Le migliori uscite discografiche della settimana| 24 marzo 2023

Settimana di interessanti novità discografiche. In cima alle nostre preferenze ecco i lavori di Depeche Mode, Lana Del Rey, Kele Okereke, l’album live dei Black Country, New Road, Purling Hiss, Caroline Rose e Matt Corby. 

a cura di Giovanni Aragona, Chiara Luzi, Cristina Previte e Flaminia Zacchilli 



DEPECHE MODE – MEMENTO MORI 
(new wave, synth rock)

Si sente la mancanza di Fletch, ma non in “Memento Mori” dove il suo tocco aleggia ovunque. Un album più introspettivo e personale, con suoni corposi e oscuri, con un ritorno all’elettronica. L’album vuole essere una raccolta di testi semplici accomunati dalla fragilità umana come in “Before We Drown”, e dal potere salvifico dell’amore in “Always You”.  La massima espressione viene, però, raggiunta in “Don’t Say You Love Me” e “Ghosts Again” in cui Gahan con la sua voce potentissima, piena, coinvolgente e struggente, incarna l’incalzare del tempo che inesorabile ricorda “Everybody says goodbye”.  

Con quest’album i Depeche Mode ci sussurrano all’orecchio “Ricordati che devi morire” come monito a vivere tutti i giorni al massimo senza risparmiarci. Si confermano gli dei sacri del rock, con una potenza nel messaggio intramontabile, e noi comuni mortali possiamo solo gustarci questa ennesima perla.
(C.P)


LANA DEL REY – DID YOU KNOW THERE’S A TUNNEL UNDER OCEAN BLVD 
(alternative pop, baroque pop, orchestral pop)

Did you know there’s a tunnel under Ocean Blvd, il nono album in studio di Lana del Rey, si apre con un coro gospel. Alcune tracce dopo si incontra un hip-hop elettronica quasi ballabile. Tra le collaborazioni figurano Father John Misty, i Bleachers, il virtuoso del jazz Jon Batiste e la rapper canadese Tommy Genesis. E quando Lana del Rey decide di poter fare come le pare chi mai, al mondo, potrebbe fermarla?

Dopo i fiacchi Chemtrails Over The Country Club e Blue Banisters, in cui il personaggio da diva infelice e il sound caratteristico della signora Grant cominciavano a incartarsi su sé stessi, Ocean Blvd è un vasto, multiforme e ricco ritorno di forma in cui il suo stile caratteristico si slaccia dai tropi e le permette, nonostante l’inevitabile inquietudine di fondo, di divertirsi. Le ballate – rendiamo grazie alle mani sante di Jon Batiste – sono più struggenti, il dolore romantico più sfaccettato, e soprattutto sparisce la temuta (e toccata, in passato) monotonia. Ma Lana è sempre Lana, e se ne sentiva la mancanza.
(F.Z)


CAROLINE ROSE – THE ART OF FORGETTING
(baroque pop, songwriting)

Dimenticare è un’arte ma, pur applicandosi, non è detto che si riesca a cancellare ciò che si vuole scordare; il dolore lascia strascichi che alla minima distrazione tornano a bruciare. Caroline Rose lo sa bene, e ciò che le ha impedito di esplodere è stato esorcizzare tutto il male che l’ha avvolta in questi anni. Il risultato di questa operazione è The Art of Forgetting, il disco più sincero e ispirato che l’artista americana ha realizzato fino a questo momento.

A livello stilistico questo lavoro continua a percorrere la scia pop imboccata nel 2018 con Loner, ma il livello si alza notevolmente. Non solo la scrittura si fa molto più matura e sincera ma la struttura dei brani è più ricca e maestosa: sin dalla opener, Love/Lover/Friend, incontriamo una dualità che mescola la delicatezza del songwriting più puro alla grandezza di cori, pattern vocali e sonorità pop complesse. C’è pathos continuo che rende il disco suggestivo. The Art of Forgetting è la risposta, credibile e deliziosa, di Rose all’oscurità del nulla emozionale.
(C.L)


MATT CORBY – EVERYTHING’S FINE
(alternative rock, indie)

Matt Corby è l’amico che nel momento di panico assoluto si avvicina e con una gentile pacca sulla spalla ti sussurra ‘andrà tutto bene’. La pacca sulla spalla è il suo terzo album in studio, Everything’s Fine, un lavoro ben scritto in cui Corby sviscera il bene e il male arrivando alla conclusione che alla fine tutto si aggiusterà. L’attitudine positiva investe gli undici brani che lasciano in un angolino, senza mai abbandonarlo del tutto, il songwriting puro a favore di sonorità R&B, jazz, dove la voce baritonale di Corby non è mai invadente.

È una carezza che invita alla calma e al relax, Problems. È tutto molto delicato e misurato in questo lavoro in cui chitarre acustiche, drum machine e violoncello disegnano un paesaggio sonoro poetico e vasto. Nonostante questa modalità leggera la scrittura di Corby è sempre intensa, mai banale, per questo Everything’s Fine è un disco che convince sin dal primo ascolto.
(C.L)


BLACK COUNTRY, NEW ROAD – LIVE AT BUSH HALL 
(Art Rock, Post-Rock, Indie Rock)

Siamo giunti al terzo album della band, ma, questa volta, si tratta di un lavoro live. Facciamo un passo indietro nel dire che, da quando il cantante e paroliere Isaac Wood ha lasciato inaspettatamente il gruppo per il bene della sua salute mentale nel gennaio 2022, qualcosa, nell’umore del gruppo è cambiato. Questo live merita la massima attenzione perchè, si tratta di un disco di ben nove inediti in cui tre membri della band si alternano alla voce. 

La voce di Kershaw è la più bella delle tre, sull’epica folk  ‘The Boy’ e sulla delicata ballata al sapor di carillon ‘Turbines/Pigs’ sembra quasi di sentire una Bjork d’annata. Liricamente, la band non è mai stata così chiaramente narrativa, e alcune delle loro melodie più dirette sono udibili in questo lavoro. Le canzoni si allontanano dai cori convenzionali del recente passato e si indirizzano verso lidi molto più stratificati e impegnativi. Più che un disco è un musical 5.0: un viaggio teatrale di una band cresciuta e maturata.
(G.A)


KELE – THE FLAMES PT.2 
(Electronic, Deep House, UK Garage)

Come il suo predecessore, The Flames è stato scritto e registrato nell’home studio di Okereke. Armato solo della sua chitarra, dei pedali loop e dei battiti minimali, queste limitazioni hanno costretto il musicista a “diventare più creativo”.Poeticamente è il disco più intenso dell’artista che, non solo si mette a nudo, ma lo fa abbracciando la maturità e la riflessione. The Flames pt. 2 è una testimonianza dell’energia sperimentale di Okereke.
(G.A)


PURLING HISS – DRAG ON GIRARD 
(psych rock)

Il power trio originario di Philadelphia crea in modo affidabile grandi dischi rock incentrati su uno stile di songwriting che basa la sua forza sul cantante/chitarrista/leader Mike Polizze. In realtà, rispetto al passato, ci sono state alcune sottili deviazioni di stile nel corso degli anni, ma la band si mantiene costantemente a un nucleo di melodie semplici costruite in strutture di canzoni collaudate. Con solo otto canzoni, Drag on Girard segue lo stesso flusso rock classico dei migliori dischi del rock ’70 fatto di chitarroni rock e di aperture sonore lisergiche. Buono ma neanche troppo.
(G.A)


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