KING HANNAH – BIG SWIMMER
(art rock)
Uscite discografiche con un capolavoro. Abbiamo avuto la fortuna di ascoltare questo album in anteprima e lo abbiamo gustato e assaporato come quei cibi prelibati di cui non faresti mai a meno e di cui vuoi godere con estrema calma. Il secondo lavoro in studio dei King Hannah è il gioiello di questa settimana e, probabilmente, finirà tra i nostri migliori album del 2024. Hannah Merrick e Craig Whittle hanno preso uno zaino e hanno messo dentro pochi oggetti: sono partiti alla scoperta della loro dimensione. La band lo ha fatto intraprendendo il loro primo tour americano che li ha portati ad attraversare paesaggi nuovi ma anche terribilmente familiari.
Proprio come in un sogno, le percezioni sono state sovrapposte da una nostalgica immaginazione: i riff di Merrick e i riff sludgy di Whittle sono impregnati in punk rock ’70 e ’80 il tutto ben sostenuto da percussioni polverose radicate nel country e nel blues. L’album è intriso di una qualità importante, ipnotica, anche perchè le linee tra realtà e sogno si confondono. Il duo, in questa seconda scorribanda, abbraccia ancora di più la propensione per le atmosfere da film noir/onirico alla Lynch, e la produzione aggiunge sicuramente un bagliore di luce al chiaro di luna. Questo è un gran bel album che aggiunge un’esperienza di ascolto totale da cui immergersi dentro (nelle musiche) e fuori (dall’ambiente) con grande facilità.
MAYA HAWKE – CHAOS ANGEL
(art-folk, songwriting)
Al terzo album in studio, la ventiseienne Maya Hawke mostra inequivocabilmente di essere nel pieno controllo dei propri mezzi espressivi, fatti di melodie avvolgenti, arrangiamenti di classe e capaci di uscire dagli schemi quel tanto che basta per non risultare prevedibili ma allo stesso tempo non rinunciare a immediatezza e facilità d’ascolto, una voce dotata di buona espressività, magari non particolarmente caratterizzata ma che sfrutta una tonalità che si adatta facilmente a vesti musicali differenti.
Il disco è di buona livello e non mostra alcun punto debole, e questo vale sia per le singole canzoni che per come sono state mese assieme. Probabilmente il lavoro di un musicista esperto come Christian Lee Hutson, qui in veste di co-autore e produttore, ha avuto un peso importante nella riuscita dell’album.
Ormai è chiaro: Maya Hawke è un’artista che merita di godere del massimo rispetto da parte di tutti, senza che ogni volta che si parla di lei si cominci dal nome dei suoi genitori, che volutamente qui ometto proprio perché è giusto e doveroso concentrarsi su di lei.
(Stefano Bartolotta)
BERNARD BUTLER – GOOD GRIEF
(chamber-pop, songwriting)
Dopo gli ultimi 25 anni passati a fare musica con e per altri, Bernard Butler decide di tornare in proprio e fare musica a 360°, compresa la parte vocale. Coerentemente con i propri 54 anni di età, l’ex chitarrista degli Suede sceglie di proporre musica introspettiva e contemplativa, senza mai spingere sull’acceleratore e conferendo al suono un’impostazione quasi cameristica, con fiati, archi e pianoforte che hanno la stessa importanza delle linee di chitarra.
L’aspetto migliore del disco, quello che ne giustifica l’ascolto, è proprio la grande classe degli arrangiamenti, che risultano toccanti e voluttuosi, autentici pezzi di bravura ed espressione di un gusto indubbiamente superiore. Le note positive, però, finiscono qui: dal punto di vista melodco, infatti, non si notano particolari guizzi, e la voce non appare all’altezza di un suono così ben congegnato.
Del resto, se non ha cantato per tutto questo tempo, un motivo doveva esserci. In ogni caso, come detto, se si decide di ascoltare questo disco non si butterà via il proprio tempo, perché davvero un suono così non capita spesso e vale la pena dargli attenzione.
(Stefano Bartolotta)
BAT FOR LASHES – THE DREAM OF DELPHI
(dream pop)
Se avete voglia di procreare, questo è l’album che fa per voi. Bat For Lashes torna con questa carezza delicata e ben struttura che mette alla base un dream pop disincantato e delicato. Questo album mette in mostra la maternità e, più a dire, la figlia di Khan è l’ispirazione del lavoro. Dalla concezione, alla nascita e alla crescita seguiamo lo sforzo di Delphi e Khan per adattarsi, far fronte e godere di dispiegamenti all’interno delle parabole sonore. Queste sono canzoni sono poesie, alcune cantate, alcune strumentali, alcune così leggere che sono pronte per far addormentare i vostri pargoli.
AROOJ AFTAB – NIGHT REIGN
(ambient, chamber jazz)
Night Reign è il quarto album di Arooj Aftab, cantante, compositrice e produttore e suo debutto da solista per l’ottima Verve Records. L’artista disegna un lavoro che racconta la notte come patria del desiderio, della sua espressione e della sua libertà. Night Reign è un’illustrazione potente, sensuale e imponente della visione matura dell’artista. Rivela quanto sia ricettiva e persino vulnerabile agli spiriti dell’indagine creativa, della possibilità e della rivelazione.
ALAN VEGA -INSURRECTION
(post industrial, new wave)
Il sommo poeta e cantante dell’oscuro ha provato tante allucinazioni in carriera. Dai Suicide alla carriera solista ha attraversato l’industrial, l’avant-punk, il post punk, la new wave fino a sconfinare nel rockabilly e nella new wave industrializzata di Saturn Strip del 1983. Nemmeno la morte ha fermato il flusso di questo eroe. Dalla sua scomparsa nel 2016, ha continuato con progetti precedentemente persi, non completamente realizzati, forti come tutte le versioni della sua vita.
Co-prodotto da sua moglie, Liz Lamere, e dal suo collaboratore di lunga data Jared Artaud, Insurrection trova un Vega in versione lucidissima e incredibilmente malinconico nella sua profondità. Un tuffo nei meandri della psiche di un’artista incredibilmente unico in questa tenebrosa settimana di uscite discografiche.
BEAK> – >>>>
(experimental rock, post rock, krautrock)
Il quarto album in studio dei Beak> è giunto a sorpresa ed è un ritorno al dogma delle origini. Nove canzoni che dovrebbero essere ascoltate “come album, non come singole canzoni” recita il comunicato e le ragioni le si trovano nei 52′ dell’opera.
L’importanza uniformemente ponderata posta su ogni traccia senza predilezioni verso altre, dimostra un’assoluta consapevolezza verso questo lavoro maggiorata dal fatto che la band suonerà questo album come un set completo quando a novembre si imbarcherà verso il tour. >>>> è un album così ben prodotto che scivola tra le crepe nelle tue pareti e ti blocca entro i suoi confini. È il lato oscuro e pesante del prog e della psichedelia che sposa il post rock e il kraut, è un mezzo capolavoro insomma. Quest’opera viene risucchiata nelle lande psichedeliche e lisergiche più nascoste, decolla verso orbite lontane e si disintegra in musica concreta dadaistica. Capolavoro per questa bella settimana di uscite discografiche.
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