Le migliori uscite discografiche della settimana| 28 maggio

Le migliori uscite discografiche del 28 maggio con in cima alle nostre preferenze Black Midi, Moby, Lou Barlow e Kele Okereke. A seguire prestate attenzione ai Perturbator e al progetto Fire in Little Africa nato per commemorare il massacro di Tulsa del 1921.

a cura di Giovanni Aragona e Chiara Luzi

11:02:54  – 28/05/2021



BLACK MIDI – CAVALCADE 
(math rock, art rock, experimental rock)

Cavalcade‘ segue di due anni il debutto discografico dei Black Midi e questo nuovo disco si candida, prepotentemente, a diventare uno dei migliori lavori del 2021. Un lavoro plasmato e forgiato da influenze fresche che non sacrifica ciò che ha reso questa band così accattivante sin dagli esordi. L’esplorazione delle armoniche, e l’aggiunta di sassofono e tastiere, mostra la totale abilità di virtuosi musicisti capaci di spaziare in differenti generi in uno spazio sonoro brevissimo.

Ascritti – frettolosamente – al nuovo filone inglese post-punk, il confronto con i colleghi è impari. I Black Midi fanno il possibile per sfidare il formato rock standard e si propongono come vera rivoluzione musicale dell’ultimo decennio musicale. “Post Punk” per tanti, “avant punk sperimentale” per chi scrive. I Black Midi forgiano i loro suoni complessi e intricati in un turbinio di virtuosismi e bravura. Cavalcade è un disco di estremi, che oscilla tra la magia del relax e un incubo prog-rock spigoloso. Un lavoro ragionato e metodico come pochi ascoltati in quest’ultimo periodo fatto di musica preconfezionata e modaiola. Disco da consumare. Spoiler: fan italiani, tenetevi pronti. Grandi sorprese in arrivo per voi.
(G.A)


LOU BARLOW – REASON TO LIVE 
(indie-folk, lo-fi)

Reason to Live è il primo album solista di Lou Barlow dei Dinosaur Jr a distanza di ben sei anni dall’ultimo lavoro. Il disco galleggia sulle nuvole a colpi di soffici melodie lo-fi. Lou Barlow fa quello che Lou Barlow sa fare meglio: creare canzoni semplici ma terribilmente accattivanti nella formula più metodica e arcaica composta da voce e chitarra. 

Reason To Live è un ritorno prepotente e molto molto piacevole. Sull’uscita dell’ultimo album dei Dinosuar Jr. , ci sono state molte riflessioni da parte dei fan circa il “marginale” ruolo del nostro. Ora lo sappiamo, Lou Barlow ha concentrato energie su questo lavoro. Il suo nuovo album sembra riaffermare una gioia per la musica, l’amore e la vita che, a un certo punto, era sull’orlo di essere persa. È un disco che trabocca di ottimismo e uno su cui tornare ancora e ancora. Un disco che ha tanto il sapore della comfort zone di mezza età. Necessaria e vitale per tutti, prima o poi.
(G.A)


MOBY – REPRISE 
(ambient, elettronica)

Fan di Moby? bene, è il vostro giorno fortunato. Reprise è un disco che ingloba alcuni brani più famosi del vasto repertorio dell’artista. Ad accompagnare il musicista c’è la Budapest Art Orchestra che ne ha musicato le nuove edizioni delle canzoni. Un progetto che ha coinvolto molti altri colleghi tra cui Alice Skye, Amythyst Kiah, Apollo Jane, Darlingside, Gregory Porter, Jim James, Kris Kristofferson, Luna Li, Mark Lanegan, Mindy Jones, Nataly Dawn , Skylar Grey e Vikingur Ólafsson.

Toccante ed intrigante il viaggio temporale attraverso brani che hanno fatto la storia tra sintetizzatori portati agli estremi e lunghissime trame sonore. Contestualmente al nuovo disco è stato pubblicato un documentario intitolato MOBY DOC . Nella pellicola Moby stesso riflette sulla sua turbolenta vita personale e sulla sua musica, dalle band punk underground alla sua carriera da solista in vetta alle classifiche, e infarcito da interviste effettuate a David Lynch e David Bowie.
(G.A)


PERTURBATOR – LUSTFUL SACRAMENTS 
(Synthwave, Electro-Industrial)

Pochi musicisti hanno incarnato la scena synthwave del 2010 più di Perturbator. James Kent ha soli 28 anni ed è al suo quinto album in carriera e pochi musicisti sono dotati di una così sottile intelligenza. Un musicista tecnologico aveva necessariamente bisogno di un “upgrade” e Lustful Sacraments completa il riavvio del suo sound iniziato con il New Model EP del 2017.

Tracce oscure influenzate dai primi Nine Inch Nails che sembrano musica una pellicola ’80 di John Carpenter, sovrascritte con ritmi techno in tinte narcotiche e (assai) lunatiche. Un disco influenzato dal bagliore al neon delle colonne sonore dei film di fantascienza e dagli ambienti più cupi del post-punk ’80. Un disco che tanto rassomiglia ad una danza rituale immersa in una luce inquietante e plumbea. Sensuale e terribilmente attraente.
(G.A)


FIRE IN LITTLE AFRICA – FIRE IN LITTLE AFRICA
(hip hop)

Il trentuno maggio e il primo giugno 1921 a Tulsa, in Oklahoma, si consumò uno dei più efferati atti di violenza razziale della storia americana. Per commemorare i cento anni di questo tragico evento gli artisti, i poeti e musicisti hip-hop di Tulsa si sono uniti nel collettivo Fire in Little Africa. Da questa collaborazione è nato un progetto vasto che ha portato alla realizzazione di un disco, un podcast e un documentario, tutti dal titolo omonimo Fire in Little Africa. Oggi esce l’album prodotto dalla Motown Records /Black Forum in collaborazione con il Tulsa’s Bob Dylan Center e il Woody Guthrie Center. Il disco è un racconto in ventuno brani su cosa accade quel trentuno maggio di 100 anni fa quando il Greenwood District venne messo a ferro e fuoco.

Il lavoro è eterogeneo e solido, ogni artista si esprime secondo il suo personale stile. Trovano spazio differenti sfaccettature dell’hip hop, R&B e spoken poetry. Nonostante la molteplicità di stili il disco scorre molto bene e risulta essere coeso. Convivono perfettamente brani come Shining, che si regge su un campionamento elegantissimo e fiati jazz nostalgici, ed Elevator costruita su sonorità e beat contemporanei. Il contributo storico ed emotivo di questo progetto è incommensurabile. Fire in Little Africa è la celebrazione di una comunità fiera e coraggiosa. L’ascolto è consigliatissimo.
(C.L)


KELE – THE WAVES PT.1
(songwriting)

Kele Okereke continua il suo percorso solista e il vagare per questo sentiero lo ha condotto in riva al mare. Qui si è fermato per un po’ cogliendo le sfaccettature dell’acqua per poi tradurle in musica. The Waves Pt 1, il quinto disco solista del leader dei Bloc Party, è  nato nella solitudine del lockdown ed è stato realizzato in ogni sua parte dall’artista inglese. Sin dalla morbida e malinconica opener, Message from the Spirit World, capiamo la delicatezza e l’intimità di questo lavoro.

Kele si muove in completa armonia con l’acqua, facendosi trasportare dal flusso mutevole, disegnando melodie con una chitarra, un pianoforte e poco più. I registri sonori cambiano lievemente, sempre con grazia, passando dall’inquietudine dei suoni ruvidi di The Patriots,alla delicatezza di The Heart of the Waves. Da segnalare la toccante cover di Smalltown Boy dei Bronski Beat. Questo disco è un gustoso ascolto, speriamo sia il preludio di una altrettanto buona seconda parte.
(C.L)


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