The Cure – 4 novembre, Forum di Assago (Mi)

Lo scorso venerdì si sono esibiti al Forum di Assago i Cure dopo sei anni, Robert Smith, Simon Gallup, Jason Cooper, Roger O’Donnell, Perry Bamonte, hanno regalato ai fan più di due ore e mezza di concerto e una scaletta composta da ventisette brani.

11:10:28  – 07/11/2022



Cure e il grande ritorno in Italia

Cure hanno terminato il 4 novembre in un Forum di Assago sold out, le quattro tappe italiane del loro “Lost World Tour”, è stato un venerdì “in love” con la band britannica che rimane ancora un vero culto dopo più di quarant’anni di carriera, attraversando incuranti nuove mode e nuovi suoni, rimanendo sempre fedeli al loro inconfondibile mix in cui si incontrano new wave, rock, malinconia dark e pop.

Tra i vari “Grazie mille” e i “Vi amo”, Robert Smith, nella seconda parte del concerto, si è preso del tempo tra un pezzo e l’altro per raccontare un aneddoto. Forse vi potrà sembrare una cosa inventata, ma vi giuro che è vero…, ha esordito. Quando avevo sei anni avevo un amico italiano, e avevo iniziato a parlare la vostra lingua… fluentemente

Una delle loro formazioni migliori 

C’è Robert Smith, con la sua voce precisa e pulita, che non è invecchiata di un’ora, sorridente e in nero con l’inconfondibile trucco da clown triste e i capelli scapigliati e casuali che di corvino hanno solo il ricordo. Una maschera che non è personaggio ma “persona”, proprio come scrive Oscar Wilde, “l’uomo è meno sé stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera, e vi dirà la verità”. Nonostante i suoi sessantatré anni, Smith è ancora un frontman mostruoso. Capace di tenere con il fiato sospeso più di 13 mila spettatori.

Con lui c’é il fedelissimo Simon Gallup, nei Cure dal ’79, Jason Cooper alla batteria, Roger O’Donnell alle tastiere e Reeves Gabrels alle chitarre. La sorpresa, davvero funzionale al sound della band, è il ritorno dopo 17 anni del polistrumentista Perry Bamonte che si mette a disposizione del progetto sonoro alternandosi tra synth, tastiere e chitarre.

Tra brani iconici e inediti

Ad aprire il concerto del Forum sono gli scozzesi Twilight Sad, band scelta dallo stesso Smith come supporto a questa tournée. In uno show infinito, diviso in tre atti, la band ha suonato canzoni dai suoi album più iconici, come DisintegrationWish, da segnalare l’esecuzione di “Faith canzone di chiusura dell’omonimo terzo disco, brano che il gruppo inglese non eseguiva dal 2011, ma anche quattro inediti che faranno parte del prossimo album.

Nuovo album intitolato Songs of the lost world, che si aspetta da 14 anni: “Alone“, “Endsong“, “And nothing is forever” e “I could never say goodbye“, quest’ultima dedicata ai recenti lutti familiari di Robert Smith, che dopo padre e madre ha anche perso il fratello nel 2019, a cui hanno aggiunto a sorpresa “A fragile thing” (“Non l’abbiamo mai suonata prima d’ora. È una canzone nuova” ha detto dal palco il frontman). Questi inediti fanno davvero ben sperare nel valore del prossimo disco e che lo stesso Smith, in un’intervista di qualche anno fa, aveva descritto come “oscuro e dolente”.

I grandi classici

Con una scaletta di ventisette brani attinti dallo smisurato repertorio che ondeggia tra brume dark e post punk, concludono con “Boys Don’T Cry”, tra le urla del Forum di Assago in delirio. Robert Smith è rimasto sul palco a lungo a salutare e ringraziare i fan, congedandosi con un: “Ci rivedremo”. Si gioca tutto sulle immancabili dilatazioni sonore, fitte stratificazione di suoni, accordi che nella ripetizione continua diventano ossessivi e ipnotici.

La ritmica è fatta dei tamburi precisi di Cooper e, soprattutto, del basso pneumatico di Gallup, suonato sulle ginocchia. Momenti indimenticabili “Push” e “A Forest” in cui l’inquietudine ancestrale si fa scurissima e angosciosa in una performance da incorniciare. Se il primo set si chiude con una cavalcata noise in cui si affiancano pezzi di storia del rock come “From the Edge of the Deep Green Sea” e “One Hundred Years”, il secondo set regala la sorpresa di «Disintegration», per la prima volta in scaletta nella tranche italiana della tournée. Il tutto immerso in un’atmosfera cupa e onirica. Risultato ottenuto anche grazie a una scenografia mozzafiato in cui effetti sonori, luci e grafiche di foreste macabre di ragni giganti, chiese e luna park abbandonati che hanno amplificato l’imponenza della loro performance.

Friday I’m in Love

Si giunge così all’atto finale, quello più atteso. E mentre si aspetta l’ultimo trionfale ingresso della band sul palco, il Forum si unisce in un coro di applausi e grida che la chiamano a gran voce. Due ore non sono abbastanza, si vuole ancora continuare a sognare. E i Cure, prontamente, ci accontentano. 

Entrano con le loro chitarre e bacchette e aprono così un finale memorabile, infilando uno dietro l’altro i sette brani che più li hanno resi famosi. LullabyThe WalkFriday I’m in LoveClose to MeIn Between DaysJust Like Heaven e Boys Don’t Cry, interpretate tutte d’un fiato mentre il pubblico si scatena mostrando il loro affettuoso amore. I sei membri sul palco si muovono con grandissima maestria. E, senza esitazione, si tuffano a capofitto negli strumenti. A ogni canzone, Smith imbraccia una chitarra differente.

Conclusasi questo emozionante concerto, Robert Smith resta l’unico sul palco, timido di fronte alla folla che gli è rimasta sempre fedele negli anni, e che incessantemente lo acclama con gli applausi. Lui, dolcemente si muove da una parte all’altra del palco. Si inchina con profonda umiltà e, con estrema gratitudine, aggiunge: “Ci rivedremo presto”, e noi, con il cuore pieno di gioia, non possiamo che accogliere questa promessa con gratitudine.

Si conclude così un’avventura che ha segnato i presenti, facendogli provare brividi ed emozioni. Una notte piena di momenti nostalgici, di ricordi passati che riaffiorano prepotentemente sulle melodie di pezzi memorabili. I Cure hanno fatto piangere e ballare contemporaneamente tutto il pubblico che è stato caloroso dal primo istante in cui sono entrati, continuando anche dopo che si è chiuso il sipario.

Cristina Previte


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