Pixx – Small Mercies

 

 

Genere: Synth Pop / alternative rock
Release: 7 giugno
Etichetta: 4AD


La minuta e ordinata casa di bambola dall’atmosfera magrittiana raffigurata sulla copertina di Small Mercies, contiene al suo interno tutti gli elementi narrativi di questo ottimo secondo disco della giovane Pixx, i quali, come in un rebus, trovano un loro senso man mano che si va avanti nell’ascolto dell’album.

Uscito il 7 giugno per 4AD, questo lavoro arriva due anni dopo l’eccellente esordio synth pop di The Age of Anxiety. Hannah Rodger, muovendosi con grandissima naturalezza tra synth, elettropop, suggestioni anni’80 e chitarre grungy, conferma il suo talento ed esplora il concetto di amore nel suo più alto significato.

Conseguentemente alla sua esperienza in una scuola cattolica ultra conservatrice, la Rodger sente ora la necessità di sviluppare un dialogo sull’identità e sulla ricerca di una dimensione personale – Wake me up and take me out, I’ll be somebody’ canta nella quasi grunge Bitch – che un ambiente asfittico e miope ha impedito di elaborare. Incalzanti ritmi new wave sono presenti in quasi tutto il disco e trovano lo sviluppo massimo in Small Mercies e in Disgrace, in cui la voce si fa cupa, quasi a sottolineare il soffocante senso di colpa che solo un tipo di religione miope è in grado di provocare – ‘We didn’t know what to say / We had nothing to confess that day / please excuse me, I’m a disgrace.

È l’amore che nella sua forma più intensa e devota potrà in qualche modo fornire le risposte di cui c’è bisogno. Ma per raggiungerlo occorre compiere un grande atto di fede (non necessariamente religiosa) e di coraggio per poter aprire quelle tende che nella morbida Blowfish sono ancora chiuse. Nonostante l’intensità degli argomenti, Small Mercies è uno di quei dischi dotati di magnetismo, capaci di coinvolgere già al primo ascolto e rendendo di fatto impossibile mollarlo fino all’ultima nota dell’ultimo pezzo.

Chiara Luzi

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