18/02/2025
starsailor milano - www.infinite-jest.it

photo: Alex Mallozzi

In un novembre di concerti affollato, l’Italia può finalmente godersi il ritorno dal vivo degli Starsailor nella prima tappa a Milano

In un novembre di concerti affollato quasi come normalmente capitava prima della pandemia, l’Italia può finalmente godersi il ritorno dal vivo degli Starsailor, che mancavano da ben 15 anni, complice anche il rallentamento della produzione in studio della band. Il quartetto capitanato da James Walsh ha iniziato il proprio soggiorno nel Bel Paese da Milano, per proseguire poi a Torino, Livorno e Roma.

Non era facile prevedere l’affluenza alla Santeria, non tanto per il valore della band, ma perché, come detto, i concerti in programma questo mese sono davvero molti, ed è normale che gli appassionati debbano fare delle scelte. Non sono in grado di quantificare il numero delle presenze, visto che mi sono posizionato tra le prime file e non avevo, quindi, una visione complessiva della sala, ma posso dire per certo che si è respirato un bel clima e le persone che c’erano hanno fatto di tutto per riempire l’atmosfera con la loro presenza e la loro voce.

Dedizione da veterani

Anche perché la band, che si è presentata sul palco in cinque con il chitarrista aggiunto Tony Foster, ha fatto subito capire ai fan di essere venuta qui per fare le cose sul serio. Osservare questi musicisti da vicino mentre effettuano la loro performance è stato particolarmente illuminante, perché era molto evidente la loro applicazione e la cura maniacale di ogni dettaglio in fase di esecuzione. La proposta degli Starsailor non viene certo vista come un esempio di tecnicismo esasperato o di particolare complessità, ma anche per fare musica diretta e immediata non si può lasciare niente al caso e non si può contare solo sul proprio talento.

Bisogna, infatti, stare attenti a tutto, curare ogni minimo particolare, metterci voglia, impegno e calarsi completamente in ciò che si sta facendo. Questi concetti vengono troppo spesso dimenticati da noi che ascoltiamo, convinti che per chi sta suonando il divertimento sia l’aspetto principale, invece la professionalità è parimenti importante ed è maledettamente serio e difficile performare al massimo ogni sera per tante sere di fila quando si è in tour.

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photo: Alex Mallozzi

Band e pubblico si stimolano a vicenda

Onestamente, trovo sempre sbagliato quando i musicisti si lamentano col pubblico della scarsa partecipazione, perché devono essere loro i primi a far scattare la scintilla, e se lo fanno nel modo giusto, il pubblico non può non seguirli. Come detto, gli Starsailor si sono subito presentati sul palco con l’atteggiamento giusto, e la gente è andata loro dietro senza alcuno sforzo. Com’era normale che fosse, le canzoni storiche hanno suscitato reazioni molto più evidenti rispetto a quelle del disco nuovo, ma per tutti i 90 minuti di live, i fan non hanno mai mancato di far sentire la propria presenza, spinti dall’esecuzione impeccabile e sentita dei propri idoli, e più la gente reagiva bene, più il quintetto alzava il livello.

Il culmine si è avuto con il micidiale quartetto “Tie Up My Hands”, “Tell Me It’s Not Over”, “Silence Is Easy”, “Four To The Floor”. A quel punto, non c’era una singola persona ferma e zitta, ma tutti agitavano le braccia e cantavano in qualche modo. Certo, chi non c’era deve immaginarsi che comunque il pubblico non ha perso completamente la compostezza tipica dell’età media dei presenti, in mezzo tra i 40 e i 50 anni, ma siccome anche gli anni di nascita dei cinque sul palco sono più o meno gli stessi di quelli in platea, alla fine eravamo tutti sulla stessa lunghezza d’onda e l’atmosfera è stata a dir poco idilliaca.

Un continuo confronto tra passato e presente

Dal punto di vista delle canzoni suonate, apprezzo sempre quando una band mostra di credere nelle nuove composizioni e assegna loro dei posti rilevanti in scaletta. Gli Starsailor hanno fatto proprio questo, iniziando sia il set principale che gli encore con brani dell’ultimo album e intervallando sempre con discreta frequenza i tuffi nel passato con il proprio presente, prima del quartetto di brani citato. Ne è nato, di conseguenza, un confronto continuo, che, come detto, ha visto il passato prevalere per quanto riguarda il riscontro dei fan, ma non dal punto di vista dell’impatto e della resa esecutiva.

Dal palco, infatti, le varie “Into The Wild”, After The Rain” e “Better Times” non hanno avuto nulla da invidiare ai mostri sacri suonati prima e dopo di loro, e se la gente le ha accolte con meno calore, è solo perché le conosce meno e non ha con loro lo stesso legame di una “Alcoholic” o una “Fever”. Soprattutto “Better Times” è stata uno dei momenti più alti del live, anche perché è stata ben introdotta da James, che ha fatto capire al meglio l’importanza di sperare in, appunto, tempi migliori.

Le anime buone rendono la vita migliore

È un po’ lo stesso messaggio sotteso alla canzone più amata degli Starsailor, quelle che chiude ogni loro concerto, e quindi anche quello di cui sto parlando. Si tratta, naturalmente, di “Good Souls”, ed è stato bellissimo riprovare dopo tanto tempo la sensazione di andar via da un live di questo gruppo di anime buone con la consapevolezza che, qualunque cosa possa succedere, ci sarà sempre qualcuno in grado di rendere migliore la nostra vita. Speriamo che non debbano passare altri 15 anni per la prossima volta.

Stefano Bartolotta


La scaletta 

Into the Wild
Poor Misguided Fool
Alcoholic
After the Rain
Way to Fall
Fever
Better Times
In the Crossfire
Keep Us Together
Lullaby
Where The Wild Things Grow
Tie Up My Hands
Tell Me It’s Not Over
Silence Is Easy
Four to the Floor

Heavyweight
Good Souls


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