‘Misery is a Butterfly’, l’affresco notturno post-moderno dei Blonde Redhead

Misery is a Butterfly, anima e corpo 

Deve essere stato difficile per i Blonde Redhead realizzare il seguito di Melody of Certain Damaged Lemons. In un continuo ripercorrere di medesimi nodi tematici e narrativi, mediante raffinati giochi di complicità e alchimia ben consolidata, il suono dei Blonde Redhead è andato costituendosi nel tempo come un organismo molto articolato ma coerente.

A contraddistinguere la band è l’intertestualità sonora sempre accattivante e ben ragionata. I vari richiami e i contrappunti che derivano dai quattro album precedenti costruiscono il vero storyworld di Misery is a Butterfly.

A dirigere l’orchestra c’è Guy Picciotto dei Fugazi, uomo capace di realizzare, pezzo dopo pezzo, una storia sonora credibile e a tratti struggente. Il cuore del disco (pubblicato il 15 marzo del 2004) è da ricercarsi in un’acuta e sofferta riflessione sul tema dell’incomunicabilità e della sostanziale solitudine con cui, nonostante la disperata e costante brama di amore, ogni essere umano è inevitabilmente destinato a scontrarsi in un contesto alienante e spersonalizzante di una società individualista.

Tale sensibilità procede in una direzione di forte drammaticità. Misery is a Butterfly è un diario segreto su cui appuntare la fugacità dei sentimenti. La ragione dei testi è l’alta manifestazione dell’anima e i suoni sono l’alta manifestazione del corpo.

Iconografie sonore 

Misery is a Butterfly è un dirompente affresco notturno della post-modernità esistenziale. Il dramma psych pop perfetto che disegna traiettorie iperboliche capaci di squarciare l’anima. Elephant Woman, Messenger, Falling Man, Melody e le ultime Pink Love e Equus, compongono un perfetto melodramma.

Il disco si regge su due pilastri: la capacità di Kazu Makino di misurare ogni “battito cardiaco” e la bravura di Amedeo e Simone Pace di creare specchi sonori. La palpabile drammaticità che viene creata dalle trame sonore del trio porta inevitabilmente a scorgere e percepire ciò che altrimenti sarebbe impalpabile: l’interiorità di un gruppo che ha messo sempre a nudo la propria sensibilità.

I suoni sono come canalizzati in un vortice di specchi e il risultato non è più un semplice articifio ottico ma un mezzo per comprendere la psicologia della band. I Blonde Redhead di Misery is a Butterfly (come nella tradizione espressionista) inventano mondi, deformano e creano tanti piccolissimi frammenti. 

(G.A)

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