Le migliori uscite discografiche della settimana| 5 febbraio

Settimana di uscite discografiche caratterizzata dal capolavoro firmato Black Country, New Road, dal ritorno di John Carpenter, dal “poco ispirato” disco dei Foo Fighters, dall’art-folk dei Weather Station e dall’indie-rock degli Editrix. Prestate successivamente attenzione all’hip hop partorito dal duo Big Ghost Ltd & Conway the Machine, lasciatevi ammaliare dal sound dei TV Priest e dal delizioso ritorno dei nostrani A Minor Place. 

14:37:57  – 05/02/2021

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Paolo Latini e Chiara Luzi 



BLACK COUNTRY, NEW ROAD –  FOR THE FIRST TIME
(post-rock, post-hardcore)

Il miracolo si è compiuto! Nati dalle ceneri dei Nervous Conditions (di cui tra le pieghe nascoste del web si può trovare la demo di quello che avrebbe dovuto essere il loro disco), sciolti dopo accuse di abusi sessuali rivolte al frontman Connor Browne. Peccato perché i Nervous Conditon stavano lavorando con Sua Maestà Brian Eno (che pare si sia detto lusingato che qualcuno suonasse un genere che lui aveva inventato 40 anni dopo). Fortunatamente la bassista del gruppo e bassista anche nei Black Country, New Road, Tyler Hyde, è la figlia di Karl Hyde degli Underworld, e proprio Karl Hyde ha insistito perché il gruppo non si perdesse nel vuoto. Così al nucleo iniziale si aggiungono la pianista May Kershaw e un secondo chitarrista—Luke Mark—e Isaac. Oziando sul generatore casuale di pagine Wikipedia trova per caso il nome Black Country, New Road,  curiosamente adatto per indicare un nuovo cupo inizio.

Entrano nel circuito Speedy Underground insieme a altre band via via etichettate come New Weird Britain (Squid, scotti brains, black midi). Da lì ci è voluto veramente poco perché i BCNR diventassero un vero e proprio oggetto di culto. Specie tra gli amanti del post-rock nato con quel miracolo noto col nome di Spiderland degli Slint—qui citati, nel testo di “Science Fair” (‘and fled the stage with the world’s second best Slint tribute act,’ e musicalmente su “Athen’s, France,” che al minuto 1:30 cita verbatim il famoso stacco di “Breadcrumb Trail”). Ma i BLCN non citano solo gli Slint. Nei testi di Isaac, acuti come pochi altri testi sanno essere, si vola sul filo tra ironia e sincerità. Seguendo l’esempio di scrittori come Wallace, e sul confine tra alto e basso, seguendo l’esempio di Vonnegut, e troviamo riferimenti a Charlie XCX, Kanye West, gli amici Jerskin Fendrix e black midi. Altri riferimenti riconducibili anche alle serie tv danesi in sei puntate, la sertralina, Fonzie, Scott Walker e Richard Hell.

Riferimenti e omaggi

I BCNR riconoscono e omaggiano il mondo che li ha partoriti (Slint, June of ‘44 e Jesus Lizard su tutti), e contribuiscono non poco a espandere quel mondo. Il violino di Georgia Ellery (già nei Jockstrap), le tastiere di May Kershaw e il sax di Lewis Evans danno un tocco classico, jazz e klemzer. Forse è anche per questo che nei concerti live al centro del palco ci sono proprio loro tre.

Sei tracce, che eccetto “Track X” superano abbondantemente i cinque minuti. In controtendenza delle imposizioni occulte di Spotify che spinge a fare pezzi corti e commerciali per favorire il sistema pro-rata. Soprattutto sei tracce che mostrano sette talenti fuori dalla norma. Un impasto di post-rock, pop e free-jazz che non sbanda mai e basta sentire i quasi dieci minuti della bellissima e multiforme “Sunglasses.” Mojo li ha già definiti “la miglior band inglese,” e The Quietus “la miglior band del mondo intero.” È divertente, perché è vero.
(P.L)


FOO FIGHTERS – MEDICINE AT MIDNIGHT 
(rock)

Ho sempre ritenuto I Foo Fighters come una band che si ascolta con molto più piacere dopo la terza media, e non intendo la scuola secondaria di primo grado. Però, a Dave Grohl e soci vanno riconosciuti un pugno di melodie di ottima presa. Un tiro che talvolta sa trascinare e un timbro vocale carismatico e riconoscibile. Il problema è che qui non c’è nulla di tutto questo.

Percepiamo una forte sensazione di stanchezza, con canzoni capaci di mettere ansia da quanto mancano di piglio e di mordente. Una raccolta di cliché che più stantii non si può e un modo di procedere col pilota automatico che suona a dir poco irritante. Anche dove un minimo di sentimento sembra esserci, come in “Waiting On A War”, è tutto terribilmente troppo standard e senza ispirazione.
(S.B)


THE WEATHER STATION – IGNORANCE
(songwriting, art-folk)

The Weather Station è un progetto che fa capo alla canadese Tamara Lindeman, e che, con questo, è giunto al quarto album. Le 10 canzoni per 40 minuti di durata sono caratterizzate da un bell’equilibrio tra raffinatezza e immediatezza, con melodie un po’ sfuggenti e non certo adatte a essere canticchiate sotto la doccia. Efficaci per ciò che l’autrice si propone. Offrire all’ascoltatore una musica di ascolto facile e profonda allo stesso tempo, nella quale ogni elemento è importante, e non solo lo scheletro della canzone.

Gli arrangiamenti e il timbro vocale, ad esempio, sono necessariamente una parte integrante dell’esperienza, ed è giusto e bello così, perché tutto è sempre perfettamente coordinato e armonico e nulla è mai prevedibile o scontato. È anche possibile ascoltare questo disco come sottofondo mentre si lavora. Il meglio lo dà quando ci si concentra su di esso e si può viaggiare con la mente e respirare profondamente. Davvero un ottimo lavoro.
(S.B)


JOHN CARPENTER – LOST THEMES III: ALIVE AFTER DEATH
(elettronica)

Il maestro dell’ horror è tornato con Lost Themes III e mostra ancora una volta quanto possa essere coinvolgente e potente la sua musica, anche se priva di accompagnamento visivo intriso di sangue e sospiri in pellicola. I suoi compagni sempre più presenti nelle tessiture sonore – il figlio Cody Carpenter e il figlioccio Daniel Davies – aiutano a dare vita a queste idee musicali diabolicamente semplici ma efficaci tra sintetizzatori onirici, chitarre macabre e drum machine claustrofobiche. Ascoltatelo al buio.
(G.A)


A MINOR PLACE – IT’LL END IN SMILE 
(shoegaze, indie pop)

Un ritorno importante quello dei teramani A Minor Place, progetto di Andrea Marramà, musicista attivo nella scena locale abruzzese fin da metà degli anni ’80, come bassista in diverse band con cui ha inciso alcuni dischi (Le Bateau Ivre, Swollencheek, Delawater). Una decina di anni fa si mette in proprio cantando e suonando la chitarra, coinvolgendo la moglie Roberta al basso. Allo zoccolo duro formato dai due poi si aggiungono volta per volta amici musicisti della scena teramana. Ha inciso dischi in diversi formati, dalle cassette al cofanetto di 45 giri, tutto all’insegna del Do It Yourself, curando ogni fase, dalla registrazione alla spedizione.

In questo interessante nuovo lavoro il duo prende in prestito – con garbo – un sound electrogaze, condensato da un raffinatissimo e cristallino synth-pop di pregevole fattura. Tra sussurri e tessiture analogiche gorgheggiate, tra bassi fibrosi e chitarre delicate, la “tela sonora” si fonda su di un climax fatto di mondi sognanti e affascinanti, che hanno tanto il sapore sbiadito di una pellicola di Wes Anderson. Spicca “Sunglasses” – epocale ma statica, e al contempo moderna perché tratteggiata da svariati colori –  perfetto equilibrio di tutti gli elementi in gioco. La soluzione migliore per trascorrere una piacevole ora in periodi distopici come questi.
(G.A)


BIG GHOST LTD & CONWAY THE MACHINE –  IF IT BLEEDS, IT CAN BE KILLED
(hip-hop)

Big Ghost Ltd e Conway the Machine tornano insieme per Griselda Records. If It Bleeds, It Can Be Killed,naturale seguito di No One Mourns The Wicked uscito nel 2020, è un potente condensato di ottimo hip hop. Anticipato nei giorni scorsi dal singolo Toast, l’album è tratteggiato da sonorità cupe, bassi profondi, ritmi lenti che si sposano perfettamente a sample eleganti e ad un rap fluido. Il disco, al momento disponibile in streaming solo su bandcamp, si lascia ascoltare meravigliosamente, è una perfetta colonna sonora di giornate lente e oziose. Ringraziamo questa coppia che continua a regalarci graditissime sorprese.
(C.L)


TV PRIEST – UPPERS  
(post -punk)

Freschi di contratto con la prestigiosa Sub Pop di Seattle, ecco l’esordio dei TV Priest.‘ Uppers’ raccoglie la maggior parte dei soliti sospetti del nostro Regno Unito, la cultura pop, l’insularità, le bugie sul lato di un autobus, ma riesce a dare nuova vita a quei vecchi tropi con la pura forza della personalità. “Stiamo meglio disinformati”. Chitarre angolari frastagliate in qualcosa di fragoroso e gigantesco, in un post punk massiccio e senza sbavature. Tra le attività da fare, non appena questo incubo pandemico svanirà, sarà quello di ammirare dal vivo questa band: tra sudore, post punk e birra da discount.
(G.A)


EDITRIX, TELL ME I’M BAD
 (indie rock)

Il Guardian ha da poco inserito Wendy Eisenberg nella lista dei trenta nuovi talenti per il 2021 (insieme a KMRU, Sweeping Promises, Denise Chalia e Wordcolour, per fare alcuni nomi), e dopo il bellissimo Auto dell’anno scorso, disco tanto intimista quanto eclettico e che passava in rassegna un po’ tutte le sfaccettature di Wendy Eisenberg come chitarrista e autrice (bossa nova, jazz, math-rock), ecco che Wendy Eisenberg ritorna negli Eidtrix,  suo gruppo precedente insieme al bassista Steve Cameron e al batterista Josh Daniels (già nei Landowner), e con loro riprende il percorso iniziato anni prima col suo primo gruppo, i Birthing Hips, in direzione di un indie-rock screziato di math- e post-rock.
Tre dei pezzi di Tell Me I’m Bad (“Instant,” “She Wants to Go and Party” e “Taste”) sono ripresi dal precedente ep Talk to Me, gli altri confermano il talento cristallino di Wendy Eisenberg spingendosi a fondo nei codici del rock indipendente più lontano dalle mode passeggere. In perfetta sintonia col catalogo Exploding In Sound (Shady Bug, Pile, Kal Marks, Ovlov), si spazia da rock tirati e rumorosi come “Chelsea,” con un basso acido e pulsante e una cascata di distorsioni, a pezzi dinamici come “Anna K,”  mentre “Chillwave” sembra una versione più elettrificata dei lavori solisti di Wendy Eisenberg. Una sezione ritmica potente e salda accompagna le magie alla chitarra di Wendy Eisenberg, senza mai essere né sembrare secondaria in un impasto sonoro elettrizzante e convincente.
(P.L)

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