‘O’ di Damien Rice: un disco che ha riscritto le regole del cantautorato

O è il primo album in studio di Damien Rice, pubblicato il 1º febbraio 2002. Il titolo è un riferimento al romanzo Histoire d’0.

23:23:48  – 31/01/2022


Una fattoria in Toscana accende la scintilla della magia irlandese

Damien Rice è nella seconda metà del suo terzo decennio di vita. Fa parte di una rock band, i Juniper, che sta ottenendo un discreto successo. Ma qualcosa non gli torna, e a un certo punto capisce cosa: non ne può più dei compromessi tipici delle dinamiche di un gruppo e vuole lasciarsi tutta quest’esperienza alle spalle. È così che Damien si ritrova in Toscana a lavorare in una fattoria.

Ci rimarrà per il classico anno sabbatico e, dopo aver fatto un po’ di busking in giro per l’Europa, tornerà in Irlanda con lo stato mentale che voleva, ovvero libero da qualunque legame col passato, per ricominciare da capo seguendo unicamente le proprie regole. A tal punto che, anche quando avrà in mano il disco che, giustamente, sarà destinato a farlo conoscere al mondo, lo farà distribuire solo un anno dopo rispetto alla pubblicazione, che è avvenuta il primo febbraio 2002. Certamente, tutti i lettori, come del resto io stesso, ricollegano il disco al 2003, ma, appunto, è solo perché l’autore aveva troppa paura di dover ancora sottostare a compromessi se avesse avuto un’adeguata distribuzione.

Dodici musicisti per esprimere l’anima di una sola persona

Ciò non significava, necessariamente, dover far musica da solo, ma, appunto, gli bastava semplicemente poter fare quello che voleva ed esprimere compiutamente se stesso, e se avesse trovato altri musicisti disposti a seguire i suoi dettami senza discutere, gli sarebbe andata più che bene. Ed ecco che i musicisti arrivano, e sono tanti: nel disco di debutto hanno suonato il 12, eppure mai per un momento ci si immagina il disco come l’espressione di una band.

Queste 10 canzoni sono al 100% la rappresentazione di Damien Rice non solo come musicista o come autore di canzoni, ma anche, se non soprattutto, come persona, una persona che, semplicemente, non riesce mai del tutto a farsi scivolare addosso le cose, e assorbe ogni esperienza di vita come una spugna, pronto a imparare lezioni ma anche in difficoltà nello staccarsi dal dolore, dalla rabbia e dalla nostalgia.

Una ricerca musicale che ha il solo scopo di amplificare le emozioni

Troppo spesso, il concetto di ricerca musicale viene visto come un qualcosa di volutamente troppo complesso, di solipsistico, di lontano dalle vere emozioni umane. Questo disco, semplicemente, cambia questa narrativa in modo definitivo, perché nessuno può sognarsi di dire che qui non ci sia ricerca musicale e, allo stesso modo, nessuno può minimamente dubitare della forza emozionale di queste canzoni.  

Questo disco è un addio forte e chiaro all’idea che, per mettersi davvero a nudo, si debba fare musica da menestrelli solitari, e il fatto che tutti questi musicisti abbiano assorbito in modo così osmotico la personalità di chi li guidava è un vero e proprio incantesimo, purtroppo destinato a durare poco. Dopo questo, infatti, ci fu un solo altro disco, l’altrettanto magico “9”, poi un litigio in tour tra Damien e Lisa Hannigan, la persona più importante del gruppo, non solo per motivi musicali, fece crollare il castello.

L’0 di Damien Rice è avvolgente, magnetico e commovente

Ma questa è un’altra storia, e non è questo il tempo di chiedersi cosa sarebbe potuto succedere se la magia fosse rimasta più a lungo. Qui bisogna solo celebrare un disco indimenticabile, capace di rapire l’ascoltatore dal primo all’ultimo secondo e in grado di lasciare una traccia indelebile nel cuore di chi lo ascolta anche solo una volta.

La voce di Damien e gli azzeccati interventi di Lisa giocano un ruolo molto importante, ovviamente, e lo stesso si può dire dei testi che cantano, capaci davvero di far saltare un battito nel cuore di chi vi si immerge. Gli stati d’animo descritti sono diversi e le scelte musicali, come detto, sono poste in un ventaglio molto ampio, ma è davvero impossibile pensare, come prima cosa, a un’analisi critica quando si ascoltano queste canzoni. Si pensa solo a chiudere gli occhi e a lasciarsi andare, e solo dopo ci si rende conto che le raffinatezze tecniche, vocali e letterarie sono il mezzo che porta questo disco a colpire così tanto nel profondo.

Viene da chiedersi, anche ora che il disco compie vent’anni, quanto ci sia di razionale nel modo in cui Damien e i suoi hanno dato concretezza alla personalità del loro leader, e quanto, invece, ci sia di semplicemente inspiegabile, di dovuto a connessioni che non possono essere spiegate a parole. Ci sono senz’altro entrambe le componenti, e non sapremo mai le percentuali, la cosa importante è lasciarsi avvolgere, magnetizzare e commuovere da un disco unico e incredibile.

Stefano Bartolotta

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