16/05/2025
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uscite discografiche - www.infinite-jest.it
Uscite discografiche con gli Smile, Caribou, Wild Pink, coldplay, The Hard Quartet, Alessandro Cortini, Public Service Broadcasting e altri...

THE SMILE – CUTOUTS
(art rock, indietronica, ambient pop)

Apriamo queste Uscite discografiche di ottobre con il terzo lavoro in studio degli SMILE, diventati ormai più prolifici di Haaland nel Manchester City. Per la prima volta in venticinque anni di parole al miele e tanti, tantissimi apprezzamenti nei confronti di Thom Yorke e Greenwood, non leggerete nulla di estremamente positivo. CUTOUTS è confusionario e senza un filo logico: testi astrusi, brani pieni di melodie spoglie, e sequenze delle tracce troppo casuali.

I due Radiohead ci hanno abituato (bene) in passato con album continuativi (Amnesiac e KID A) ma qui le cose sono troppo arzigogolate. Wall of Eyes e Cutouts sono stati prodotti da Sam Petts-Davies nelle stesse sessioni, ma mentre Amnesiac, aveva “Pyramid Song”, “Morning Bell/Amnesiac” e “Knives Out” e ben ha sostenuto la concentrazione ritmica e il timbro elettronico del suo predecessore, Cutouts manca di anima e intensità rispetto a Wall of Eyes. Il disco crescerà sicuramente alla lunga ma questi primi ascolti ci hanno convinto poco. I primi due album degli Smile hanno attraversato la gamma dei diversi stili musicali che Yorke e Greenwood avevano esplorato nel corso della loro carriera, ma qui percorrono nuove strade forse senza meta. 

Giovanni Aragona


THE HARD QUARTET – S/T 
(alternative rock)

Lo status di iconicità di Stephen Malkmus lo dichiari pronunciandone il nome, per i chitarristi Emmett Kelly e Matt Sweeney e il batterista Jim White (che quest’anno non sa piu’forse nemmeno lui su quanti dischi e’apparso) si puo’coprire tranquillamente con tutta probabilità la distanza che ci separa da qui a Natale. Dicesi “supergruppo”, con un termine un po’logoro, ma sempre efficace.

Il fabbisogno di chitarre è soddisfatto con quasi un’ora di musica creata da un manipolo di musicisti che ha al contempo il piacere di jammare insieme e l’esigenza di divertirsi e divertire senza ansie da prestazione, creando canzoni sapide dal songwriting robusto, tra accenni di glam, uno spirito punkettone mai del tutto domo, e indie “pavimentato” a dovere (ci si perdoniee l’aggettivo, ma se siete coscienti di quante cose racchiuda il suono dei Pavement,vogliamo cavarcela facile). Non cercate oltre questa settimana, se volete sentire delle chitarre suonate con determinati crismi.

Albino Cibelli


HALF WAIF – SEE YOU AT THE MAYPOLE
(indie pop, songwriting)

Per raccontare e comprendere nella sua totalità See You at the Maypole, sesto album in studio di Nandi Rose, aka Half Waif, bisogna soffermarsi sugli avvenimenti che lo hanno generato. Nel 2021 Rose aspettava un bambino che morì prima di nascere, per questo la musicista venne sottoposta ad una procedura che solitamente prevede l’uso di due farmaci; nel suo caso però fu usato solo uno e per quattro mesi Rose portò in grembo tessuti non espulsi. Al dolore di una perdita si sommò lo shock di aver portato, letteralmente, la morte in grembo. Rose inizia a scrivere, lo fa per salvarsi e guarire, lo fa per il bambino che non c’è più ed è così che prende vita See You at the Maypole, il suo lavoro più intimo e personale.

Seppur generato nato da avvenimenti traumatici il disco è leggero e colorato, perché l’intento di Half Waif è di infondere speranza, Fog Winter Balmsam Jane. Ognuno dei 17 brani sembra levitare sospeso in aria, in questo è stata fondamentale la produzione di Zubin Hensler, che nel disco suona anche la chitarra. Ogni brano, seppur impalpabile, possiede texture complesse, disegnate da violini, trombone, clarinetto, synth e dalle voci del coro newyorkese Khorikos che in Mother Tongue risplende luminoso. La voce di Rose è vibrante, eterea, Violetlight, libera da pesi che a volte rimanda alla malinconia di Adrianne Lenker o evoca Joni Mitchell. See You at the Maypole è un lavoro sofisticato, ma assolutamente squisito nella sua complessità.

Chiara Luzi


COLDPLAY – MOON MUSIC
(pop)

Il problema di quasi tutti i progetti pop più amati al mondo è quello di avere la necessità di continuare a piacere a più gente possibile, e, per questo motivo, ogni album è un insieme mal assemblato di canzoni che non c’entrano niente l’una con le altre, perché l’unica cosa che conta sono gli streaming e, per ottenerli, è fondamentale abbracciare il maggior numero di gusti musicali. Il nuovo disco dei Coldplay non fa eccezione e contiene almeno un brano per tutte le stagioni.

Ti piacciono i Coldplay dell’inizio? Ecco a te la title track e “Jupiter”; apprezzi il pop radiofonico che unisce morbidezza e vitalità? Puoi ascoltare “feelslikeimfallinginlove”, ma se preferisci quello più danzerecio c’è “Good Feelings”, e se non sai resistere alle contaminazioni, ecco “We Pray”. Sei più sofisticato e hai un debole per la musica con connotazioni ambient e spirituali? Per te abbiamo la canzone intitolata con l’emoji dell’arcobaleno. E via così, senza una direzione, senza che si capisca minimamente cosa ci fanno queste canzoni messe lì tutte assieme. Tra l’altro, le canzoni sono anche fatte tutte abbastanza bene, ma invece di essere un pregio, è un aspetto che fa arrabbiare ancora di più, perché dimostra che i Coldplay potrebbero ancora fare un disco di buona fattura e che abbia serie intenzioni artistiche, e invece no, tutto il talento è sprecato nella dedizione alle esigenze commerciali. 

Stefano Bartolotta


ALESSANDRO CORTINI – NATI INFINITI 
(progressive electronic, ambient)

Sequenze capaci di generare motivi che non si ripetono mai, infiniti. È questo il concetto al centro di “Nati infiniti”, il nono album di Alessandro Cortini, musicista elettronico e componente dei Nine Inch Nails. A distanza di tre anni da SCURO CHIARO, il sound designer bolognese torna con un lavoro che si sviluppa in 40 minuti, suddiviso in cinque movimenti e che nasce come installazione audio immersiva per la Fábrica da Moagem, un mulino in disuso trasformato in museo a Lisbona.

L’album, mixato e masterizzato da Marta Salogni (Björk, Depeche Mode, Lucrecia Dalt) dischiude tappeti drone e trame dark ambient che evocano stati d’animo profondi, una ricerca sonora fatta di sperimentazione in continua evoluzione proprio come l’animo umano, che ad ogni istante è capace di mutare forma, attingendo dal passato per poi superarlo. Una potenza espressiva sfruttata al massimo grazie a Strega, il synth semi-modulare che l’artista italiano ha progettato in collaborazione con Make Noise.

Uno strumento che gli permette una ricerca infinita di sintesi sonora, dove tempo, oscillazione e filtraggio si uniscono per creare flussi di suoni rarefatti in continuo decadimento, feedback distorti e armonie delicate come nebbie lontane. Un vortice capace di riportare a galla pensieri e immagini sepolte nel proprio inconscio. Un disco dal sound minimale e cinematico, un calderone potente fatto di droni che avvolgono e suggestioni che rapiscono. 40 minuti da metabolizzare lentamente lontano dal caos, un viaggio, in questo venerdì di uscite discografiche, da seguire ascolto dopo ascolto e in cui rispecchiarsi in completa trasparenza.

Greta Esposito


A PLACE TO BURY STRANGERS – SYNTHESIZER
(noise rock, post punk)

Da quando l’album di debutto omonimo è uscito nel 2007, gli A Place to Bury Strangers sono diventati la band di riferimento per appassionati di effetti e pedali per lisergiche distorsioni. La missione del frontman Ackermann è quella di tutelare la sua amata attrezzatura che integra la creatività invece di soppiantarla. Oltre agli intriganti e intricati sviluppi sonori, Synthesizer dimostra la capacità della band di trasformare le riflessioni e le difficoltà quotidiane in arte. L’oscuro, la depressione e l’ansia, si allineano bene con gli accordi disordinati e caotici. Le uscite discografiche del venerdì necessitano anche di oscuro ogni tanto. 

Giovanni Aragona


PUBLIC SERVICE BROADCASTING – THE LAST FLIGHT
(alt-pop)

Al quinto album, i Public Service Broadcasting mantengono ancora intatte le qualità messe in mostra fin dal loro EP di debutto del 2010. Parlo delle capacità di proporre musica quasi interamente strumentale che ha una rara capacità di arrivare dritta al punto, di risultare compatta e focalizzata, senza alcun segnale di auto indulgenza, senza svolazzi inutili o momenti interlocutori. C’è sempre e solo sostanza nella proposta dei PSB, anche grazie alla forte sensazione di freschezza e assoluta naturalezza nel mettere assieme le composizioni e alla capacità di rappresentare e mettere a fuoco al meglio il concept ogni volta scelto per dare il là alla realizzazione dei dischi.

In questo caso, l’ultimo volo del titolo è quello di Amelia Earhart, la pioniera dell’aviazione sparita in circostanze misteriose nel 1937 mentre stava tentando di diventare la prima donna a circumnavigare il globo. Le nove canzoni, come detto, sono tutti centri pieni e riescono nel loro scopo sia di rendere bene le possibili sensazioni di quell’ultimo volo, che di stare su da sole proprio come composizioni musicali, con ottime melodie e dinamiche sonore azzeccatissime. Gli interventi vocai di Andreya Casablancas dei Gurr, di This Is The Kit e di EERA impreziosiscono i rispettivi brani nel modo giusto e l’uso delle registrazioni d’archivio legate proprio a quella tentata impresa aerea dà ancora più concretezza ed eleva il livello di impatto nei confronti dell’ascoltatore. Davvero un ascolto intenso e rilevante in questo numero di uscite discografiche. 

Stefano Bartolotta


WILD PINK – DULLING THE HORNS 
(indie-rock)

In questo numero di uscite discografiche c’è ovviamente spazio (e tempo) per raccontarvi del quinto album a firma Wild Pink. Dulling the Horns è sofferto, ben suonato e a tratti anche troppo “sentito”. Ogni traccia vanta quel caldo suono riconducibile alla tradizione classica del rock fatta da chitarre luminose abbinate a riff di dilatati surfy, riverberi, pedali ondulatori e sax sospesi nel tempo e nello spazio. Un disco zeppo di nostalgia, sincero fin dalla sua apertura, coerente dall’inizio alla fine e già pronto per reggere un live (la sua dimensione ideale). Mettetevi comodi e sfogliate il vostro album di fotografie: troverete narrazioni quotidiane sospese tra la vita e la morte. 

Giovanni Aragona


MEMORIALS – MEMORIAL WATERSLIDES 
(experimental, psychedelic)

Dopo la coppia di colonne sonore del 2023, “Tramps!” e “Women Against The Bomb”, che già davano ottimi segnali per i quali tenerli d’occhio, Verity Susman (Electrelane) e Matthew Simms (Wire), pubblicano il loro primo vero album sfrecciando brillantemente sull’autostrada Broadcast/Stereolab, anche in questo 2024 affollata di bei titoli di cui vi abbiamo anche gia’ riferito (esempi lampanti, gli ultimi di The Soundcarriers e Beautify Junkyards.

Del gruppo di Tim Gane e Laetitia Sadier, con cui hanno girato in tour, si vantano a ragione di essere stati definiti i “gemelli cattivi”, ma tanti nomi si affollano alla mente durante l’ascolto del disco: tra avanguardia, pop,wave e psichedelia potremmo citare i Can come gli Yo La Tengo, gli onnipresenti Velvet come i Portishead e via discorrendo, in un sapiente e riuscito connubio di esoterico, visionario e surreale. “Lamplighter”, “Book Stall”, la lunga “I Have Been Alive” sono alcuni dei piu’ amabili di un viaggio da gustare dall’inizio alla fine e che inizia nel migliore dei modi. E che promette bene anche in sede live dove (fidatevi di chi li ha visti all’opera) hanno buone chances di imprimere meglio il loro nome nella vostra memoria.

Albino Cibelli


GODSPEED YOU! BLACK EMPEROR – NO TITLE AS OF…
(post rock)

Gaza, un orrore senza fine che non puo’ e non deve essere taciuto, un futuro sempre piu’pericoloso per il mondo intero e l’urgenza di comunicare il tutto con parole (poche, dirette) e un muro di suono che in 30 anni non ha mai perso in lirismo, comunicativa e in cruda, poetica e politica intensita’. Efrim Menuck e soci, nel loro ottavo capitolo lungo, volano alto artisticamente e penetrano piu’ a fondo umanamente tra mente e cuore, seminando semi di speranza sul finire del disco che ci si augura veder germogliare davvero presto, affinchè le armi tacciano e la ragione prevalga senza se e senza ma. 

Inevitabile e doveroso essere dalla loro parte, nel mentre un ringraziamento nasce spontaneo per un’opera degna di un encomio forte e deciso. E ci affidiamo alla vostra comprensione e alla vostra sensibilità e intelligenza se si è parlato un pò meno del solito di musica in queste righe all’interno del solito numero di uscite discografiche. 

Albino Cibelli


CARIBOU – HONEY 
(house)

Facciamo che, in queste uscite discografiche, ci siamo dimenticati di aver ascoltato l’ultimo album di Caribou? no, in realtà è stato il nostro primo ascolto del giorno e non possiamo non raccontarvi della sensazione di alienazione e disagio suscitata a margine dei primi minuti di Honey. Chi scrive, non solo adora questo professore canadese, ma ha trovato difficoltà nel poter esprimere un concetto lineare per raccontare Honey. 

Dan Snaith ha avuto una carriera accostabile a Benjamin Button: ha iniziato con la psichedelia bucolica prima di diventare un ragazzino adulatore delle piste da ballo di Ibiza. Ora, all’età di 46 anni, ha consegnato il suo album più deludente di sempre. Honey è un contenitore di house ed emo-tech che viene (tenetevi forte) supportato da una voce supportata dall’IA. Il punto è che qui l’intelligenza artificiale non è un partner creativo affascinante: quando la creatività umana è limitata si ha poco con cui lavorare.

Giovanni Aragona


ALTRI ALBUM USCITI OGGI:


TEMPLES – OTHER STRUCTURES EP
(alt-pop)


CUMGIRL8 – THE 8TH CUMMING 
(post punk, synth wave)


CLARENCE CLARITY – VANISHING ACT II: ULTIMATE REALITY
(glitch pop, art pop)


PHARMAKON – MAGGOT MASS 
(noise, industrial)


ORLA GARTLAND – EVERYBODY NEEDS A HERO 
(indie pop)


GEORDIE GREEP – THE NEW SOUNDS 
(jazz fusion, art rock)


CHUBBY AND THE GANG – AND THEN THERE WAS… 
(punk rock)


LEON BRIDGES – LEON 
(soul)


FINNEAS – FOR CRYIN’OUT LOUD 
(alt pop)


JAKE BUGG – A MODERN DAY DISTRACTION 
(songwriter, indie-folk)


YASMIN WILLIAMS – ACADIA 
(contemporany folk)


MAYA HAWKE – CLIPPED WINGS (EP)
(singer, indie pop)


ALISON MOYET – KEY 
(art pop, synth pop)


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