27/04/2024
Il 16 gennaio del 1998 gli Air esordivano con 'Moon Safari'. ---

 

La luna ha sempre avuto un alone suggestivo capace di catturare l’immaginazione degli esseri umani. La osserviamo splendere da quaggiù, luminosa e argentata, così lontana e intoccabile ma allo stesso tempo così vicina da poterne individuare i crateri. Questo suo essere sfuggente, in qualche modo irraggiungibile, l’ha resa il soggetto di opere letterarie, film, fumetti e canzoni. Senza dubbio uno dei capitoli più affascinanti della saga dei viaggi lunari lo scrissero gli Air il 16 gennaio 1998 con il loro disco d’esordio Moon Safari.

Nel momento in cui Jean-Benoît Dunkel e Nicolas Godin iniziarono a lavorare al disco, la scena elettronica era dominata dal sound potente di gruppi come Daft Punk, Prodigy e Chemical Brothers, per citarne alcuni, la cui musica era il simbolo della cultura dei club e dei rave. Raccontare un viaggio sulla luna però necessitava di un altro tono, sicuramente più suggestivo e alieno, capace di permettere a chi ascolta di fluttuare nello spazio. Il duo parigino, coadiuvato da David Whitaker, riuscì a farsi interprete di questa assenza di gravità, componendo dieci brani dotati di quel tipo di eleganza di cui soltanto i francesi custodiscono il segreto (French-touch).

La Femme d’Argent apre il disco introducendoci in questo ambiente raffinato, in cui suoni ipnotici, che ricorrono in tutto il disco, ci avvolgono in una spirale che si fa sempre più sinuosa. Mano a mano i suoni synth crescono per arrivare ad esplodere in Sexy Boy. L’uso sapiente di moog, synth, bonghi e strumenti di seconda mano fu fondamentale per creare un sound delineato dall’elettronica e da suggestioni anni ’60/’70, marchio di fabbrica di Whitaker. Il paesaggio sonoro che ne uscì si snoda fra misticismo, Talisman, vero e proprio pezzo da meditazione trascendentale, e i suoni quasi robotici di Kelly watch the Stars e Remember, esempio raro di come dovrebbe essere usato il vocoder. Il definitivo tocco di classe è dato dalla meravigliosa voce di Beth Hirsch presente in due pezzi fra i più morbidi del disco, You make it easy e All I need, brano quest’ultimo carico di suggestione e bellezza tali che sono difficili da tradurre in parole. A chiudere il disco troviamo uno di quei pezzi che non ha un vero inizio ma sale piano piano, un po’ come era avvenuto in apertura. Le Voyage de Penelope è una chiosa perfetta, come se il duo parigino avesse captato segnali alieni e avesse tradotto queste onde sonore in musica.

Con questo album gli Air crearono un nuovo mondo musicale, composto da suoni downtempo, ispirazioni psichedeliche e lounge che si sarebbe affermato nei primi anni  duemila e diventarono il modello per molti musicisti come St. Etienne, per citarne uno. La luna è ancora lassù che ci guarda ma sappiamo che ventidue anni fa una coppia di francesi la lusingò con una meravigliosa dichiarazione d’amore.

Chiara Luzi

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