Le migliori uscite discografiche della settimana | 4 dicembre

Il nefasto 2020 sta per volgere, finalmente, al termine. In questa interlocutoria settimana sottoponiamo alla vostra attenzione pochi album ma per fortuna di ottima fattura. Iniziamo questo numero nel raccontarvi dello sperimentale disco dei Joan Of Arc e a seguire vi consigliamo il nostalgico the Best dei White Stripes e il punk firmato Half Japanese. A seguire ecco i The Network, che, dopo la pubblicazione dell’EP a sorpresa, sono tornati con un disco. Infine prestate attenzione a due dischi squisitamente elettronici: Dave Vettraino e Kelly Moran + Prurient. 

a cura di Giovanni Aragona e Paolo Latini



JOAN OF ARC – TIM MELINA THEO BOBBY
 (experimental rock)

Una nuova interessante scorribanda targata Joan of Arc in un periodo in cui i supergruppi vanno di moda. La band è attiva da quasi 25 anni e più volte i componenti si sono persi per strada. Il gruppo oggi – in parte ricompattato – è in splendida forma e presenta al pubblico un disco gustosissimo spalmato in mezz’ora. Joan Of Arc continua a sperimentare oltre i confini del rock, attraversando fluidi noise, territori folk, musica dance, musica elettronica e musica concreta. Sperimentali come pochi, coraggiosi da sempre e mai inclini alle logiche del mercato. Produce Joyful Noise, una garanzia.
(G.A)


THE WHITE STRIPES – GREATEST HITS 
(indie-rock, garage rock)

I White Stripes hanno segnato una generazione. La band non ha vissuto una carriera così lunga: sei album in studio pubblicati tra il 1999 e il 2007. Eppure il duo ha riempito quegli otto anni di musica con passione, eclettismo, versatilità muovendosi sempre (o quasi) in territori garage rock e blues tradizionale, non disdegnando l’ indie-rock tra esperimenti stravaganti e le hit da stadio. Il duo lo ha sempre fatto con il giusto piglio rocker. La scaletta non segue un filo temporale logico e la cosa ci è piaciuta molto: un bel manifesto per capire l’ampiezza e la profondità – del catalogo di una delle migliori rock band degli ultimi tempi.
(G.A)


HALF JAPANESE – CRAZY HEARTS 
(no wave, art punk)

Attivi dal 1975, primo album pubblicato nel 1980 e una carriera infarcita da ottimi album e poche uscite infelici. Una band indiscutibile che senza dover dimostrare niente a nessuno suona con il “pilota automatico” da almeno venti anni, esattamente dall’ottimo Hot del 1995. Crazy Hearts è un gran disco e giunge a distanza di una lunga pausa. Rumori caustici, tastiere psichedeliche, rumori mai banali e il dito puntato nei confronti dello Star System di Hollywood da sempre privatizzato da sentimenti. Art punk d’alta scuola mescolato ad echi garage ’70 in un lavoro che si ascolta con estremo piacere. Bentornati.
(G.A)


THE NETWORK – MONEY MONEY 2020 PT2: WE TOLD YA SO
(synth pop)

Un disco che trova la sua spiegazione nel titolo: 2020, noi aggiungiamo anno orribile come questo lavoro. Un’accozzaglia di brani (molti scarti dei Green Day) figli quasi tutti dei Ramones e rimescolati in chiave synth pop in 54 minuti di totale anonimato. Probabilmente questo lavoro potrà essere rivalutato e sicuramente piacerà ai fan dei Green Day ma noi lo bocciamo in ogni sua angolatura. Eppure, il potenziale non manca, ma tutto è senza un filo logico purtroppo. Qualche canzone emerge, per carità, e non vi nascondiamo che la ballad synth pop di Asphyxia ci ha anche fatto piacevolmente sorridere.
(G.A)


DAVE VETTRAINO – EXERCISE
(elettronica)

Dave Vettraino è il cantante, chitarrista mente degli Hecks, band di Chicago che in un paio di dischi e spicci per Trouble In Mind hanno rielaborato in modo intelligente quanto divertente le sonorità che furono di Devo e Talking Heads. Dave Vettraino passa da solo a Fire Talk, altra etichetta di Chicago, e da solo fa un disco che ha tutti i suoni di Chicago, o almeno quelli più sperimentali. Loop, droni, ambient trasversale, “Near” e “Today Still Goes On” ricordano i primi Tortoise, quelli che giocavano con ripetizioni quasi ipnotiche e ossessive su pezzi come “Cornopne Brunch” e “Tins Cans & Twine.” Ma nel disco si sentono anche le influenze (dichiarate dallo stesso Vettraino), di Jim O’Rourke e John Fahey, oltre che dell’ambient (“Crossing”) e del pop (“Stable St.”) secondo Brian Eno. Da notare la partecipazione della madre Sara Vettraino che suona la viola, del batterista Phil Sudderberg e di Vivian McConnell, veterani della scena underground di Chicago.
(P.L)


KELLY MORAN & PRURIENT –  CHAIN REACTION AT DUSK
(elettronica)

Apparentemente distanti, in realtà Kelly Moran e Dominck Fernow trovano un punto di incontro quasi a metà strada, tra le sperimentazioni che hanno progressivamente ibridato metal e noise con sonorità elettroniche di Prurient, e con gli esperimenti di Kelly Moran che invece fanno il percorso inverso, e partono dall’elettronica per arrivare progressivamente a incupire quelle sonorità. Chain Reaction at Dusk documenta perfettamente questo incontro.

L’idea è nata durante il tour che hanno condiviso nel 2018, e ha preso forma durante il periodo di lockdwon per concretizzarsi in uno split-ep: Kelly Moran non abbandona il suo tratto caratteristico, ossia il piano preparato con cui iniziano quasi tutte le sue composizioni, così come Fernow non abbandona il suo e abbonda di sample di voci infernali e arpeggi di synth glaciali. Kelly Moran poi schiaccia l’acceleratore su synth e droni, e Fernow rallenta per cercare risultati più atmosferici. Chissà cosa sarebbe stato un disco condiviso invece che diviso per compartimenti stagni come questo, ma episodi come “Hymn” e “Tokyo Exorcist” non deludono.
(P.L)


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