Le migliori uscite discografiche della settimana – 6 marzo –

13:20:34  – 06/03/2020

La settimana in corso è quella che passerà alla storia per il blocco delle attività dovute al virus Covid 19 che sta interessando anche il nostro paese. La nostra speranza è che la situazione possa evolversi al meglio e al più presto. La musica, oggi più che mai, sta accompagnando ancor di più le nostre giornate e in questa settimana sono veramente tanti i dischi di cui vogliamo parlare. In cima alle nostre preferenze piazziamo US Girls, Anna Calvi che rivisita il suo ultimo disco, l’EP d Tricky, Stephen Malkmus e Caroline Rose. Tra gli italiani il nostro focus è concentrato su Paolo Benvegnù e Birthhh. Prestate infine attenzione a Honey Harper , DISQ, Phantogram, Cornershop, e Jonathan Wilson. Per gli amanti dell’hip hop ecco CJ Fly.

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Patrizia Cantelmo, Chiara Luzi


U.S. GIRLS – HEAVY LIGHT
(alt pop)

Dopo aver sfornato l’ottimo In a Poem Unlimited l’attesa era veramente alta. Vi diciamo subito che resterete piacevolmente colpiti anche da questo nuovo Heavy Light, ispirato da Kafka. La metamorfosi, rispetto al passato, in effetti la si avverte. Una base più gotica, sommata a un Power Pop ben suonato. Disco magistralmente prodotto sviluppato in tredici gradevolissime canzoni che non annoiano in nessun momento. Ad un certo punto vi verrà anche voglia di muovervi e ballare, tra dance e funky.
(G.A)


STEPHEN J. MALKMUS – TRADITIONAL TECNIQUES 
(indie-folk)

Periodo prolifico per il leader dei Pavement, che nel giro di pochi anni piazza tre dischi, uno coi Jicks, uno in chiave electro-pop e infine questo appena sfornato che lo vede di nuovo, in solo,  tornare alle radici più folk. Se la rilettura delle tradizioni nei nineties aveva dato luogo a quel portento di indie sghembo a bassa fedeltà che tutti conosciamo, qui le tradizioni sono più classic e regular, condite da un tocco di psichedelia in salsa afro, alla quale ha indubbiamente contribuito la presenza di Matt Sweeney (di recente con i Tinariwen) e del musicista afgano Qais Essar . Quello che nessuno poteva dare per scontato è la quantità di belle canzoni che Malkmus continua a sfornare, senza perdere nemmeno di un millimetro l’ispirazione. Con il sospetto che crescano ascolto dopo ascolto.
(P.C)


ANNA CALVI – HUNTED
(indie-rock, indie-rock)

Da Hunted ad Hunter, e poi di nuovo ad Hunted: così è stato il percorso che ha portato alla pubblicazione di questo vero e proprio rovescio della medaglia dell’ultimo disco di Anna Calvi. Tornando alle origini delle canzoni che lo componevano, queste sette nuove versioni ne hanno riportato alla luce la crudezza e fragilità con cui erano nate, secondo una rilettura thrilling che ci fa sprofondare in atmosfere cupe e stranianti. A dare il tocco di classe ulteriore, la Calvi ha chiamato a raccolta Julia Holter, perfetta nella stregoneria di “Swimming Pool”, una Charlotte Gainsbourg piuttosto evanescente in “Eden”, Joe Talbot degli Idles per una versione paurosa alla Suicide di “Wish” e Courtney Barnett per quella “Don’t be the Girl Out of My Boy” che le calza davvero a pennello. Un esperimento molto riuscito, in grado di far apprezzare ulteriormente la qualità del suo capostipite.
(P.C)


PHANTOGRAM – CEREMONY
(synth pop, pop)

Confessiamo di aver trovato grandi difficoltà nel arrivare fino in fondo a questo disco. Trentasette minuti di un lungo trascinarsi alla scoperta di qualcosa di cui avremmo fatto tranquillamente a meno. Salviamo solo  title track Ceremony che, scherzo del destino, è in fondo al disco.
(G.A)


TRICKY – 20,20
(trip hop)

EP della durata lampo di 7 minuti che lascia il segno. Pubblicato tramite la sua etichetta discografica False Idols, Tricky ritorna in grande stile. L’artista ha chiamato a se due personaggi per realizzare questo lavoro: Marta Zlakowska e la poetessa Anika Henderson. Il risultato è notevole. Synth penetranti che tagliano un’atmosfera magica. Peccato per i soli 7 minuti, queste tre canzoni sono ai livelli di Maxinquaye.
(G.A)


DISQ – COLLECTOR 
(power pop)

Segnatevi questo nome. Sono passati da un semplice duo a un potente collettivo composto da cinque persone e i risultati si avvertono. Un power pop senza grandi pretese che si lascia ascoltare e apprezzare con grande serenità. Ci ha colpito questo sguaiato canto, a tratti disilluso, a tratti stonato, che nel complesso calza a pennello in questo sentiero di suoni interessanti. Il disco che proietterà la band nell’olimpo dell’indie.
(G.A)


BIRTHHH – WHOA
(alt pop)

Dalla WWNBB a Carosello: un bel salto per Alice Bisi, che arriva al secondo album a nome Birthh e che si ritrova in un contesto molto diverso rispetto al debutto, almeno da un punto di vista strettamente discografico. Diciamolo subito, però: non c’è stata lacuna svolta “commerciale”, ma la Bisi ha semplicemente continuato il proprio percorso e realizzato canzoni più varie, colorate e mature, certo più facili da ascoltare, ma non perché siano in qualche modo ruffiane o ammiccanti. C’è una maggior attenzione, rispetto a prima, alla parte ritmica, c’è una maggior brillantezza sonora, c’è un’atmosfera indubbiamente più positiva, e, soprattutto, c’è un’artista più esperta che sa osare più di prima con le dinamiche chitarre/elettronica e sa veicolarle al meglio in canzoni dalla costruzione melodica impeccabile.
(S.B)


PAOLO BENVEGNU’ – DELL’ODIO DELL’INNOCENZA
(songwriter)

Dopo una lavoro audace e ottimo come H3+, l’artista gardesano torna con una più tradizionale raccolta di canzoni, nella quale vengono messe in mostra tutte le caratteristiche. Troviamo, quindi, una prevalenza di suoni robusti e stratificati, con alcuni momenti di delicatezza,e, dal punto di vista dei testi, osservazioni su come si comportano gli esseri umani, che spesso sfociano in invettive, e momenti di maggior introspezione. Ovviamente, il rischio nel non presentare nulla di nuovo è quello di suonare già sentito e poco intenso, ma non è assolutamente questo il caso, perché in questo disco c’è tutta la fortissima emotività di Benvegnù, un autore che non si risparmia mai e che ha ancora un fuoco che gli brucia dentro e che lo spinge ad esprimersi guidato innanzitutto dall’urgenza di farlo.
(S.B)


JONATHAN WILSON – DIXIE BLUR
(folk rock)

Canzoni intense, testi poetici, climi sognanti e rilassanti. Il quinto lavoro del 42 enne indie-folker continua nel suo percorso solitario musicale. In un paio di canzoni sembra immaginarlo: chitarra in spalla e via, lungo una polverosa strada che conduce ai cantautori degli anni ’70.
(G.A)


HONEY HARPER – STARMAKER
(country rock)

Prendete un cantante cowboy, dategli la sua chitarra e lasciatelo perdersi fra le stelle, ne otterrete il disco di debutto di Honey Harper, Starmaker. Gli undici brani che lo compongono sono carichi di cosmic country a cui Harper infonde la sua personale estetica e poetica, elevando il genere a un alto livello di eleganza. La chiusura del disco è affidata ad un bellissimo pezzo, l’omonima Starmaker, a cui collabora monsieur Sébastian Tellier.
(C.L)


CAROLINE ROSE – SUPERSTAR
(indie pop, alt-pop)

Seguiamo da diversi anni, con grande curiosità, le produzioni di questa cantante. Immediatamente scorgiamo delle differenze importanti rispetto al passato: la produzione di questo album è molto ma molto importante.  In definitiva, il suono è molto più arioso rispetto all’ultimo disco intitolato Loner. All’interno di questo album scoverete interessanti groove e pulitissimi sintetizzatori in salsa ’80. Il cambiamento rispetto al passato lo si avverte e che in questa versione anni ’80 sintetica e ballereccia non dispiace.
(G.A)


CORNERSHOP – ENGLAND IS A GARDEN
(alt rock)

Gioia è la parola che meglio può definire il nuovo disco dei Cornershop. La sensazione che si ha ad un primo ascolto è quella di trovarsi in un giardino in cui è appena esplosa una miriade di fiori colorati. Come da buona tradizione Cornershop il disco nasce dalla commistione di diverse influenze stilistiche, troviamo l’immancabile sitar ed un prezioso flauto traverso presente in quasi tutti i pezzi. Può essere un ascolto gradevole ed azzeccato per distrarre da questi tempi intrisi di ansia. 
(C.L)


CJ FLY – RUDEBWOY
(hip hop)

Il debutto di CJ Fly si posiziona in quella linea di confine in cui Hip Hop e Lo Fi convivono felicemente e dove l’uno esiste grazie all’altro. In un perfetto scambio di equilibrio stilistico le liriche rap di CJ Fly scorrono lisce; sono ben riconoscibili le influenze old school ma vengono perfettamente maneggiate dal rapper con molta classe. Il disco è prodotto interamente da Statik Selektah ed è ovviamente ricco di featuring fra cui Joey Bada$$, uno dei membri insieme a CJ Fly del collettivo di Brooklyn Pro Era.
(C.L)

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