Le migliori uscite discografiche della settimana| 27 maggio 2022

In questo numero di uscite discografiche della settimana abbiamo ascoltato gli album di Liam Gallagher, il tanto atteso ritorno dei Wilco e degli Stars. A seguire, ecco il debutto solista di Joakim Berg (frontman dei Kent), il nuovo lavoro dei Mono, e i Just Mustard. Per gli amanti dell’hip-hop ecco 700 Bliss.

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta e Chiara Luzi 

12:21:11  – 27/05/2022



WILCO – CRUEL COUNTRY
(americana)

Cosa può fare, per essere certa di un buon risultato, una band dalla carriera quasi trentennale e che ha esplorato, nel corso della stessa, diversi modi di fare musica? Una delle risposte può essere quella di riunirsi nel proprio studio tutti insieme e registrare live facendo quello che piace di più, senza farsi troppe menate. I Wilco hanno fatto esattamente così e dalle session sono emerse ben 21 canzoni per 67 minuti di musica, tutte improntate all’anima più autentica della band, quella legata alla tradizione statunitense.

Da molti anni i Wilco hanno voluto trovare modalità più moderne e talvolta sperimentali di esprimersi, invece qui se en fregano e si ripropongono in una veste che non era così tradizionalista dal secondo disco “Being There”. In realtà, le canzoni ricordano anche molto il lato più introspettivo del capolavoro “A Ghost Is Born”, ma lì, come sappiamo, c’erano molte altre cose, e invece qui i Wilco si sono “limitati” a questo. Scrivo limitati tra virgolette perché non sarebbe giusto voler trovare dei limiti in questo disco: certo, ha dei confini molto precisi e non troppo ampi, ma al loro interno c’è moltissimo.

Non si ha mai l’impressione di riascoltare la stessa canzone e si sente chiaramente l’equilibrio tra perizia, naturalezza e affiatamento con cui la band suona. Questo disco, in definitiva, è l’ennesimo ascolto di alto livello che i Wilco ci regalano. E se si sono dimostrati così in firma su disco, non osiamo immaginare su un palco, speriamo che arrivino in Italia presto.
(S.B)


STARS – FROM CAPELTON HILL
(indie-pop)

La band canadese non gode certamente più della popolarità di qualche anno fa, e la maggior parte degli appassionati la associa ancora a canzoni di oltre 15 anni fa come “Your Ex-Lover Is Dead” o “Ageless Beauty”, ma anche in anni più recenti la qualità dei loro dischi si è mantenuta quasi sempre buona. In questo caso, gli Stars si sono fatti attendere cinque anni, ma è valsa la pena aspettare, perché questo disco sembra avere una marcia in più e, anche se è ancora presto per dirlo, non sembra azzardato considerarlo il loro migliore di sempre.

Ci sono melodie straordinarie, un suono perfettamente in equilibrio tra classe e sentimento e due voci al massimo della propria forma. È sempre meglio aspettare più ascolti per posizionare un disco nella discografia di una band, ma il primo impatto ci dice che gi Stars si sono superati.
(S.B)


LIAM GALLAGHER – C’MON YOU KNOW
(brit-rock, brit-pop)

Un coro di voci angeliche accompagnato da una chitarra acustica spalanca le porte di C’Mon You Know, terzo album solista di Liam Gallagher. È un’opener delicatissima che introduce un Liam pacificato, ‘I’ll admit that I was angry for too long’ , ma non troppo, è sempre un Gallagher d’altro canto. C’Mon You Know è un lavoro apprezzabile che vede l’artista di Manchester cavalcare più influenze stilistiche, anche se le fondamenta della costruzione poggiano sull’onnipresente eco dei Beatles, It Was Not Mean To Be.

L’album si ascolta benissimo, Liam, che è comunque in ottima forma, fa il suo e, creando un perfetto equilibrio di ballate, Moscow Rules, e brani che abbracciano la psichedelia,  Better Days, realizza un album solido, che sicuramente sia i fan di vecchia data che i neofiti apprezzeranno.
(C.L)


JOAKIM BERG – JAG FORTSÄTTER GLÖMMA
(songwriting, pop)

I Kent sono stati tra le band più importanti della storia della musica svedese, in termini sia di vendite che di qualità, e si sono sciolti nel 2016 dopo una carriera ultraventennale. Il loro leader e cantante Joakim Berg è rimasto in silenzio finora, tranne qualche sporadica collaborazione, ma ora esce nuovamente allo scoperto con questo debutto sulla lunga distanza. I maggiori pregi del suo lavoro con i Kent consistevano in una qualità melodica e interpretativa di primissimo ordine, e qui la ritroviamo ancora.

Certo, le canzoni della band erano anche sorrette da uno splendido lavoro in fase di suoni e arrangiamenti, che qui, giocoforza, non c’è, dato che non si tratta, appunto, dei Kent ma del lavoro solista di chi scriveva e cantava. Se siete fissati coi suoni e con l’innovazione, quindi, lasciate pure perdere, ma se vi piacciono le belle canzoni nei loro elementi chiave, ovvero le melodie e la voce, qui troverete tantissime belle cose, anche se non doveste essere abituati ad ascoltare musica in lingua svedese.
(S.B)


JUST MUSTARD – HEART UNDER
(shoegaze, noise rock)

Il quintetto irlandese che prende il nome di Just Mustard ha una spiccata parentela con il mondo oscuro dei My Bloody Valentine. A distanza di quattro anni dal loro debutto fatto di inquietanti paesaggi sonori, la band piazza un secondo colpo ricco di spunti capaci di offrire una versione moderna (e finalmente) dello shoegaze. 

La band afferma in un comunicato stampa che il “desiderio è quello di far immergere l’ascoltatore in un tunnel ferroviario mentre ascolta il disco”, e la sensazione possiamo garantirvi che è quella. I suoni vorticosi composti da chitarre metalliche e lamentose ben si amalgamano  ad una voce a tratti devastante. Heart Under è un gran disco e apre un nuovo scenario alla band. Giunti al secondo lavoro in carriera, poche band possono fregiarsi di possedere già in archivio un’opera musicale struggente realizzata in maniera perfetta.
(G.A)


MONO – PILGRIMAGE OF THE SOUL 
(post-rock)

Una carriera chilometrica per la band post rock giapponese contraddistinta da tanti buoni lavori e poche uscite infelici viene scossa da un nuovo disco partorito durante il periodo del lockdown. Undici dischi e un nuovo viaggio emotivo che mescola ciò che da sempre ha ispirato il gruppo: concepire musica orchestrale con espulsioni post-rock urlanti.  Il disco, pur geneticamente nato da un periodo nefasto,  crea uno spazio sereno per gli ascoltatori affinché si affrontino le emozioni suscitate da questi tempi turbolenti.

Piuttosto che evitare il pericoloso momento in cui è stato registrato, Pilgrimage of the Soul lo esplora, ordinando i sentimenti familiari al periodo della storia in cui è stato registrato. Come fare un respiro profondo, Pilgrimage è un atto musicale che ha tanto sapore del sollievo. Necessario forse nel periodo del lockdown ma pur sempre un buon lavoro.
(G.A)


700 BLISS – NOTHING TO DECLARE
(noise rap)

Avevamo conosciuto le 700 Bliss nel 2018 quando fecero la loro entrata in scena con l’Ep Spa 700. A distanza di quattro anni il duo composto da Moor Mother e DJHaram esordisce con un album estremamente interessante. Nothing To Declare è un viaggio nell’oscurità segnato da frenetici ritmi techno a cui fanno da contraltare bassi densi e pesanti. L’hip hop veloce delle rime di Moor Mother si sposa perfettamente con la musica elettronica e tamburi darbuka, presenti già in Spa 700.

Il duo riassembla linguaggi sonori all’apparenza distanti creando un suggestivo immaginario notturno popolato da spiriti ancestrali che, invocati in Nightflame, si muovono convulsi in Anthology. Non c’è pace in questo lavoro e forse questo perpetuo ritmo rende la seconda parte del disco un po’ ripetitiva ed alcuni brani difficili da processare immediatamente. Resta di sicuro un lavoro intrigante che vale la pena ascoltare.
(C.L)


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