‘Your Funeral… My Trial’, tappa fondamentale nella costruzione del mito Nick Cave

Il 3 novembre 1986 esce Your Funeral… My Trial, quarto atto della carriera solista dell’australiano dopo la fine dei Birthday Party. Il Cave che entra negli Hansa Studios di Berlino coi Bad Seeds (nella classica formazione iniziale Harvey-Bargeld-Adamson-Wydler) e con l’esperto Flood alla consolle è un artista in piena espansione, impegnato ad esplorare tutti gli angoli della sua multiforme creatività.

La sua prolificità l’aveva portato a pubblicare solo 3 mesi prima Kicking Against The Pricks, che è il gemello diverso di questo disco. Se lì si omaggiavano i propri miti, con riletture personali ma rispettose di brani altrui (John Lee Hooker, Johnny Cash, i Velvet tra gli altri) qui si indagano gli anfratti più profondi della propria psiche. La residenza berlinese e la dipendenza dall’eroina influenzano profondamente il mood del disco, che è scuro e ombroso, una discesa nei propri inferi senza redenzione, ancora lontana.

Un umore plumbeo che permea tutte le canzoni, dalle ballate struggenti come Stranger Than Kindness, Long Time Man e la title track (il funerale è quello del padre, morto per incidente mentre Nick era in galera per furto), alle tirate rock espressioniste Jack’s Shadow e Hard On For Love. Poi c’è la mia preferita, The Carny, formidabile marcetta circense che descrive in maniera impeccabile una carovana di fenomeni da baraccone che sarebbero stati perfettamente a loro agio in un film come Freaks di Todd Browning. Da lì in poi sarebbe arrivata la consacrazione, con una storia ancora tutta da scrivere, come dimostra l’ultimo controverso ma monumentale Ghosteen.

Gabriele Marramà 

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