18/02/2025
uscite discografiche - www.infinite-jest.it
USCITE DISCOGRAFICHE della settimana con gli album di Weather Station, Mac Miller, Giulia Impache, Alpaca sport e molti altri

THE WEATHER STATION – HUMANHOOD
(art pop, art rock)

Probabilmente questo disco avrà solo un problema: l’esser uscito troppo presto. HUMANHOOD è un album vivo, mutevole, imprevedibile e profondamente umano. Il disco di Tamara Lindeman cattura l’attenzione dalla prima traccia e lo fa proponendo e mettendo in pista emozioni crude e curiosa esplorazione verso il nuovo. Con le sue trame stratificate e i ritmi mutevoli, Humanhood rispecchia la confusione e il disagio degli ultimi anni. Attraverso questo lavoro, l’artista ci offre uno spazio per riflettere su un mondo che è intrappolato in uno stato di fuga in un mondo sonoro art rock delizioso. 

Giovanni Aragona 


ALPACA SPORTS – ANOTHER DAY
(indie-pop)

Tra le uscite discografiche di questa settimana, troviamo un gradito ritorno dalla Svezia. Dopo aver pubblicato tre album nel giro di cinque anni ed essersi conquistati un posto di rilievo nei cuori di ogni amante dell’indie-pop, gli Alpaca Sports si fanno risentire dopo quasi sette anni di assenza per il loro quarto lavoro sulla lunga distanza. Fortunatamente, il progetto musicale guidato da Andreas Jonsson non mostra alcuna ruggine e, anzi, dall’ascolto di queste canzoni si capisce quanto la band sia animata da una nuova linfa creativa, grazie alla quale i musicisti sono partiti dal repertorio passato per ampliare i propri confini musicali senza snaturarsi ma aggiungendo con coerenza nuove idee al proprio stile consolidato.

Infatti, nelle loro canzoni non c’era mai stata la presenza di armonie così complesse e piene come in “Break My Heart”, o un sound così scarno come in “Tonight”, o di un intreccio così serrato fra chitarre, tastiere e sezione ritmica come in “Always On My Mind”, che mette in mostra un’altra novità sotto forma di un timbro vocale femminile molto deciso. Si potrebbe andare avanti a elencare elementi nuovi quasi per ogni canzone, ma il punto fondamentale è che queste aggiunte rappresentano un miglioramento sostanziale e non un mero vezzo di produzione artistica.

Le canzoni, infatti, risultano più coinvolgenti, più ricche di spunti di interesse e allo stesso tempo ancora più immediate e facili da apprezzare, perché se è vero che spesso con l’indie-pop non ci sono vie di mezzo e se non lo ami, lo odi o quantomeno lo mal sopporti, in queste canzoni ci sono pregi che dovrebbero impressionare favorevolmente un ventaglio più ampio di appassionati di musica. 

Stefano Bartolotta 


GIULIA IMPACHE – IN:TITOLO
(art-pop, experimental)

Troviamo anche un album italiano di rilievo tra le uscite discografiche di questa settimana. L’esordio sulla lunga distanza di Giulia Impache, infatti, merita la massima attenzione perché dimostra come sia possibile fare musica sperimentale e ambiziosa superando il rischio di finire fuori giri e proponendo, invece, brani musicali sempre perfettamente a fuoco nella loro mancanza di aderenza a schemi precostituiti. Non serve nemmeno dilungarsi e rendere l’ascolto estenuante per potersi esprimere compiutamente in questo ambito artistico, perché questi dieci pezzi per trentotto minuti totali dicono tutto su quanto possa essere bello fare e ascoltare musica senza confini, locuzione talvolta usata per descrivere proposte pretenziose e sconclusionate, mentre qui va intesa nel suo significato più nobile.

Qui, infatti, l’amplissimo spettro di linguaggi musicali, tonalità vocali, gradi di pulizia, intensità e saturazione sonore, definizione melodica, dà sostanza a una proposta conturbante, avvolgente e trascinante, che stupisce non solo perché le idee sono tante, ma soprattutto perché sono tutte riuscite e condensate con un equilibrio e un’efficacia fuori dal comune. “Da sempre sono affascinata dal mondo della fantascienza, mischiato agli anime giapponesi e alla passione per l’epoca medievale e la musica antica” dichiara l’artista, e davvero queste poche parole sono probabilmente le migliori per capire cosa aspettarsi da questo ascolto, quantomeno dal punto di vista del contenuto, perché se parliamo di qualità, beh, che fosse così alta non era facile immaginarlo, e invece questo disco non ha nulla da invidiare ai due nomi più in vista in Italia per quanto riguarda l’ambizione, ovvero Iosonouncane e Daniela Pes. Non vi fate sfuggire questo gioiello.

Stefano Bartolotta  


PRISM SHORES – OUT FROM UNDERNEAT
(indie-rock)

Con le uscite discografiche di questa settimana passiamo anche dal Canada, non certo nuovo a debutti che fanno subito saltare sulla sedia chi ascolta. Onestamente, era un po’ che non accadeva e, quindi, ben venga questo primo album dei Prism Shores, da Montreal.

Loro si dichiarano come un progetto con un piede nel sound C-86 e l’altro nel primo shoegaze inglese, però il bello, viene quasi da dire lo sbalorditivo, delle creazioni musicali di questi ragazzi, è che la mescolanza di questi due ingredienti base è dosata in modo molto fantasioso e ispirato per ognuno dei dieci pezzi del disco, a tal punto che, un po’ come succede coi colori primari e quelli secondari, l’interazione porta alla luce ulteriori riferimenti, come ad esempio tutto quel filone rock statunitense che racchiude nomi come Lemonheads, Dinosaur Jr. e Superchunk, oppure quel cantautorato sonico che era stato ben rappresentato all’inizio di questo secolo da band di culto come Wrens e Lowgold, o ancora il lato più pop dell’indie targato foglia d’acero, come gli Stars e le canzoni più melodiche dei Broken Social Scene, fino a riprendere recenti sensazioni come Wunderhorse e Been Stellar.

Le canzoni sono una continua sorpresa e un’altrettanto costante emozione, con le chitarre come assolute protagoniste che svariano tra ruvidezza e pulizia e tra giri rotondi e rasoiate, sfruttando ottimamente il dinamismo delle loro stratificazioni; mettiamoci poi melodie pulite ma mai troppo facili e scontate, una voce molto espressiva e versatile e una sezione ritmica che sa essere muscolare o stare più in disparte a seconda delle necessità, ed ecco qui uno di quei debutti fulminanti che tanto piacciono a noi appassionati

Stefano Bartolotta


MAC MILLER – BALLOONERISM
(hip-hop)

Mac Miller ha lasciato questa terra da ormai sette anni, ma nonostante ciò abbiamo la fortuna di poter ancora ascoltare materiale inedito del rapper americano; esce oggi infatti Ballonerism, secondo disco postumo di Miller. Le origini dell’album risalgono al 2013-2014, periodo in cui il rapper pubblicava Watching Movies With The Sound Down e il mixtape Faces: in effetti per alcuni versi questo lavoro può essere considerato una sorta di estensione di quest’ultimo. Ballonerism è un disco complesso ma estremamente ben costruito, prodotto da Thundercat vede anche la presenza di Delusional Thomas e SZA che aveva lavorato con Miller proprio in quegli anni.

L’album richiede un ascolto attento perché meno immediato del precedente Circles, che arrivava all’ascoltatore in maniera più diretta ed emotiva. Le liriche trattano tematiche che ricorrono costantemente nei lavori di Miller, ma in questo caso riflettono un periodo particolarmente oscuro dell’artista. La morte, l’abuso di sostanze, il senso di perdita, la nostalgia per l’infanzia e il valore del denaro sono i temi su cui il disco è costruito. A livello sonoro Ballonerism è un incredibile intreccio di generi e suggestioni: Jazz, funk e neo-soul sono le basi da cui Miller parte per sviluppare un discorso musicale libero.

I brani sono articolati, si muovono su molti livelli attuando repentini cambi di registro, ma, nonostante ciò, dialogano perfettamente tra loro. Si passa dalle atmosfere dilatate e sognanti di Tomorrow Will Never Know, al funk solare di 5 Dollar Pony Rides, per arrivare alle sonorità sperimentali di Shangri-La. Seppur velato da malinconia il disco è arioso, restituisce la vitalità creativa di Miller in tutta la sua pienezza, al contempo porta con sé un manto di nostalgia per ciò che è andato perduto.

Chiara Luzi


DELIVERY – FORCE MAJEURE
(garage punk, post punk)

Album infarcito da tante note positive e qualche leggero svarione questo dei Delivery, giunti al loro secondo album in carriera a distanza di tre anni dall’album d’esordio. L’energia tagliente fuori della band ricorda piacevolmente quella dei Parquet Courts e questo dovrebbe già essere un ottimo biglietto da visita.  Se a questo sommiamo, poi, che il gruppo divide i doveri vocali tra voci maschili e femminili con grande coerenza dovrebbe ancor di più esser elemento distintivo piacevole, il gioco dovrebbe funzionare.

Funziona, vero, ma a tratti.  Perchè? perché nello stesso album si avvertono troppe cose diverse e troppe sono le sensazioni che ne scaturiscono: si passa da balli e canti, sorrisi, pianti, rumori e tamburi in maniera troppo frenetica e spesso senza una vera idea di fondo.  


ALTRI ALBUM USCITI OGGI:


ELA MINUS – DIA 
(electro pop)


THE GENTLE SPRING – LOOKING BACK AT THE WORLD
(indie pop)


JASMINE.4.T – YOU ARE THE MORNING
(alt rock)


KELE – THE SINGING WINDS Pt. 3’
(alt rock)


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