Semantica trip hop
I Massive Attack da Bristol debuttarono nel fatidico 1991, anno chiave per le sorti del rock alternativo mondiale. Con un esordio come Blue Lines, la band ha avuto il merito di tracciare il solco dentro al quale si collocheranno tutti gli stilemi più tipici di quello che verrà definito trip hop. Il Bristol-sound è un mix di musica da ballo (dub e elettronica britannica per bianchi) e musica nera (echi di soul, hip hop e addirittura jazz), con una spruzzata di psichedelia. Ritmiche lente e sinuose, claustrofobiche e al contempo attraenti e sensuali. Dopo Protection, uscito nel 1994, la cui titletrack va annoverata tra i migliori brani del gruppo e tra le migliori ballate dell’anno (con Tracey Thorn degli Everything But the Girl alla voce), il gruppo è ormai maturo per dare alle stampe il proprio capolavoro, Mezzanine, che uscì il 20 aprile 1998, esattamente 22 anni fa.
I brani
Il disco è un successo clamoroso di pubblico e di critica, ed entra di diritto nel novero dei dischi più importanti del decennio. In un panorama d’oltre manica dominato dal brit pop, il trio composto da Robert “3D” Del Naja, Grant Marshall (“Daddy G”) e Andrew Vowles incornicia un disco storico. Ma se nel capolavoro dei concittadini Portishead (Dummy), il genere era declinato nella sua versione onirica e rarefatta, femminile e cerebrale, qui la tavolozza di sfumature si arricchisce di una componente più urbana e paranoica, ipnotica e “sensoriale”. Mezzanine si imporrà come l’album in assoluto più identificativo del genere. Il trip hop diviene qui narrazione romantica/gotica (l’apripista Angel), muscolosa ed alienante (Risingson, Man Next Door), depravata e tribale (la memorabile Inertia Creeps), notturna (Dissolved Girl).
Meritevole di una citazione a parte Teardrop. Il secondo singolo è sicuramente il brano più noto dei nostri, uno dei tre pezzi del disco in cui presta la sua splendida voce Elizabeth Fraser, già lead vocalist degli scozzesi Cocteau Twins. Il brano è innodico, raffinato, ma popolare quanto basta per inondare gli ascolti anche dei non appassionati del genere (complice un video indimenticabile, dove è un feto a cantare la canzone).
Il disco vive di dicotomie e giustapposizioni continue che lo strutturano e lo intelaiano. Per iniziare, il bianco e il nero della copertina sono anche metafora dei due mondi musicali che il disco unisce. La musica americana di origine black e quello della musica ballabile per bianchi. C’è poi la più fondante delle bipolarità. Mezzanine è un caleidoscopio di rimandi al passato e citazioni, dalla wave inglese ’80 allo ska, dalle chitarre e batterie rock, alle sezioni ritmiche sintetiche. Il risultato diventa un amalgama che diviene manifesto di un nuovo genere destinato a rimanere nella storia. L’ inquietudine urbana post moderna è contemporaneamente racconto intimista di interni. Le pause e l’andamento sincopato sfociano sempre in un rilascio di tensione improvviso e deflagrante (in questo l’apri pista Angel è magistrale).
Un prima, ma anche un dopo
Il gruppo darà seguito al suo capolavoro solamente cinque anni dopo con 100th Window, mentre sette anni separano quest’ultimo da Heligoland, del 2010. Pur mantenendosi su un livello qualitativo altissimo, i Massive Attack non riusciranno più a riproporsi in questo assoluto stato di grazia. A ventidue anni di distanza, certo è che tra tutti i sottogeneri del rock alternativo degli anni 90, il trip hop, nel suo essere apparentemente anti eroico ed esteticamente “anti rock”, almeno secondo l’accezione comune, ne risulta di gran lunga il più attuale e meglio invecchiato. E Mezzanine, che del trip hop è enciclopedica narrazione e, insieme, accessibile punto d’accesso, rimane uno degli ascolti chiave di quel decennio, e non solo.
(Nicolas Merli)
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