Le migliori uscite discografiche della settimana| 19 marzo

In questa settimana di uscite discografiche di metà marzo segnaliamo il ritorno di Lana del Rey, l’EP di Serj Tankian, il gospel Daniel Lanois, il synth pop firmato Evripidis and his Tragedies, e il ritorno del “nostrano” Enne. A seguire prestate attenzione all’hip hop di Benny The Butcher, all’ottimo ambient di Dialect, al pop targato Jane INC e all’istrionico Matt Clements qui con il moniker Whettman Chelmets. 

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi e Paolo Latini 

13:51:59  – 19/03/2021



LANA DEL REY – CHEMTRAILS OVER THE COUNTRY CLUB 
(alt pop, Singer-Songwriter)

In tanti intravedono grandi affinità tra il percorso intrapreso da Lana Del Rey e la carriera dell’autentica icona Joni Mitchell, a noi sembra non solo inopportuno il paragone, ma esagerato. In questo nuovo lavoro, che giunge a distanza di due anni da Norman Fucking Rockwell, Lana Del Rey continua a fluttuare nell’aria alla ricerca della sua dimensione. Tra paradisi idilliaci, melodie emozionanti, racconti vivaci e osservazioni taglienti sulla vita americana moderna, questo nuovo disco è una copia carbone del predecessore. In realtà, se il precedente sembrava comunque affondare di più il colpo, questo sembra scricchiolare in più di una circostanza.

Per i tanti fan dell’artista questo album risulterà un capitolo avvincente, anche se minore, nella saga in corso dell’artista romanticamente fatalista e a tratti “Tolkieniana”. Indiscutibile l’ottimo arrangiamento del fedele Jack Antonoff, anche se a molti dei brani presenti in scaletta manca “il graffio” dei migliori progetti passati. Un disco semplice, eseguito con la solita miscelata di emotività e sincerità tra un pop da camera, un rock velatamente ’70 e le solite percussioni in salsa jazz sciolte come zucchero su di un caldo pancake. Occhio al diabete insomma!
(G.A)


SERJ TANKIAN – ELASTICITY
(nu metal)

Era necessario un EP di Tankian, in questo periodo così terribilmente difficile e distopico? I presupposti erano più che lodevoli visto che il buon artista di origini armene ha scritto originariamente queste canzoni per i sui  SOAD ma, il difficile accordo verso una direzione collettiva, ha ridimensionato questo lavoro in un EP mal riuscito. Probabilmente queste tracce sarebbero risultate anche affascinanti all’interno di una visione d’insieme ma il risultato finale lascia interdetti.

Tra gorgheggi, riff pirotecnici che si spengono nel nulla, e imbarazzanti chitarre presenti nella title track (con un riff scopiazzato dagli Smashing Pumpkins) questo EP non aggiunge assolutamente nulla alla pur sempre dignitosa carriera di un eccellente cantante.
(G.A)


DANIEL LANOIS – HEAVY SUN
(gospel)

L’avviso che diamo a chiunque si accinga ad ascoltare il nuovo lavoro di Daniel Lanois è di ‘aspettarsi l’inaspettato’. Heavy Sun è infatti a tutti gli effetti un disco gospel realizzato da un artista che ha costruito la sua carriera percorrendo le vie dell’ambient e del rock alternativo. Il musicista e produttore canadese ha sempre avuto un legame particolare con il gospel e finalmente ha avuto l’opportunità di potercisi confrontare. Il disco parla all’anima, d’altronde è questa la prerogativa principale del gospel, è un inno che invita a continuare a risplendere in questo momento tremendo.

L’organo e gli avvolgenti cori sono la struttura portante di tutti i brani che trovano molteplici vie di sviluppo grazie alla contaminazione di generi. L’ambient, l’elettronica e ritmi dub si fondono perfettamente con canti che sembrano provenire dal profondo sud dell’America. A 69 anni Lanois ha avuto la capacità di rimettersi in questione, sperimentando con energia mai sopita nuove vie del fare musica e spalancando le porte della sua personalissima chiesa.
(C.L)


BENNY THE BUTCHER & HARRY FRAUD – THE PLUGS I MET 2
(hip hop)

Non sarà un proiettile a fermare Benny the Butcher. Dopo essere stato ferito durante una sparatoria lo scorso novembre e a poca distanza dalla pubblicazione di Burden of Proof, Butcher torna di nuovo in pista, questa volta insieme al produttore Harry Fraud. A Griselda Records infatti sanno fare le cose con grande stile e questa accoppiata messa insieme per The Plugs I Met 2, seguito del primo The Plug I Met del 2019, si è rivelata vincente. Le malinconiche rime di Butcher si sposano perfettamente con le melodie e i sample vivaci di Fraud. Le storie di sacrificio e fragilità del primo trovano un perfetto contraltare nelle sonorità grintose e luminose del secondo. Il mix è eccellente e trova ulteriore splendore nei featuring fra cui quello postumo di Chinx.
(C.L)


EVRIPIDIS AND HIS TRAGEDIES – NEOS KOSMOS 
(synth-pop)

Evripidis Sabatis, Greco di stanza a Barcellona, è una vera e propria istituzione nel circuito indiepop, in virtù di una pulizia e una fluidità, sia nelle melodie, che nel cantato, che negli arrangiamenti, che fanno venire in mente innanzitutto la parola “talento”. Per questo suo quinto album il nostro vira verso il synth-pop, ma non cambia nulla in termini di qualità, e le canzoni continuano a scorrere con il massimo della naturalezza e della spontaneità emotiva, con l’ascoltatore che non può far altro che collegarsi empaticamente ai sentimenti espressi dall’autore. Collaborazioni di prestigio con altri musicisti facenti parte di altri progetti rilevanti (Flowers, The Ballet, Smittens) nobilitano ulteriormente un lavoro impeccabile e coinvolgente, così come lo è tutta la discografia di questo artista pazzesco.
(S.B)


DIALECT – UNDER BETWEEN
(ambient)

Andrew PM Hunt arriva al suo quarto disco, a tre anni dal pur notevole Loose Bloom uscito per Dense Food. Under~Between è forse il suo disco più rappresentativo e personale, fin dal titolo, che in qualche modo mette in atto la dialettica chiamata in causa dal suo moniker. Il disco nasce da una serie di composizioni che gli furono commissionate dall’Immex Ensemble e qui sono state rilavorato fino a spingerle ai limiti estremi dell’ibridazione tra strumenti acustici e innesti elettronici da una parte, e tra musica collettiva e rimaneggiamenti individuali. Under~Between rimanda al mondo di Harold Budd, principalmente, ma non è difficile sentire delle affinità con The Blue of Distance, il capolavoro di Elori Saxl uscito a gennaio, anche quello nato da composizioni per un ensemble e anche quello diventato un ibrido tra musica acustica e sperimentazione elettronica. 

“L’ibridazione è il mondo in cui le cose cambiano nel tempo,” ha detto Hunt in un’intervista, e un ibrido tra mondi diversi e tra suoni appartenenti a mondi differenti mostra i limiti della logica binaria. “La musica può essere un cavallo di Troia incredibilmente efficace perché cerca spesso di costringerti a guardare il mondo con occhi diversi,” dice Hunt, e tracce come “An Archipelago,” costruita su tonalità mediorientali, o l’avvolgente “Sentimental, Sedimentary” mostrano appieno i limiti della tradizione accanto alle strade per uscire da quei limiti. Esce per RVNG Intl, che ormai è garanzia.
(P.L)


JANE INC. – NUMBER ONE
(pop)

Ormai di dischi come questo ce ne sono abbastanza per poter parlare di un filone, e in effetti questo Number One di Jane Inc (già negli Ice Cream, già turnista per US Girls) suona benissimo accanto a dischi come I’m Your Empress Of  di Empress Of, acts of rebellion di Ela Minus, Stars Aligned di Eve Maret, All the Time di Jessy Lanza o il recente The Absurdity of Human Existence di Danz CM (e se sei un amante del synth tuffati a bomba sul suo account Instagram).

Altra cosa che Number One  ha in comune con quei dischi è che è un grower: uno di quei dischi synth-pop costruiti su una millefoglie di stili di epoche diverse, tra tastiere anni ’80, bassi pulsanti anni ’90 e magheggi al laptop anni ’00, che ti si ficca nel cervello e ti fa venire voglia di sentirlo da cima a fondo a ripetizione. “Bloom Becomes Me” e “My Oldest Friend” potrebbero uscire da una versione rimodernata di Black Tie White Noise di Bowie, come “Faceless, Bodiless” ha una leggera velatura berlinese, per restare in tema Bowie, altrove vengono evocati più direttamente gli anni ’80 (“Steel”) e “Obliterated” chiude tutto con un languore quasi lounge. Con questo disco inizia ufficialmente la primavera.
(P.L)


WHETTMAN CHELMETS – FOR…
(ambient)

Matt Clements, ossia il sound-artist di base a Joplin Missouri attivo col moniker Whettman Chelmets, ha al suo attivo già quasi una ventina di titoli che disegnano una curiosa autobiografia intellettuale. Molte sono registrazioni effettuate anni prima come Doesn’t Remember, altre sono composizioni che raccontano una sua storia personale o familiare, come lo struggente Long Read Memories che racconta in musica astratta la storia reale del fratello, condannato per omicidio trent’anni prima e rinato buddista, altre ancora sono concept album, come il bellissimo Eli Chen uscito appena due mesi fa, ispirato al concetto di archetipi junghiani. For… è invece il racconto di un anno, cioè l’anno che non esiste, quello passato sotto la cappa della pandemia.
Una strategia compositiva ormai già ampiamente usata (Ai Yamamoto ha “raccontato” una sua giornata su Pan De Sonic – Iso), che però Whettman Chelmets riesce a declinare incastonando in un tappeto ambient elementi post-rock, folk, field-recordings e drone. Nonostante l’oscurità del tema, probabilmente For… è il suo disco più solare e luminoso: la splendida “WInter 2 (New Year’s Day)” è quasi un pezzo new age folk, movimento che viene ripreso da “Spring 2 (Oblivious)” dopo una parentesi di droni scuri per culminare nell’epilogo caldo e speranzoso “Summer 2 (The Promise of Better Days),” che però è preceduto da uno dei momenti più tetri del disco—“Summer 1 (Unrelenting). For… mostra come il naturale corso delle stagioni sia modificato da eventi esterni e che una primavera può essere anche più scura di un’inverno scandinavo. Mixa e masterizza Angel Marcloid.
(P.L)

ENNE – DÉMODÉ
(synth pop, chillwave)

Prima raccolta di canzoni per il progetto di Nicola Togni, che da quando, nel 2017, ci aveva trasportati nelle atmosfere di Black Mirror con il primo singolo “San Junipero”, ha pubblicato una canzone alla volta, fino a ora, con queste cinque che arrivano insieme. L’EP mantiene in vita il particolare equilibrio tra ballo e introspezione che spiccava negli episodi precedenti, con l’osservazione di ciò che succede attorno per riflettere su ciò che abbiamo dentro che assume dinamiche ogni volta diverse, con episodi nei quali uno dei due elementi prende il sopravvento, e altri in cui invece il bilanciamento è praticamente alla pari.

Chi già seguiva il progetto troverà arrangiamenti, interpretazioni vocali e testi sempre più a fuoco e capaci più che mai di entrare nell’animo di chi ascolta, mentre chi vi si avvicina ora, probabilmente rimarrà sorpreso della facilità con cui ci si sente immersi in queste canzoni, e il merito è anche di una parte musicale dinamica, mai banale eppure immediata e ogni volta congegnata al meglio per rendere il più reali possibile le atmosfere dei testi. Una gran bell’uscita, in definiva, da ascoltare riascoltare, da “cantare e farlo male”.
(S.B)



Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *