FATHER JOHN MISTY – MAHASHMASHANA
(songwriting)
Apriamo queste Uscite discografiche di questa settimana con uno dei lavori più attesi. E’ di nuovo in forma, dopo la fase un po’ annebbiata dell’ultimo “Chloe And The Next 20th Century” due anni fa (che era comunque un ascolto piu’ che piacevole, essendo il nostro tra i migliori talenti nel songwriting in piazza oggi).
Arrangiamenti ricchi ma mai ridondanti, verbosità nei testi un po’ piu’ criptici della media, ma sempre ben in grado di restituire fragilità e sfrontatezza, cinismo e dolcezza, ironia e malinconia e voce distintiva. Josh Tillman at his best, per chi lo ama e per chi no. Sontuoso in una title track iniziale subito da pelle d’oca, faccia da schiaffi il pezzo seguente con il rockaccio di “She Cleans Up”, marpione in “Josh Tillman And The Accidental Dose”, avvolgente in “Mental Health” e “Being You”, groovy e apocalittico alla sua maniera in “I Guess Time Just Makes Fools Of Us All”, speranzoso nelle avversità in “Screamland” e deliziosamente vintage nella finale “Summer’s Gone”.
Jonathan Wilson la solita sicurezza in sede di produzione, Alan Sparhawk gradito ospite a fare capolino in “Screamland”. Se non gli avete riservato un posto nelle classifiche di fine anno, beh, dovreste, al di la’delle simpatie personali.
Albino Cibelli
WARHAUS – KARAOKE MOON
(velvet-pop, songwriting)
Ammetto che il genere qui sopra me lo sono inventato di sana pianta, ma del resto non riesco a trovare un’etichetta migliore per questa nuova prova di Maarten Devoldere, leader dei Balthazar, con il proprio progetto solista Warhaus. L’ascolto, infatti, dà proprio la sensazione di musica che scorre sul velluto, con quel senso di morbidezza rilassata e raffinata che solo questo tessuto è in grado di dare. Warhaus srotola una serie impeccabile di melodie sfuggenti con la voce in perenne equilibrio tra cantato e recitato e le circonda con un sound elegante e rigoglioso come un giardino all’italiana, fatto di groove ritmici contagiosi e di interazioni lussureggianti tra tastiere e chitarre.
Aggiungiamoci delle perfette seconde voci a impreziosire ulteriormente il risultato, ed ecco a voi 42 minuti di coccole in movimento, capaci di far viaggiare la mente tanto quanto di far vibrare i sensi più terreni. Era dai tempi del miglior Destroyer che non si sentiva un lavoro in grado di puntare così efficacemente su una tipologia ben precisa di carisma, ovvero quello in grado di far sì che tutte le tensioni si sciolgano avviando un percorso verso la positività.
Stefano Bartolotta
MICHAEL KIWANUKA – SMALL CHANGES
(songwriting, soul, funk, indie rock)
Dopo una lunga attesa, in questa settimana di uscite discografiche, Michael Kiwanuka torna in scena con un ottimo album, morbidissimo, da colori caldi e texture ricche. Small Changes, quarto disco in studio dell’artista inglese, segna una piccola inversione di marcia rispetto a Kiwanuka, 2019, in cui sonorità psichedeliche e arrangiamenti sontuosi la facevano da padrone. In Small Changes c’è un ritorno alle piccole cose, alla semplicità; rimangono sempre i cori e le costruzioni orchestrali che, assieme a un’allure retrò, caratterizzano da sempre lo stile di Kiwanuka, ma il tutto è ricondotto a una dimensione più intima e privata.
Coadiuvato dalla produzione di Danger Mouse e Inflo, Michael Kiwanuka ha costruito un lavoro caldo, pieno di sfumature sonore che affondano radici nel soul, nel funk e nel l’Afro Rock. Sin dall’apertura si ha la sensazione di fluttuare, Floating Parade, i brani accarezzano l’ascoltatore e restano ben inchiodati in testa, crescendo di intensità a ogni ascolto. Oltre ai cori e all’orchestra, che conferiscono all’album un’aura cinematografica, la struttura è arricchita dall’hammond di Jimmy Jam e dal basso portentoso di Pino Palladino, Lowdown (partI). Da notare la presenza di una eco dei Pink Floyd Lowdown (part II) che ribadisce quanto Kiwanuka abbia la capacità di rielaborare influenze sonore in una maniera assolutamente sofisticata ed elegante. Small Changes è un ottimo disco che sicuramente continueremo ad ascoltare con piacere nei mesi a venire; la lunga attesa è stata ampiamente ripagata.
Chiara Luzi
KIM DEAL – NOBODY LOVES YOU MORE
(indie-rock)
Va detto subito, con tutto il bene che gli si vuole, che resta tanto a prescindere: nell’esordio solista di Kim Deal trovate buona parte della qualità che non trovate negli album dei Pixies, e tante sorprese. Ve l’aspettavate cosi’dolce nella title track o nella dedica alla madre di “Are You Mine?”, ad esempio? Forse si’, ma sentirla concretamente fa il suo effetto.
Ma c’è di tutto in questi 34 minuti, assemblati con calma nel corso degli anni (alcuni episodi sono datati, mentre l’album è stato registrato con Steve Albini buonanima nel novembre 2022): orchestrazioni inattese, richiami quasi mariachi, dissonanze e melodie in giusta alternanza. Insomma, anche se pare fuori luogo dire “chi ben comincia è a metà dell’opera” a un’icona indie rock come lei, l’ascolto ci dice che non è proprio cosi’. E restiamo già in attesa di ulteriori novità e di altre perline come “Crystal Breath”, “Summerland”, o “A Good Time Pushed”. A volte, la vita (artistica) ricomincia a 40 anni di carriera. Un buon lavoro in questa settimana ricca di uscite discografiche.
Albino Cibelli
SOAP & SKIN – TORSO
(songwriting)
E’opinione comune che un album di cover possa definirsi riuscito quando per un attimo o un po’di piu’ ci si dimentica degli originali: Anja Plaschg, alias Soap & Skin, aveva i numeri per fare bene e in fondo ci è riuscita, con l’equilibrio e l’intensità di cui è capace. Certo, dispiace un pò dopo sei anni di quasi totale assenza non ascoltare un nuovo lavoro di inediti, ma chi ha imparato ad apprezzare la cantautrice austriaca dall’ottimo esordio di 15 anni fa, “Lovetune For Vacuum”, prende di buon grado tutto quello che ha da offrire e fa bene.
Tra i migliori rifacimenti, si segnalano “Girl Loves Me” (forse una delle migliori cover a oggi del Bowie di “Blackstar”), una “Mystery Of Love” forse piu’ emozionale dell’originale di Sufjan Stevens, una rispettosa “Johnsburg,Illinois” dal repertorio di Tom Waits, e ancora le amate “Born To Lose” di Shirley Bassey e di “The End”che ovviamente omaggia The Doors e l’amata Nico che 50 anni fa esatti la reinterpreto’ per l’album omonimo: per chi ha sempre visto nella Plaschg una sorte di “erede moderna” della leggendaria cantante e modella, una scelta inevitabile e coraggiosa. Soap & Skin è notturna, matura, meno tormentata di un tempo probabilmente perchè madre, ma sempre convincente nelle sue vesti da “angelo nero” della musica indipendente odierna. Ora, speriamo solo di non attendere ancora molto per nuove canzoni di suo pugno.
Albino Cibelli
ALTRI ALBUM USCITI OGGI:
DEAN & BRITTA + SONIC BOOM
(alt rock)
POST NEBBIA – PISTA NERA
(indie-rock)
MARILYN MANSON – ONE ASSASSINATION UNDER GOD – CHAPTER 1
(industrial rock, glam rock)
BODY COUNT – MERCILESS
(rap metal)
KIT FLYNN – SONGS FOR THE LONELY
(art pop)
MOANING LISA – FAINTER
(alt rock)
BIBIO – PHANTOM BRICKWORDS (LP II)
(folktronica)
PAPA M – BALLADS OF HARRY HOUDINI
(americana, songwriting)
ISYGOLD – POPOGATAPEC
(songwriting, art pop)
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