‘Quiet is the New Loud’: l’elogio alla semplicità dei Kings of Convenience

Quiet Is the New Loud è il primo album pubblicato dai Kings of Convenience, uscito il 29 gennaio 2001 per l’etichetta Astralwerks.

10:10:41  – 31/01/2023



 

Ritrovarsi

Sul finire degli anni ’90 Erik Glambek Bøe e Erlend Øye fanno ritorno nella loro città natale, Bergen, dopo aver trascorso un periodo della loro vita all’estero. Entrambi avevano tentato, separatamente, di portare avanti progetti musicali senza però ottenere risultati eccelsi. Quando i due  si trovarono di nuovo capiscono che i tempi sono maturi per provare a fare musica assieme. È in questa maniera così naturale e immediata che nascono i Kings Of Convenience, band che avrebbe fatto della semplicità la propria bandiera.

La scia della lentezza

Dopo un primo finto esordio nel 2000, la pubblicazione di un disco omonimo uscito solo in Usa e in Canada, Bøe e Øye debuttano realmente l’anno seguente con Quiet Is The New Loud, che li catapulta sulla scena mondiale con discreto clamore. L’album, prodotto da Ken Nelson (Badly Drawn Boy, Coldplay), trova forza nella delicatezza e nei paesaggi sonori eterei che, a loro volta, rimandano a quelli reali e cristallini del Nord Europa.

Composto in parte da brani che costituivano il primo finto esordio, Quiet Is The New Loud si prefigge di creare un nuovo alfabeto melodico che possa spiccare in mezzo al frastuono. In realtà i primi anni duemila videro svilupparsi una tendenza musicale che, a prescindere dal genere, prediligeva la lentezza per dare vita a situazioni sonore morbide costruite su beat soffici. Aderendo a queste coordinate, i KOC si collocano in un macro scenario dominato dalla pacatezza in cui gravitavano band come Koop e Zero7, che avrebbero esordito proprio nel 2001 con Simple Things. 

Minimalismo

L’album si presenta come un classico disco acoustic-folk, che fa l’occhiolino alle suggestioni di Belle & Sebastien o Nick Drake, pescando fra le elegantissime e calde atmosfere che rimandano ad alcuni brani degli Style Council, Singing Softly To Me. Bøe e Øye riescono a elaborare queste ispirazioni dando vita ad un personalissimo accento sonoro che li renderà riconoscibili e differenti da tutti gli altri. In Quiet Is The New Loud non ci sono eccessi, tutto è misurato, non ci sono storture: gli arpeggi di chitarra e il piano delicato governano con precisione la direzione di ogni brano. Anche quando la batteria o gli archi fanno incursione, Toxic Girl, si adattano perfettamente alla leggerezza generale.

In un contesto in cui tutto è ridotto al minimo anche le voci, perfettamente armonizzate, si muovono su un registro sobrio. Non ci sono variazioni, sia che il  brano sia più solare, Failure, o estremamente cupo, The Passenger, il disco si sviluppa tutto entro dei limiti ben definiti. Il minimalismo è la caratteristica che marchia a fuoco questo album in cui anche i testi sono diretti.

I drammi personali, la codipendenza (Winning a Battle, Losing the War), le relazioni complicate sono raccontate senza troppi giri di parole; si arriva subito al nocciolo della questione, perché in fin dei conti la verità è già lì, basta solo togliere il superfluo per afferrarla, ‘I realized that the one you were before / Had changed into somebody for whom I wouldn’t mind to put the kettle on”.

Conclusioni 

Al contrario di quello che si possa pensare Quiet Is The New Loud non è per nulla un disco noioso, riesce ad affascinare proprio perché facile da ascoltare. Bøe e Øye hanno la capacità di forgiare melodie caldissime che imprigionano l’ascoltatore in una malinconia gentile. Ma c’è un piccolo tallone d’Achille. In tutto questo mare calmo si percepisce la mancanza di una leggera spinta che avrebbe permesso ai brani di avere uno slancio in più.

Questa scossa sarebbe arrivata solo col disco seguente, Riot On An Empty Street, più maturo e consapevole. Con questo lavoro i KOC hanno saputo gettare le basi del loro sound e al contempo hanno aperto un piccolo varco che altri artisti simili, come Josè Gonzalez, avrebbero utilizzato per uscire finalmente allo scoperto.

Chiara Luzi


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