19/09/2024
Yves Tumor Milano - www.infinite-jest.it

credit photo: Emma Pinto

Siamo andati al Castello Sforzesco di Milano per assistere all'unica data in Italia di Yves Tumor. Vediamo come è andata

La mia ampia esperienza in fatto di live mi dice che, quando un progetto musicale si basa molto su estro e imprevedibilità, non è mai il caso di aspettarsi qualcosa, qualunque cosa, nel momento della trasposizione dallo studio al palco. C’è molta più possibilità, infatti, che la dimensione live venga sfruttata per poter ampliare ulteriormente il ventaglio delle scelte artistiche, allontanandosi dall’idea di una mera replica rispetto al contenuto dei dischi.

Però, l’evoluzione di Yves Tumor portava ragionevolmente a immaginarsi un concerto che, al di là di tutto, portasse avanti quello che suona come il manifesto dell’artista ascoltando i dischi, soprattutto gli ultimi due. Sto parlando dell’idea secondo cui, per stare al passo coi tempi, si può anche puntare sulla musica cosiddetta “suonata”, invece che giocare con basi, effetti, campionamenti e quant’altro. Nel disco dell’anno scorso, Sean Bowie e i suoi musicisti suonano per davvero, mettendo sul piatto un suono denso, caldo e naturale e riuscendo nell’impresa di rendere un approccio, ormai desueto a certe latitudini, adatto a far sì che il risultato finale abbia tutte le caratteristiche della musica di tendenza al giorno d’oggi, tra attitudine arty e mescolanza di generi.


Un Yves Tumor non memorabile

La prova del live, invece, lascia un po’ di sconcerto proprio perché l’approccio è esattamente l’opposto, ovvero quello di infarcire il più possibile il suono con preset, effetti, tracce strumentali e persino vocali già registrate, e chi più ne ha, più ne metta. Non sto dicendo che i tre musicisti sul palco (con il leader impegnato solo nella parte vocale) non abbiano suonato, e nemmeno che non ci sia stata cura dei dettagli e delle dinamiche del suono, ma solo che di caldo e naturale non c’era assolutamente niente, e questa è una scelta che l’artista ha il diritto di fare e il pubblico ha il diritto di apprezzare oppure no.

Alle orecchie del sottoscritto, i 70 minuti di live sono suonati inizialmente degni di attenzione proprio grazie a un suono mai statico e che, per questo, era in grado di mantenere alta l’attenzione, ma poi, progressivamente, la sensazione di artificioso data dai preset, dagli effetti e dalle registrazioni ha preso sempre più il sopravvento, anche perché le sopra citate dinamiche del suono sono apparse un po’ ripetitive alla lunga.

Mettiamoci anche che, dal punto di vista vocale, il leader non ha mostrato di metterci troppa passione, ma sembrava che seguisse, o meglio inseguisse, la musica con l’idea di stare semplicemente al traino di essa invece di dare un valore aggiunto con la propria voce, ed ecco una serata che certamente non si può definire deludente, perché, come detto, le scelte ci sono state e l’esecuzione è stata coerente con esse, ma nemmeno rimarrà nella memoria di chi c’era, o almeno nella mia. 

Stefano Bartolotta


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