Le migliori uscite discografiche della settimana| 14 gennaio

Ricca settimana di uscite discografiche. In questo numero vi raccontiamo degli ultimi lavori di Bonobo, FKA Twins, Broken Social Scene, The Lumineers e The Wombats. Al seguire prestate molta attenzione al ritorno discografico di Orlando Weeks, ai Blood Red Shoes e agli interessantissimi Garcia Peoples

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi, Patrizia Cantelmo e Flaminia Zacchilli

12:17:14  – 14/01/2022



THE WOMBATS – FIX YOURSELF, NOT THE WORLD 
(brit-pop)

Sono passati ormai quasi 15 anni da quell’esordio degli Wombats accolto così bene da critica e pubblico, e la band di Liverpool è ancora qui a farci sentire nuova musica, ma, nel prosieguo della sua carriera, i pareri su di loro sono stati mediamente più tiepidi, con una parte di fan rimasta fedele e diversi altri che, invece, sono scesi dal carro. Personalmente, ho fatto parte del primo gruppo per diverso tempo, ance in occasione del tanto criticato terzo disco, che per me rimane meraviglioso.

Alla luce, però, di questo nuovo lavoro, e anche del precedente, devo purtroppo ammettere che gli Wombats hanno ormai perso smalto e propongono canzoni piuttosto anonime e senza verve. Lo stile melodico, vocale e dei testi rimane più o meno lo stesso, ma semplicemente c’è molta meno ispirazione, e dal punto di vista sonoro, dopo la svolta radicale del citato terzo disco, la band si è posizionata su una vita di mezzo tra chitarre e tastiere che in realtà non ha molto senso e contribuisce all’appiattimento generale. Dispiace dover constatare il declino di un gruppo che per un po’ non ha avuto paura di proporre con convinzione le proprie scelte, ma ora appare smarrito e spento.
(S.B)


BLOOD RED SHOES – GHOST ON TAPE 
(dark-rock)

Il duo di Brighton merita senz’altro ammirazione per essere riuscito a continuare ad attirare interesse attorno al proprio nome anche quando l’hype conseguente all’ottimo esordio del 2008 è svanito. I due sono andati avanti dritti per la propria strada e hanno sempre trovato chi pubblicava loro dischi, chi li comprava e chi andava ai loro concerti. Non è certamente da tutti, soprattutto in questi anni di streaming selvaggio, però, onestamente, questo disco è dimenticabile a voler essere generosi.

Non c’è davvero nulla di interessante ed è tutto piatto e standardizzato, sia le canzoni più potenti che quelle più languide, e che canti lui o lei poco conta, perché il risultato è sempre lo stesso. Si fa davvero fatica ad arrivare a fine disco e non si vede come chiunque possa voler dare anche solo un secondo ascolto.
(S.B)


GARCIA PEOPLES – DODGING DUES
(psych-rock)

Il sestetto del New Jersey nato solo qualche anno fa con le caratteristiche della jam-band sulla falsariga dei mostri storici della psichedelia (Grateful Dead in primis) da un paio di dischi a questa parte ha iniziato a cimentarsi con la forma canzone più strutturata. Quanto avevamo già detto riguardo al precedente Nightcap at Wits’ End elogiando questa evoluzione, vale ancor di più per il nuovo lavoro, il primo di una lunghezza contenuta nel quale ogni pezzo fa davvero storia a sé. Se qualcosa si perde in termini di “viaggio cosmico” e concept, ne guadagna la rotondità dei pezzi che da soli valgono l’ascolto: in questo senso l’uno-due Here We Are/Cassandra è emblematico. Un incrocio ben assestato fra tradizione psichedelica sixties e sonorità indie-folk d’inizio duemila.
(P.C)


FKA TWIGS – CAPRISONGS 
(Alternative R&B)

FKA Twigs è tornata sulla terra: dopo il picco di alternativa di Madgalene, il suo terzo album in studio CAPRISONGS è puramente R&B. Tra collaborazioni spiccatamente mainstream – a cominciare dalla connazionale Jorja Smith e il sempre imponente The Weeknd – una più marcata influenza trap a cominciare dalle percussioni e una appena scoperta affinità per il rappato, la reginetta dell’alternativa decide di concedersi un momento di relax e torna ai lidi conosciuti.

Amore, sesso, locali e femminilità: tutti sotto una luce come sempre trasognata, melanconica, e contornata dal caratteristico sound setoso e morbido. Il titolo non può non richiamare alla mente SELMASONGS, la colonna sonora realizzata da Björk per il film di Lars Von Trier Dancer In The Dark, ove interpretava la protagonista. E come spesso fece Björk, è altrettanto giusto che anche FKA Twigs si conceda un momento più mainstream. Tanto si sa che lo sa fare.
(F.Z)


ORLANDO WEEKS – HOP HUP
(indie-pop)

Un anno e mezzo dopo il suo esordio solista, Orlando Weeks, ex Maccabees, aggiunge un secondo interessante tassello alla sua nuova carriera. Hop Hup è un disco piacevolissimo, dominato anche in questo caso da sonorità anni ’80 seppur decisamente meno notturno di A Quickening. L’atmosfera di questo lavoro è ottimista. I synth, le tastiere, le armoniche costruiscono solide basi di brani brillanti e vellutati. Tempo fa Weeks aveva raccontato alla redazione di Infinite Jest che comporre musica al di fuori di una band gli permette di avere più indipendenza, nonostante debba confrontarsi maggiormente con le proprie insicurezze. Questo discorso vale decisamente anche per Hop Hup, l’album ed riflette perfettamente l’animo dell’artista inglese in questo momento, è senza ombra di dubbio una interessante evoluzione di questa sua nuova carriera. È un disco che vale la pena ascoltare.
(C.L)


THE LUMINEERS – BRIGHTSIDE
(indie- folk)

La produzione musicale degli ultimi anni è, ovviamente, influenzata da ciò che sta accadendo a livello globale. Questo ha portato, anche per motivi di praticità, all’uscita di album molto intimisti. Nei dischi pubblicati in questi ultimi mesi all’introspezione si è affiancata la ricerca di un nuovo ottimismo, come se fosse impellente la necessità di trovare una sorta di nuova speranza. I Lumineers sono da sempre una band che fa della luminosità sonora il proprio caposaldo, ma è in questo nuovo lavoro che la luce diventa fortissima.

I brani di Brightside, loro quarto album in studio, giocano con sonorità apertissime, pronte ad accogliere il sole accecante di una fresca giornata invernale. In questo lavoro il duo inserisce suoni più elettrici che regalano ai nove pezzi più intensità, You Were Never Really Mine. Anche il pianoforte, nel suo essere malinconico, è sempre proteso verso la luce, Rollercoaster. Brightside non è un album rivoluzionario, è perfettamente in linea con la personalità della band, ma è sicuramente ben riuscito e piacevole da ascoltare.
(C.L)


BONOBO – FRAGMENTS 
(Downtempo, indietronica)

Fedele alla linea, abile compositore, meno ingegneristico e più concreto: è questo il profilo del nuovo (non così tanto) Bonobo. Il settimo album in carriera dell’artista inglese ma di stanza a Los Angeles, è un catartico flusso di suoni ed emozioni. L’artista ha composto la maggior parte dell’album tra escursioni in campeggio nella natura selvaggia della California. Questa immersione nella natura ha senza dubbio plasmato l’atmosfera del disco, poiché c’è un senso più ampio del movimento del tempo e del pianeta che gira, ma anche un’aria di serenità. 

Archi svolazzanti, arrangiamenti orchestrali e cori si intrecciano su ritmi contagiosi e ritmi trip-hop, suonando simile al lavoro di Caribou e Four Tet in brani come gli ottimi “Otomo” e “Age of Phase”. Detto questo, Fragments è un lavoro ricco di suoni adatto sia per gli slot dei festival a tarda notte che per le piccole sale storiche nei club di Berlino. Sebbene non ci siano cambiamenti drastici nel sound di Bonobo, è improbabile scovare una traccia in cui il disco non suoni lineare e al contempo rilassato nel suo divenire. Il miglior lavoro elettronico di questo primo scorcio di 2022, ne avevamo bisogno.
(G.A)


BROKEN SOCIAL SCENE – OLD DEAD YOUNG
(indie-rock)

Old Dead Young era la bonus track presente solo nella versione in vinile dell’ultimo disco in studio dei Broken Social Scene: e proprio da lì si riparte per un preziosissimo viaggio nella produzione nascosta del collettivo canadese, sparsa qua e là fra outtakes, b-sides ed Ep tutti risalenti al decennio che più li ha visti protagonisti, il primo dei Duemila. Se, come chi scrive, amate il formidabile caos sinfonico di questi adorabili canadesi, questo è il disco per voi: si tratta di pezzi cosiddetti “minori” ma che di minore sembrano aver poco, ed anzi sono capaci di farci volare in alta quota. Un piatto decisamente ricco in cui buttarsi nel weekend pre-Blue Monday.
(P.C)


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