25/04/2024
Stephen Malkmus negli ultimi tempi pare inarrestabile: dopo l’ottimo 'Sparkle Hard' del 2018 e 'Groove Denied' del 2019 torna con un disco

 

 

 

Etichetta: Matador
Genere: indie-folk
Release: 28 febbraio

10:57:21  – 16/03/2020

Stephen Malkmus negli ultimi tempi pare inarrestabile: dopo l’ottimo Sparkle Hard del 2018 in piena continuità coi suoi lavori di sempre (non a caso in compagnia dei fidi Jicks) e lo spiazzante Groove Denied del 2019 in cui dava sfogo alla sua vena più electro/eighties, arriva il terzo disco in soli tre anni, che segna un ulteriore passo stilistico, puntando dritto alle sonorità psych-folk dei primi ’70.

Traditional Techniques suona come una sorta di lato B o raccolta di outtakes del disco del 2018. Non che lo sia davvero, ma ne ha tutto il sapore. È interamente registrato in acustico, ospitato quasi per caso nello studio di Portland dal suo amico Chris Funk (polistrumentista nei Decemberists), subito dopo aver inciso Sparkle Hard. Raccoglie undici semplici pezzi in cui a dominare sono le atmosfere soffuse e la voce rassicurante di Malkmus. La chitarra acustica è riverberata il giusto a evocare calore e familiarità, quasi a disegnare l’immagine di un’alcova protettiva in cui ritrovare se stessi.

Sembrerebbe confermarlo un pezzo come What Kind of Person, in cui troviamo il leader dei Pavement più morbido che mai, avventurarsi in un’inaspettata descrizione della naturalezza di certe relazioni. Ad essere protagoniste del disco, però, non sono solo certe tematiche, ma l’avvolgente magma dei suoni che sembra provenire da culture lontane impregnate di ascetismo e contemplazione, su tutte ACC Kirtan e Shadowbanned, con tanto di flauti, sitar e qualsiasi altra diavoleria orientale. A contribuire pesantemente in questo senso è la presenza del musicista afgano Qais Essar e quella alla chitarra di Matt Sweeney (di recente con i Tinariwen) che non manca di piazzare un assolo in perfetto stile desert-blues all’interno di un brano dalla struttura classica come Xian Man, trasfigurandolo completamente.

Se nel complesso il disco non colpisce più di tanto dal lato strettamente musicale, quello che impressiona è la non scontata ispirazione di Stephen Malkmus. Continua a tirar fuori pezzi assolutamente piacevoli e ben costruiti, con una maestria e una naturalezza tali da farci pensare che saranno ancora tanti i suoi dischi capaci di farci tornare a casa, a ritrovare l’abbraccio di un vecchio amico sgangherato. Esattamente come fa questo, con poche, semplici, Traditional Techniques.

Patrizia Cantelmo 

 

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