‘Oh, Inverted World’, il primo album degli Shins già entrato nella storia

Oh, Inverted World è il primo album degli Shins, pubblicato da Sub Pop Records nel 2001 e prodotto da James Mercer.

11:36:49  – 19/06/2021


Garden State

Nell’affrontare questa rivisitazione di Oh, Inverted World, il primo storico album degli Shins, ho pensato a lungo a che spazio avrei voluto e dovuto dare a questa ormai celebre scena di Garden State e sono giunto alla conclusione che parlare di questo album senza parlare di questo pezzo di pop culture ad esso collegato sia ormai impossibile; che le due cose siano ormai in qualche modo inestricabili.

Il film in questione, scritto e diretto da Zach Braff, esce nel 2004, quando ormai Oh, Inverted World ha già da tempo ricevuto l’approvazione della critica e del grande pubblico che lo ha scoperto. Non è quindi certo Natalie Portman a rivelare al mondo la sua esistenza, eppure questa scena, per tutta una serie di ragioni, resta tutt’ora in dialogo con questo disco più di qualsiasi altro film o serie che ne abbia preso in prestito la musica.

La sola esistenza di questo album la dobbiamo ad una scena che non deve essere stata così tanto diversa da quella nel film. Siamo alla fine degli anni ’90, e James Mercer, frontman dei Flake, crea un nuovo progetto del quale avere il pieno controllo: un ultimo tentativo di fuggire da una Albuquerque che ormai, alla soglia dei trent’anni, si era trasformata in una sorta di prigione.

Nascono così gli Shins, e tramite i Modest Mouse, per cui aveva aperto qualche data con l’altra band, Mercer riesce a far arrivare un demo alla Sub Pop Records, in un passaggio di testimoni che possiamo ritrovare in tante storie di band del tempo. Ah, chiaramente nel demo c’è proprio New Slang, la traccia che si sente nella scena di cui sopra.

Le tante facce degli Shins

Parte dell’appeal di questa traccia, del motivo per cui così tante volte è stata usata per presentare la band, sta nella sua intro, così semplice ma al tempo stesso di una bellezza quasi ipnotica e che ti costringe ad ascoltare anche il resto, in maniera simile ad un libro la cui prima frase è sufficiente a tenerti incollato fino all’ultima pagina.

Il motivo in falsetto ondeggia delicato e sembra quasi venire da lontano, per farsi più vicino poco a poco insieme al resto della strumentazione, con Mercer che canta la fine dei vent’anni in una Albuquerque statica, stagnante e piena di gente contenta della propria vita monotona e ripetitiva, una prospettiva che invidia e schifa al tempo stesso. Questo desiderio di fuggire dalla vita ordinaria della piccola città di provincia e di tagliare tutti i rapporti con una realtà con la quale non ha punti d’incontro è il tema centrale del disco e ne possiamo trovare traccia all’interno di quasi tutti i pezzi.

La perfetta fotografia dei primi 2000

New Slang è senza dubbio un pezzo molto bello ma è soltanto una faccia del sound degli Shins di Oh, Inverted World. All’interno degli snelli ed essenziali 33 minuti di questo album, la band passa dal ritmo lento e post-prandiale di Weird Divide, servito su un letto di armonie vocali sommesse e un pochino sinistre, al synth martellante e giocoso che si mischia con il falsetto di Mercer in Girl on the Wing, al continuo saliscendi di accenti vocali in Girl Inform Me, una tra le tracce dell’album che fa venire subito in mente i Beach Boys per il piglio vivace e spensierato, che caratterizzerà anche tante altre tracce future della band.

Nonostante gli Shins non inventino nulla di veramente nuovo in questo disco, riescono però ad amalgamare bene velocità e mood differenti. In un album che per certi versi non è soltanto la fotografia della scena indie-rock del tempo e specchio della vita di Mercer,  chissà quanti come lui sono stati animati dallo stesso senso irrefrenabile di evasione dalla propria realtà.

Matteo Cioni

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