Le Uscite Discografiche della settimana aumentano! Da questo numero, infatti, abbiamo pensato di ampliare la nostra selezione: oltre agli album più importanti di giornata verranno, a margine, inseriti anche altri album scovati dalla redazione. In quest’ultimo caso saranno scevri da recensione ma sostenuti unicamente da: giudizio tramutato in “stelline”, genere del disco e singolo. Buona lettura.
(la redazione)
THE JESUS LIZARD – RACK
(noise rock, post hardcore)
Apriamo questa ricca settimana di uscite discografiche con i seminali Jesus Lizard, tornati con un nuovo album a distanza di ben 26 anni dall’ultima opera in studio. Il tempo non sembra essere minimamente passato per il quartetto tornato in splendida forma con RACK, settimo album in carriera per la band guidata da David Yow. Al di là del fatto che i Jesus Lizard sono, senza nessuna ombra di dubbio, una delle band più influenti degli anni ’90, ciò che continua a colpire positivamente è la capacità di scrivere canzoni mai banali sempre sostenute da una solidità tecnica unica. Rack è semplicemente un disco perfetto: una masterclass di songwriting noise che non oscura mai l’energia esplosiva del gruppo. Nel corso di undici canzoni, la band spara energia assicurandoci che gli anni che sono passati non abbiano influenzato la loro capacità di scrivere brani intelligenti e avvincenti.
Le linee di basso che sostengono ogni traccia sono fenomenali, e sfruttano come sempre un suono pieno che funge da sfondo perfetto per riff martellati, oscuri e cavernosi. Al resto ci pensa YOW e il suo sconfinato carisma. In epoca di post punk sostenuto da Gucci, Versace e Armani, i Jesus Lizard tirano lo sciacquone e mandano nelle fogne tantissime band odierne.
Giovanni Aragona
NADA SURF – MOON MIRROR
(indie-rock)
Nelle uscite discografiche di questa settimana, gli amanti del connubio chitarre-melodia, come me, possono trovare quel disco da mettere in loop quando si ha voglia di stare bene senza troppi pensieri. Del resto, i Nada Surf sono ormai da tempo una delle certezze più solide in questo ambito, e non tradiscono nemmeno questa volta. Le chitarre spingono senza esagerare ma col giusto mordente; la sezione ritmica dà il giusto tiro, o la giusta cadenza, a seconda delle necessità; la strumentazione aggiunta conferisce alle canzoni un’orecchiabilità che non suona mai come artificiosa, ma, al contrario, contribuisce alla sensazione di assoluta genuinità data dall’ascolto.
La voce di Matthew Caws ha ancora quell’intensità e quella riconoscibilità che l’hanno fatta amare da molti appassionati in quasi trent’anni di esistenza della band; i testi, infine, sono davvero sentiti e si capisce chiaramente che Caws sta parlando col cuore in mano, esponendo senza remore come deve sentirsi un artista ormai vicino al sessantesimo compleanno che è ben consapevole dei problemi ma non vuole farsi sopraffare da essi, rimanendo convinto che sognare e pensare in grande sia comunque l’approccio giusto alla vita. Non stiamo parlando di niente di miracoloso e molto probabilmente non troveremo questo titolo nelle classifiche di fine anno, ma per fortuna dischi così esistono ancora e accanto alle nuove leve, ci sono ancora questi veterani a tenere alto il vessillo dell’indie-rock, anzi, probabilmente è proprio per la loro presenza costante che sono aumentate le giovani band interessate a questo genere.
Stefano Bartolotta
FLOATING POINTS – CASCADE
(tech house, elettronica, IDM)
Trovate un personaggio come Floating Points capace di suonare praticamente tutto e vi stringeremo la mano senza indugi. Fatta questa dovuta premessa vi raccontiamo di Cascade, disco che viene partorito a margine di uno degli album elettronici più affascinanti dell’ultimo decennio (Crush) e all’ambizioso progetto in collaborazione con la London Symphony Orchestra del 2021 per un disco pieno di atmosfera classica. Sempre difficile far meglio ma Samuel Shepherd è tornato alle sue radici con un disco pieno di elettronica accecante. Cascade non presenta sassofoni delicati o momenti minimalisti, e certamente non sarà una semplice colonna sonora. È molto più scuro, più denso e più ballabile di qualsiasi sforzo più recente di Shepherd, ma altrettanto allettante.
Giovanni Aragona
DALE CROVER – GLOSSOLALIA
(experimental rock)
Tanta grinta in questa settimana di uscite discografiche. L’energia scanzonata del songwriting di Dale Crover trova la sua formula migliore in questa nuova scorribanda solista intitolata Glossolalia. Lo storico batterista dei Melvins (ma anche dei Nirvana per un breve periodo) raccatta Tom Waits, TY Segall e Kim Thayl dei Soundgarden tra tutti, per impacchettare questo delizioso album sperimentale che mette da parte la cavernosità del sound dei Melvins e abbraccia un suono vario e sperimentale. Chitarre dissonanti e sintetizzatori, mantengono coeso un album ricco di spunti e piacevole. Glossolalia consolida la capacità di Dale Crover di creare album ben bilanciati e distintivi come artista solista.
Giovanni Aragona
LONDON GRAMMAR – THE GREATEST LOVE
(elettro-acustica, songwriting)
Ho sempre ritenuto i London Grammar un gruppo che, pur non inventandosi niente, è in grado di muoversi molto bene all’interno dei confini musicali che si è scelto. Nel 2013 la band era sulla bocca di tutti, poi man mano l’hype si è dissolto, ma in verità non erano dei fenomeni prima così come non erano dei signori nessuno dopo. Semplicemente, hanno fatto le cose con coerenza e idee chiare e hanno sfruttato come meglio non si sarebbe potuto la splendida voce di Hannah Reid e la capacità di creare melodie capaci sia di catturare l’attenzione dell’ascoltatore che di scorrere via con grande naturalezza.
Non essendo certo qualità che si trovano molto facilmente, il trio ha ben pensato di valorizzarle con arrangiamenti elettro-acustici non certo innovativi ma funzionali per dare allo scheletro delle canzoni la massima resa. Ecco, di solito quando si indugia nella presentazione generale della band e non ci si addentra nel contenuto del disco di cui si sta parlando, vuol dire che detto contenuto è di scarso valore, ma in questo caso non è così, e se mi sono dilungato nell’introdurre i London Grammar, è semplicemente perché questo loro quarto disco ha gli stessi pregi e difetti degli altri, e quindi, onestamente, non c’è molto da dire. Anche con queste nuove canzoni, rimangono un gruppo che non si meritava la popolarità esagerata di 11 anni fa, ma nemmeno la scarsa considerazione che hanno subito recentemente. “The Greatest Love”, infatti, è un lavoro ben scritto, prodotto, suonato e cantato e chi deciderà di ascoltarlo non si pentirà certo della scelta.
Stefano Bartolotta
TRENTEMØLLER – DREAMWEAVER
(shoegaze, dream pop, synth rock)
Trentemøller torna alle origini in questo suo nuovo album. Abbandonati i suoni ambientali torna a fluttuare con un disco infarcito da sonorità shoegaze e leggere trame dream pop. Dreamweaver è un disco spiazzante capace di squarciare l’anima: uno shoegaze che ci ha riportato agli anni ’90 in un tempo in cui la musica è stata creata da una mano umana, abbozzata e creata per spostare i cuori, forse anche per disintegrali. Un disco che assorbe tanto dal passato ma che, al contempo, incanala i suoni direttamente nel futuro, rimanendo fresco e senza tempo.
Giovanni Aragona
TINDERSTICKS – SOFT TISSUE
(chamber pop)
Più di 30 anni di carriera senza quasi mai nessuna particolare sbavatura per gli ormai seminali Tindersticks giunti al loro tredicesimo album in carriera. Gli anni passano ma i Tindersticks continuano ad allungarsi e contorcersi in molte direzioni pur mantenendo e costruendo quei tappeti sonori piacevolmente oscuri e terribilmente cinematografici. Soft Tissue è l’ennessima buona prova: il suono è più spoglio del passato, vero, ma gli arrangiamenti sono ancora pieni di intensità.
Giovanni Aragona
SUKI WATERHOUSE – MEMOIR OF A SPARKLEMUFFIN
(indie pop, indie rock, dream pop)
A distanza di due anni dal suo buon esordio, I Can’t Let Go, Suki Waterhouse torna a pubblicare musica nuova e lo fa con un lungo album dal singolare titolo, Memoir of a Sparklemuffin (per la cronaca lo Sparklemuffin è un coloratissimo ragnetto ballerino). Sin dall’opener, Gateway Drug, brano disegnato da chitarre distorte ed energetiche, Waterhouse mette in chiaro che questo album va oltre il delicato pop, ma è un lavoro contaminato ed eterogeneo. L’ascolto di Memoir of a Sparklemuffin è gradevole: i diciotto brani, forse un po’ troppi, spaziano tra sonorità dream pop e chitarre dal richiamo rock, Big Love, navigando su atmosfere old fashion, stile Lana Del Ray, e ruvidità lo-fi, Model, Actress, Wathever.
L’artista inglese usa lo spazio del disco come se fosse una sorta di memoir, in cui racconta la propria crescita personale, condividendo con gli ascoltatori le fragilità e le incertezze personali. Memoir of a Sparklemuffin è un buon secondo lavoro, composto da pezzi a cui è facile rimanere attaccati dopo pochi ascolti; il merito di Waterhouse è quello di aver avuto l’audacia di superare le barriere sicure del pop.
Chiara Luzi
ROBYN HITCHCOCK – 1967 VACATIONS IN THE PAST
(songwriting)
Con il volume “1967: How I Got There And Why I Never Left”, ci ha narrato di come il quattordicenne abbia ricevuto l’illuminazione che gli ha cambiato la vita e che continua a ispirarlo ed entusiasmarlo oggi, magnifico ultrasettantenne che veleggia verso il mezzo secolo di onoratissima carriera. Con l’accompagnamento discografico qui presente,prevalentemente suonato in acustico, mr.Hitchcock fa quello che da sempre gli riesce meglio: godersela, snocciolando un classico dietro l’altro con divertimento, passione e rispetto, per tre quarti d’ora quasi del tutto privi di effetto nostalgia.
Fra i brani di Kinks, Move, Hendrix, Traffic, gli immancabili Fab Four e via cantando, l’inedito “Vacations In The Past” che si camuffa bene tra i classici non avendo la pretesa di diventarlo a sua volta, dando solo una piccola riprova dell’entusiasmo instancabile del Nostro, narratore ammaliante, sublime “custode della fiamma”, songwriter a cui essere solo e unicamente grati.
Albino Cibelli
SARAH DAVACHI – THE HEAD AS FORM’D IN THE…
(ambient, drone)
Uscite discografiche con il drone targato Sarah Davachi che in questa sua nuova opera imbastisce un disco basato sulla sprima musica da chiesa. Sette brani in 1 ora e mezza in cui perdersi, affondare e riemergere in suoni ipnotici provenienti da altra dimensione temporale e prodotti da una gamma di organi a canne da chiesa che risuonano in un continuum che potrebbe essere il manifesto del principio di autoconsistenza di Novikov
Giovanni Aragona
USCITE DISCOGRAFICHE| 13 SETTEMBRE
ALTRI ALBUM
NÏLUFER YANYA – MY METOD ACTOR
(indie rock, art rock)
PORCHES – SHIRT
(slacker rock)
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LADY BLACKBIRD – SLANG SPIRITUALS
(soul jazz)
COLIN STETSON – THE LOVE IT LOOK TO LEAVE YOU
(post-minimalism, dark ambient)
CHILLY GONZALEZ – GONZO
(Experimental Hip Hop)
THE MYSTERY LIGHTS – PURGATORY
(garage rock, psych rock)
NICK LOWE – INDOOR SAFARI
(Singer-Songwriter, Power Pop)
SNOW PATROL – THE FOREST IS THE PATH
(britpop)
ALLEGRA KRIEGER – ART OF THE UNSEEN INFINITY MACHINE
(indie-folk)
FOXING – FOXING
(Post-Rock, Midwest Emo, Emo rock)
LUNAR VACATION – EVERYTHING MATTERS…
(jangle pop, dream pop)
GINGER ROOT – SHINBANGUMI
(bedroom pop)
STARS IN COMA – WE WERE ALREADY ISLANDS
(indie-pop)
MOTORPSYCHO – NEIGH!!
(psych folk)
GURRIERS – COME AND SEE
(alternative rock, noise rock)
DEADLETTER – HYSTERICAL STRENGTH
(alternative rock)
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