANNIKA NORLIN – MENTOR
(songwriting)

La cantautrice svedese ha ormai da tempo lasciato da parte il nome Hello Saferide e, dopo l’eccellente progetto “Correspondence” con Sua Maestà Jens Lekman (letteralmente una corrispondenza mensile durata un anno in forma di canzoni), eccola alla prima prova sulla lunga distanza con le proprie generalità. La prima metà è in inglese e la seconda è in svedese, e, a parte questo, Annika non si inventa niente e si appoggia sulle proprie sicurezze. La sensazione è che la Norlin abbia fatto questo disco per se stessa e per i fan di lunga data, però in verità chiunque può ascoltare l’album e trovarci dentro pregi innegabili come la qualità melodica, una vocalità particolarmente coinvolgente e un suono adattissimo a dare il giusto corpo alle canzoni e a renderle, al contempo, morbide e, passatemi il termine, coccolose.

Che poi è ciò che la Nostra ha sempre fatto ed è sempre stata in grado di fare, però anche essere in grado, dopo tanti anni, di suonare sempre fresca e autentica non è mica una risultato da poco. Insomma, se siete fan, troverete qui dentro tutto ciò che vi ha fatto adorare il lavoro di Annika negli ultimi 15 anni abbondanti, e se non avete mai sentito questo nome, è il momento giusto per scoprire un’autrice, arrangiatrice e interprete di qualità e classe.
(S.B)


PEDRO THE LION – HAVASU
(rock, songwriting)

Lake Havasu City si trova in Arizona ed è il luogo in cui David Bazan ha passato la propria infanzia. Già quando la band di stanza a Seattle è tornata nel 2019, dopo 15 anni di assenza, le canzoni vertevano tutte attorno a questa città e a quegli anni, e ora Bazan rende ancora più esplicito il riferimento in un vero e proprio sequel del lavoro precedente.

La cosa importante, comunque, è che tutte queste nuove canzoni sono davvero ben fatte, soprattutto grazie all’intatta capacità da parte della band di emozionare al primo impatto con la combinazione micidiale tra la voce riconoscibile di Bazan e i giri di chitarra semplici ma estremamente ficcanti e che davvero non possono lasciare indifferenti, anche grazie a una pienezza sonora con quel pizzico di saturazione che non guasta, anzi, dà ulteriore calore al tutto. Come per Annika Norlin di cui abbiamo parlato sopra, niente di nuovo sotto il sole, ma onestamente, a nessuno interessa: finché Bazan e i suoi sono così ispirati e sono ancora in grado di fare sospirare semplicemente lasciandosi andare a ciò che sanno fare, va benissimo così.
(S.B)


CHE NOIR – FOOD FOR THOUGHT
(hip hop)

Che Noir è una giovane rapper proveniente dalla scena underground di Buffalo, New York, che nel corso degli anni ha dimostrato di avere un grande talento sia come Mc che come produttrice. Oggi con l’uscita del suo nuovo lavoro, Food for Thought, possiamo constatare che le buone basi gettate con i primi lavori regalano finalmente una splendida fioritura.

Il banchetto a cui ci invita Che Noir ha come scopo quello di nutrire la mente, il libero pensiero, la creatività. Food for Thought ci propone un menù composto da sonorità nostalgiche, ispirate alla gloriosa golden-age, su cui la rapper fa scivolare rime dirette e sincere. Il lavoro è veramente ben costruito, si passa dalle sonorità melodiose di Split the Bread, a quelle più cupe di Ladies Brunch, mantenendo unità e armonia. Tra i vari featuring ritroviamo 38 Spesh (Table For 3) con cui la rapper aveva già collaborato in Juno. Il disco è servito, Eat or Starve, a voi la scelta.
(C.L)


KYLA LA GRANGE – WHILE YOUR HEART’S STILL BEATING
(indie pop)

Kyla la Grange torna oggi con il suo terzo lavoro in studio, While Your Heart’s Still Beating. I sette anni intercorsi con il suo predecessore, Cut Your Teeth, non sembrano aver prodotto radicali cambiamenti nello stile dell’artista inglese, tanto che, nonostante la considerevole distanza temporale, i due dischi sembrano essere l’uno il seguito dell’altro. Le sonorità sono sempre disegnate da synth sospesi che variano d’intensità e potenza, Nurture, Fury. I brani sono molto aperti, c’è meno ombra rispetto al passato ma l’artista sembra essere ferma nella sua evoluzione. Nonostante ciò il lavoro è gradevole da ascoltare senza troppe pretese.
(C.L)


AURORA – THE GODS WE CAN TOUCH 
(alt-pop)

Aurora è ufficialmente cresciuta, e il suo ultimo album The Gods We Can Touch lo dimostra. Quando la musica che fai, per particolare che sia, è quella che ti piace davvero, risulta impossibile rinunciare, ed è questa l’impressione principale che proviene dall’album. Esperimenti con nuovi sguardi e nuove atmosfere – a cominciare dagli accenni di sensualità in Artemis – ma cantati con lo stesso carattere ancestrale, selvatico, che tutti conoscono già. La salita mainstream con la canzone Show Yourself, dal film Disney Frozen II non sembra averle montato la testa, né averla allontanata dalle sue radici nell’alternativa. È sempre lei, la “fatina dei boschi” della musica alt-pop, con la voce squillante alla Dolores O’Riordan e l’aria curiosa e innocente, ma mai fragile e sempre consapevole del suo valore.
(F.Z)


BRAD BARR – THE WINTER MISSION 
(strumentale)

Brad Barr si mette in proprio e realizza questo album infarcito da 12 suite di 48 minuti totali. Un lavoro lungo più o meno quanto un flusso di coscienza fatto di corde vibranti e leggeri accordi creati per fondersi insieme in ambienti delicati e soffici. Incentrato sulla magia del mistico numero 216, questo è un disco complesso che funziona anche per pomeriggi sbiaditi. Il chitarrista ha incontrato per la prima volta il cosiddetto “quadrato magico” durante un viaggio acido adolescenziale; negli anni da allora è diventato un talismano, una delle poche aree in cui Barr si sente mistico, percependo un ordine genuino nell’universo. Queste canzoni rendono omaggio a quell’ordine, dalle elevate proprietà matematiche e astrologiche del 216. Piacerebbe tantissimo al “Ruggero” di Un sacco bello, indimenticabile cult diretto e interpretato da Carlo Verdone nel 1980. 
(G.A)


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