Le migliori uscite discografiche della settimana| 25 marzo 2022

Ricca settimana di uscite discografiche con l’atteso album dei Placebo e di Destroyer. A seguire vi suggeriamo l’ascolto degli ottimi Wallows, Aldous Harding, l’hip hop di Denzel Curry, il ritorno dello shoegaze firmato Young Prisms e lo sperimentale Croatian Amor.

a cura di Giovanni Aragona, Patrizia Cantelmo, Chiara Luzi e Flaminia Zacchilli 

13:08:58  – 25/03/2022



PLACEBO – NEVER LET ME GO
(alt-rock/glam rock)

Un disco dei Placebo, nel 2022, dopo dieci anni dal loro ultimo full-lenght: cosa ci si può aspettare? Che tornino a fare i Placebo come meglio sanno fare: obiettivo centrato. Questo “Never Let Me Go” sembra un disco pescato dai loro anni migliori, quelli a cavallo fra due decenni d’oro per la musica chiamata allora “alternativa”: un’etichetta che metteva dentro un po’ tutto, e che tutto sommato si addice ancora bene a quello che esprime la band di Brian Molko.

Qui mettono a fuoco le nevrosi dei nostri tempi decadenti intrisi di individualismo e distopia, su un suono lucidato a nuovo pur essendo il loro riconoscibilissimo marchio di fabbrica, dalle suggestioni glam e dall’accattivante gusto pop. La voce di Brian Molko è ancora splendida e perfetta per questo viaggio sulle macerie del nostro sentire sociale, capace di colpire dritta al cuore. Classici senza aver mai cercato di esserlo: davvero un ottimo ritorno.
(P.C)


ALDOUS HARDING – WARM CHRIS
(songwriting)

Quarto disco per la cantautrice neozelandese, uscito dopo ben tre anni dal quel “Designer” che l’ha consacrata, “Warm Chris” non delude le attese e anzi sembra confermare ulteriormente il sospetto che siamo di fronte a un’artista dal talento cristallino e dalla personalità magnetica. Dieci canzoni in cui la Harding continua a portarci su terreni diversissimi, come ampiamente testimoniato dalla poliedricità della sua voce, vera e propria protagonista di tutta la sua produzione, strumento centrale su cui innestare canzoni che paiono scarne e semplicissime, ma che lasciano intuire una cura del dettaglio maniacale. Niente sta lì per caso, senza perdere di vista la qualità di composizione e scrittura: quasi dei piccoli classici travestiti a volte da divertissement. Un disco su cui tornare con grande attenzione.
(P.C) 


DENZEL CURRY – MELT MY EYEZ SEE YOUR FUTURE
(hip hop)

Dopo aver tracciato un percorso artistico abbastanza lineare, Denzel Curry decide di rischiare. Mischia pesantemente le carte che aveva in mano e aggiunge qualche jolly per rendere il gioco ancora più imprevedibile. Melt My Eyez See Your Future è il risultato di questa nuova mano di gioco in cui Curry smette di bluffare, lascia indietro tutti i suoi alter ego per essere finalmente se stesso. La partita si fa interessante sin dalla prima traccia, Melt Session #1, in cui la presenza di Robert Glasper infonde un’atmosfera jazz che detterà la linea sonora del disco.

Questa nuova fase artistica di Curry lo porta ad essere più schietto e sincero. Abbatte ogni struttura di protezione e per la prima volta in carriera non grida, la sua voce si fa forte ma non è mai urlata, è come se finalmente avesse trovato un nuovo modo di raccontare la sua storia. La carrellata dei collaboratori è lunghissima, compare anche il poeta Saul Williams in Mental, brano elegante e morbido. Karriem Riggins lascia una forte traccia in Angelz, brano in cui è percepibile una lieve eco della golden age che si fa invece più presente in The Smell Of Death. Della lunga lista di featuring fanno parte anche slowthai, T-Pain, Rico Nasty.  Questo nuovo lavoro di Curry è un piccolo tesoro, l’artista esplora nuove direzioni senza rinnegare se stesso, apre a nuove sonorità che gli permettono di crecsere. È un piacere ascoltarlo.
(C.L)


DESTROYER – LABYRINTHITIS
(Indie Rock, Art Pop, Synthpop)

Il curriculum di Dan Bejar parla da solo e, in quasi trent’anni di grande carriera, è riuscito – a colpi di sacrifici, lavoro e grandi dischi – a ritagliarsi uno spazio importante anche con la creatura Destroyer. Anche in questo nuovo disco, il nostro eroe, dimostra ancora una volta di essere sempre al passo con i tempi: un frontman rock moderno ed intelligente lontani dalle luci della ribalta. 

Labyrinthitis, tredicesima opera dei Destroyer, oscilla tra melodie che strizzano l’occhio agli anni ’80, momenti di raffinato baroque pop e trame leggermente vicine al post-rock di vecchia scuola. Centrifugando il tutto, l’opera ben si mescola con i soliti testi raffinati del nostro autore, criptici e letterari come ci si aspetta da un cantautore maturo e tormentato. Un disco pieno di spunti, piacevolmente impegnato, e ricchissimo di momenti brillanti. Semplicemente Destroyer, un marchio di fabbrica mai scontato e sempre più solido.
(G.A)


YOUNG PRISMS – DRIFTER 
(shoegaze)

Ne avevamo francamente perso le tracce, e, finalmente torniamo ad ascoltare un nuovo lavoro degli Young Prisms. In un mondo musicale sempre vorace e capace di fagocitare e rigettare tutto troppo in fretta, l’industria musicale è tornata ad occuparsi di questa ottima band di San Francisco. Stefanie Hodapp, Gio Betteo, Matt Allen e Jordan Silbert si sono ritrovati e hanno messo su nuove idee amabilmente espresse in questo ottimo Drifter un meraviglioso fluido di equilibrio tra melodia, atmosfera, bellezza e rumore. Un lavoro perfettamente arrangiato e dalla produzione perfetta, ci consegna dopo un decennio una band in pienissima forma. Bentornati.
(G.A)


WALLOWS – TELL ME THAT IS OVER
(indie-rock, indie-pop)

Le incertezze della giovinezza, la voglia di stare soli che si scontra col naturale desiderio di stare insieme. Il trio losangelino dei Wallows, guidato dall’ex membro di Tredici Dylan Minnette, lo racconta nel loro secondo album Tell Me That It’s Over. Indie pop emotivo e spensierato, almeno per chi non ha voglia di leggere i testi, che racconta della promessa negata di una vita migliore con il tono di voce di chi, quella vita, pensava almeno di vederla a breve distanza e sente ancora di meritarla. 

“Puoi dirmi che è finito”, chiedono nel titolo e nella traccia titolare: difficile rispondere, e nemmeno i Wallows ne sono capaci, perché la vita è fatta di incertezze e tutto può succedere. Nel frattempo rimaniamo in attesa e cerchiamo di andare avanti, concedendoci di tanto in tanto qualche passo di ballo.
(F.Z)


CROATIAN AMOR – REMEMBER RAINBOW BRIDGE
(elettronica, ambient)

A distanza di due anni dall’ultimo disco torna Croatian Amor (Loke Rahbek) con l’ottavo disco in carriera. Il lavoro è pubblicato dall’ interessante Posh Isolation, di cui l’artista danese è anche co-fondatore, ed è tra i lavori rià spiazzanti di questa settimana. Dietro questo disco c’è tanto lavoro di testa e il risultato è tangibile: elettronica cotonosa e piacevolmente oscura  capace di trasmettere piacevoli emozioni attraverso cervellotiche trame calde e sospese nell’aria caratterizzate da sintetizzatori e campionamenti vocali oscuri.  Nel press stampa abbiamo letto: Remember Rainbow Bridge vuole essere un «omaggio alla giovinezza e alla delicata metamorfosi che avviene man mano che l’infanzia si trasforma in maturità»: non vi resta che pigiare play.
(G.A)


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