TOdays Festival 2022 | Il report della rassegna

Torino capitale della musica con una nuova edizione di TOdays Festival. La rassegna si è svolta dal 26 al 28 agosto 2022.

09:58:08  – 01/09/2022



Il report di TOdays Festival 2022

26 agosto

Si accendono i riflettori su TOdays Festival 2022 e, per il secondo anno di seguito, Infinite Jest è media partner dell’evento. Sposiamo in pieno il progetto, la lungimiranza, la tenacia e la capacità di Gianluca Gozzi e del suo staff, portatori sani di idee e innovazioni in un periodo storico denso di incertezze. Anche quest’anno teatro dell’evento è Spazio 211, angolo verde di una città sempre più in forma e rivitalizzata dalle numerose iniziative culturali. 

Il nostro primo giorno al TOdays è stato funambolico e accattivante. Abbiamo visto il giovane hawaiano Eli Smart in sostituzione degli americani Geese, suonare in maniera lineare e senza sbavature particolari. Emozionato ma ben calibrato, raffinato e ben supportato dalla band, l’artista ha ben condensato nella sua oretta suoni tropicali Hawaiiani e la grinta soul della scena musicale del nord del Regno Unito.

Il tempo di una veloce birra, e di scambi di opinioni con amici e colleghi, è il turno degli Hurray for the Riff Raff, capitanati da Alynda Segarra (sempre più nella fisiognomica somigliante all’indimenticabile Julee Cruise). Un set molto robusto e senza sbavature in un concetto di “nature punk” – che ha mescolato suoni africani e synth rock. Piccola nota stonata a margine: qualche squilibrio nei volumi ha penalizzato l’interezza sonora. 

Il prima serata offre una succosa doppietta: Black Country, New Road e Tash Sultana. Sui primi: tecnica sopraffina, versatilità e ampiezza di suoni i punti di forza. Qualche dubbio resta dopo l’uscita dalla band di Isaac Wood. Il gruppo perde la vocalità istrionica e ricca di pathos dello storico frontman. Da apprezzare il comparto sonoro: la ricetta free jazz e math rock, specie dal vivo, funziona sempre e la band crea mondi sonori disegnati da fantasie pop barocche, con la stessa facilità nel quale noi sorseggiamo fresche birre per contrastare l’umidità.

Di Tash Sultana ci ha colpito la capacità di creare un tappeto musicale continuo e senza intermittenze. Una loop station, uno psych rock fresco e istrionico, e un live decisamente calibrato. Non siamo particolarmente fan dell’artista ma non ci siamo minimamente annoiati.

27 agosto

La seconda giornata inizia con l’incertezza meteo. Gli Squid aprono le danze alle 18:45 puntuali proponendo un live robusto e deciso. La band sembra nata sul palco e in pochi credono al fatto che il quintetto di Brighton abbia realizzato un solo disco in carriera pubblicato lo scorso anno.  Bright Green Field viene presentato per intero: piglio post-punk e flussi sonori post-rock che si dilatano anche attraverso complesse linee di  jazz. Un live perfetto per questi ragazzi già veterani. 

L’età si fa sentire e, per ammirare le Los Bitchos, preferiamo il prato (o meglio il terriccio) al sottopalco. Scelta saggia visto le sonorità rilassanti e il set delicato proposto dalle “Khruangbin rosa”. Un set accattivante e un pubblico partecipe in questa vasta gamma di prodotti sonori che hanno attraversato il surf-rock, circumnavigato la cumbia argentina, sfiorato la chicha peruviana e dirottato verso la psichedelia turca. Una festa collettiva tanto rassomigliante ai matrimoni di fine estate nel Sud Italia anni ’80. 

Al calar delle luci va in onda una pellicola di David Cronenberg. Potrebbe esser questo il manifesto anticipatorio del live dei Molchat Doma. Il terzetto bielorusso giunge a Torino per presentare ‘Monument’, ottimo terzo disco pubblicato da “Quei bravi ragazzi di Sacred Bones” due anni fa. Con la batteria programmata, traccia dopo traccia, ogni suono si è mescolato in un intero sogno ipnotico. Una kafkiana e al tempo stesso cupa discesa agli inferi post-punk capace di farci riassaporare i primi anni ’80. Presenza scenica notevole scandita dalle luci dei fulmini, emozionante.

Chiude la seconda giornata French Kiwi Juice, meglio conosciuto come FKJ. Un set ammiccante senza dubbio che ha entusiasmato il foltissimo pubblico rimasto nonostante la pioggia. Nu Jazz in salsa elettronica suonato magistralmente da questo giovanotto capace di suonare praticamente qualsiasi cosa passasse sotto naso. Perfetta la simbiosi con gli archi, delicatezze e pioggia per un finale di altissima qualità. 

28 agosto

Il giorno che tutti aspettavano. Una splendida mattina tra le vie del centro torinese e via, puntuali, direzione Spazio 211. Fila massiccia ma ben fluida già dalle 17 e di corsa alla conquista del sottopalco in attesa del primo live di giornata che vedi impegnati gli scozzesi Arab Strap, autori del miglior album dello scorso anno per la redazione di Infinite Jest. 

Alle 18:45 Aidan Moffat e soci salgono sul palco accolti dall’ovazione del gremitissimo pubblico presente. Dai primissimi accordi, consegnati alla stupenda The Turning of Our Bones, ci ricordiamo che c’è sempre stato qualcosa di incredibilmente intimo nella musica fatta dalla band, e stasera ne abbiamo avuto la conferma.

Dai confessionali notturni non filtrati di Aidan Moffat alla strumentazione di Malcolm Middleton,  la sensazione è quella di osservare delicatamente le pagine del diario di qualcun altro. Moffat e Middleton sono supportati da altri tre musicisti quando suonano dal vivo, aggiungendo grintose chitarre al resto del set. Il live degli Arab Strap è la meraviglia fatta in musica: un’affascinante e cosciente esplorazione di una meravigliosa esperienza onirica. Superlativi.  

Un veloce Pit-stop ed ecco salire sul palco i DIIV. Dopo aver pubblicato l’ottimo Deceveir nel 2019, ed aver annullato svariate tappe italiane, tanta era l’attesa attorno alla band originaria di New York. Zachary Cole Smith e soci intelaiano un live perfetto. Il gruppo è maturato così tanto da quando sono entrati in scena per la prima volta, e la loro presenza sul palco mostra quanto ormai siano interconnessi tra loro.

Nessuna banda sembra portare la torcia dell’alt-rock anni ’90 come DIIV. Dal suono grunge del loro album di debutto, Oshin al loro ultimo Deceiver – che evoca riferimenti  shoegaze alla My Bloody Valentine – quella sensazione di ritorno al passato ha sempre fatto parte del loro fascino. Solo a fine concerto ci ricordiamo di essere nel 2022 e l’illusione degli anni ’90 viene dissipata in breve. Perfetti.  

Se per Quasimodo l’avvento della sera è sinonimo di cattivi presagi, per i presenti, il prime time del TOdays, offre i brillanti Yard Act, vera rivelazione di questa edizione. Possibile assistere ad un live brillante di una band che ha all’attivo un solo album? la risposta è assolutamente si.

James Smith (voce) e Ryan Needham (basso) hanno formato la creatura Yard Act nel 2019, e da quando hanno aggiunto Sam Shjipstone (chitarra) e Jay Russell (batteria) alla line-up e hanno contestualmente sfornato una serie di singoli nitidi e satirici, sono emersi come una delle band più eccitanti del momento. 

Ciò che distingue gli Yard Act alle molte band appartenenti alla scena revival post-punk (in cui si sono trovati raggruppati) è la loro capacità di fare un punto sullo stato del mondo senza prendersi troppo sul serio. Pur essendo una band relativamente nuova, gli Yard Act hanno raccolto un bel po’ di fan: il pubblico presente non è solo partecipe, ma è folto come mai visto nei giorni precedenti. Imprevedibili, ammalianti, ben centrati e con un frontman veramente totale, il live degli Yard Act ha saputo ben mescolare il caos alla capacità di impacchettare un concerto solidissimo. La vera sorpresa del Festival.

Il gran finale è consegnato ai Primal Scream, band capace di far catapultare in quel di Torino pubblico giunto in massa anche dalla lontanissima Sicilia. I 30 anni di Screamadelica vanno degnamente festeggiati anche se il pubblico rimarrà, a margine della serata, parecchio scontento causa poca presenza di brani del disco in scaletta. Possiamo assolutamente immedesimarci in tutti i 60enni presenti convinti di rivivere i loro 30 anni per 1 ora. 

Alcuni avevano persino portato i loro figli per far sperimentare loro i Primal Scream e tutto ciò che avevano raccontato su notti come queste. Sbirciando le scalette che hanno preceduto Torino, Screamadelica qui è in effetti poco presente. Bobby Gillespie ha infatti preferito piazzare un revival globale di una carriera. A parte qualche indecisione vocale, qualche incomprensione con il mixer e qualche nota slegata da chitarre troppo frenetiche, il live dei Primal Scream chiude degnamente una bellissima edizione.

Dispiace una cosa: a margine dell’evento troppe sono state le lamentele circa la tracklist della serata. A noi, invece, è interessato altro che perfettamente si lega con la filosofia di TOdays: il live dei Primal Scream potrebbe essere un concerto che guarda indietro a un periodo di sano divertimento del rock britannico, ma ha dimostrato anche che Bobby e soci continuano ad essere la voce di una generazione che ha avuto una speranza di rivalsa e a distanza di 30 anni nulla è cambiato. Ci vediamo il prossimo anno.

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