
STEVEN WILSON – THE OVERVIEW
(prog rock, art rock)
Apriamo questo numero di uscite discografiche con The Overview, in cui Steven Wilson osserva un ritorno alla forma. “Forma” intesa come programma spaziale in stile anni ’70 – in un perfetto equilibrio tra l’eccesso progressivo su cui ha costruito una base di fan e l’accessibilità pop per cui ha recentemente navigato.
Costruito attorno al concetto di “effetto panoramico”, l’album è strutturato in due suite, ognuna delle quali è una storia in miniatura con aperture ambientali, build rock, centri pop, picchi strumentali e spaziosi giri strumentali. Il disco funziona benissimo dall’inizio alla fine e Steven Wilson, in tante tracce, tocca delle vette compositive di qualità eccelsa e sopraffina. The Overview è una sintesi del suo intero arco artistico: dai Porcupine Tree versione space-rock alle deviazioni art-pop, un gioiello da custodire per anni.
Giovanni Aragona
BAMBARA – BIRTHMARKS
(noir, art-rock)
In quest’epoca sempre più improntata sulla necessità del tutto e subito, fa piacere la possibilità di raccontare storie come quella dei Bambara, trio di Athens, Georgia trapiantato a Brooklyn. I tre, infatti, hanno iniziato a suonare assieme nel lontano 2001, per poi dare vita ai Bambara nel 2007, iniziare a pubblicare musica solo dal 2013 e farsi conoscere pian piano da musicisti attenti come gli Idles e i Daughters che hanno voluto portarli con sé in tour tra il 2018 e il 2019.
E quando sembrava tutto apparecchiato per un salto in termini di notorietà, ecco arrivare la pandemia a complicare tutti i piani. Ma i tre non si sono dati per vinti, hanno ricominciato coi loro tempi ed ecco arrivare questo quinto album, dopo un silenzio discografico che durava proprio dal 2020. In passato, la musica del trio è stata definita come un incrocio tra noise-rock e post-punk, ma qui i confini si ampliano notevolmente e la mescolanza di stili è più che mai complessa e articolata.
I brani
Certo, l’impronta post-punk si fa ancora sentire in brani come “Letters From Sing Sing” e “Pray To Me”, con la loro struttura semplice e diretta e una spontanea immediatezza che non fa prigionieri, ma accanto a questi episodi ce ne sono altri decisamente più ambiziosi, come l’iniziale “Hiss”, dalla struttura concentrica, che attorno a un guscio fatto di robustezza sonora e vocale racchiude un nucleo che, invece, evoca delicatezza e introspezione, o una “Face Of Love” che accoppia in modo molto ardito ma vincente distorsioni in stile My Bloody Valentine periodo “Isn’t Anything” con un cantato che, per stile melodico e timbro vocale, ricorda gli Spandau Ballet (giuro che non sto scherzando).
Se, su 10 canzoni, già le prime quattro sono così interessanti e riuscite, l’ascoltatore è molto ben disposto per le successive sei, che comunque mantengono il livello sempre molto alto, tra groove irresistibili (più frontali in “Holy Bones”, sottopelle in “Dive Shrine”), struggente lirismo increspato di free-jazz (“Because You Asked”), epos al velluto (“Smoke”) e una conclusione al vetriolo affidata alla ficcante “Loretta”. In definitiva, un disco che emoziona e coinvolge dalla prima all’ultima nota e che, almeno al primo ascolto, si merita il massimo dei voti. Un gioiello in questa settimana di uscite discografiche.
Stefano Bartolotta
THROWING MUSES – MOONLIGHT CONCESSIONS
(indie rock, alternative rock)
È ruvido e minimale il nuovo capitolo della longeva carriera dei Throwing Muses. La band, attiva sin dagli anni ottanta, pubblica oggi il nuovo album in studio, Moonlight Concessions, un racconto fatto di musica polverosa ed estremamente malinconica. Il disco restituisce all’ascoltatore le suggestioni della natura cruda e brulla del sud della California, luogo in cui sono stati scritti i brani.
L’album, prodotto dalla cantante e chitarrista Kristin Hersh, segue il precedente Sun Racket, 2020, ma al contempo ne prende le distanze, spostandosi verso sonorità più acustiche. Per chi è cresciuto musicalmente negli anni ’90 è facile cogliere la presenza di sfumature grunge, ma la band di Newport conduce quelle sonorità verso orizzonti più vasti, Sally’s Beauty. I nove brani di Moonlight Concessions sono costruiti da chitarre aspre, e batteria acustica, Drugstore Drastic, spesso addolciti da commoventi archi, Theremini. La voce di Hersh, vellutata e consumata, è il centro di questo lavoro oscuro ed affascinante, che racconta frammenti di vita quotidiana, battute e conversazioni che avvengono mentre fuori tutto scorre. Moonlight Concessions è un disco eccellente, che testimonia la perfetta salute di una band che ha ancora molto da farci ascoltare.
Chiara Luzi
ALTRE USCITE DISCOGRAFICHE
CIRCUIT DES YEUX – HALO ON THE INSIDE
(art pop, darkwave)

COHEED AND CAMBRIA – VAXIS ACT III
(Alternative Rock, Progressive Rock)

COURTING – LUST FOR LIFE, OR…
(indie-rock)

PENELOPE SCOTT – WATER DOGS
(Bedroom Pop)

WHATEVER THE WEATHER – WHATEVER THE WEATHER II
(idm, ambient)
DJ ELMOE – BATTLE ZONE
(Footwork)

KEG – FUN’S OVER
(post punk)

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