Le migliori uscite discografiche della settimana | 19 giugno

Ricca settimana di uscite discografiche. In questo numero vi raccontiamo del tesoro nascosto di Neil Young e di Bob Dylan. A seguire prestate attenzione a Phoebe Bridgers, al dream – pop dei Braids, alle b-side dei Wire, ai Darkstar, ai suoni sintetici di Amnesia Scanner e Jockstrap e all’afrobeat dei Sault. In chiave hip-hop vi segnaliamo l’EP di Skyzoo. Buona lettura e buon ascolto. 

a cura di Giovanni Aragona, Patrizia Cantelmo, Chiara Luzi e Vincenzo Papeo


Uscite discografiche

12:17:28  – 19/06/2020


NEIL YOUNG – HOMEGROWN 
(folk rock, blues)

Homegrown è uno di quei lavori (fa il paio con Hitchhiker, composto nel ’76 e pubblicato tre anni fa) che, per un motivo o per un altro, Young decise di non donare all’umanità. Perfino i fan più accaniti del canadese non speravano più di ascoltare Homegrown, un lavoro rimasto chiuso nello sgabuzzino per ben quarantacinque anni. Forse Neil non ha avuto bisogno di tutto questo tempo per liberarsi dai demoni accumulati dalla separazione con Carrie Snodgress, di cui l’album è fedelmente descrittivo.

É come tornare in quel periodo, nel pieno della “Trilogia del Dolore”, di cui Homegrown fa concettualmente parte. Musicalmente riviviamo le intuizioni del miglior Young, un artista che dal ’72 al ’75 non sarebbe riuscito a scrivere un brutto album nemmeno se si fosse impegnato con tutto se stesso. Rispetto a Tonight’s The Night, album del 75 che Young rispolverò per non pubblicare Homegrown, viaggiamo su territori più intimi anche nelle sonorità.

Homegrown è una struggente landa acustica che dura dodici brani brevi, semplici, autentici. La digitalizzazione continua a farci credere di poter tornare indietro così a lungo: apportando poche e significative modifiche (la batteria), ci ritroviamo a dialogare verosimilmente con il Neal affranto di mezzo secolo fa. La copertina, semanticamente connotativa di un’America altrettanto lontana, regge abilmente il gioco. Mantenete il Velo quanto basta per godervi questo lavoro.
(V.P)


BOB DYLAN – ROUGH AND ROWDY WAYS
(songwriting/blues)

Non saranno poche righe a contenere le “moltitudini” del nuovo disco dopo 8 anni di sua maestà Bob Dylan, ma ci piace sottolineare come dopo tanto tempo si riaffacci nella sua produzione una scrittura capace di raccontare il tempo presente, senza peraltro farne alcun riferimento.

La sua voce sempre più ruvida sembra provenire da una dimensione senza spazio e senza tempo, in un’atmosfera oscura nella quale evocare non solo chi è Dylan – che come ben sappiamo svanisce nelle sue canzoni – ma chi siamo noi attraverso il tempo da cui proveniamo, con i nomi e gli eventi che hanno segnato un’era. Un’era al crepuscolo? Un testamento? O un richiamo a vederci con un’altra luce, in un’altra prospettiva? Come sempre, con Dylan, ci rimarrà il dubbio. Lui, intanto, è ancora capace di parlarci. E di commuovere.
(P.C)


PHOEBE BRIDGERS – PUNISHER
(indie-folk)

Il secondo disco di Phoebe Bridgers è arrivato a sorpresa ieri spiazzando leggermente chi lo aspettava per oggi. Punisher è un disco cupo e delicato, in cui la giovane artista Californiana costruisce brani intensamente malinconici. La qualità è alta, la voce della Bridgers è incantatrice più che mai, ma nonostante ciò ad un primo ascolto il disco risulta essere faticoso. Fatta eccezione per Kyoto e I See You, usciti come singoli, il resto del disco sembra essere un po’ piatto come un lago in un giorno senza vento. È necessario un ascolto dedicato per capire se il disco crescerà sulla lunga distanza.
(C.L)


AMNESIA SCANNER – TEARLESS 
(post-club)

Tornano i due finlandesi Ville Haimala e Martti Kalliala, trapiantati a Berlino e autori di alcune tra le composizioni elettroniche più interessanti degli ultimi anni. Fedeli fino in fondo alla musica club, ma solo per arrivare al suo superamento digitale – che si muove, simultaneamente, col superamento dell’umanesimo – Tearless prosegue in maniera più omogenea il processo di destrutturazione già visto in Another Life. Composizioni elettroniche accompagnate da voci apparentemente femminili, che ci conducono in antri oscuri già parzialmente esplorati da pionieri come Aphex Twin, di cui i due finlandesi sono debitori.

I mezzi a disposizione del duo sono immensi: con gli AS parliamo di EDM ballata da umanoidi. Rispetto ad altri artisti coevi, a fare la differenza è una filosofia personalissima che spinge il pedale sull’acceleratore. Dove? Verso la parossistica evoluzione del ruolo che ha svolto l’elettronica negli ultimi anni, sia musicalmente che visivamente. Benedice la PAN.
(V.P)


WIRE – 10:20
(art punk, synth rock)

I Wire erano tornati alla fine del 2019 a distanza di due anni da Silver/Lead – sedicesimo album in carriera –pubblicando Mind Hive. Il gruppo, formato a Londa nel 1976,  ha attraversato fasi molto alterne, tra brusche rotture, ricongiungimenti e altre rotture, si è ufficialmente riunito nel 2004. Questo 10:20 racchiude un album di B-Sides. Si tratta di canzoni che non hanno mai trovato posto in tutti i sedici album pubblicati dalla longeva band. A sorprendere, ci sono dei gioielli famosissimi come Boiling Boy e German Shepherds, vere perle assolute. I Wire sono e saranno sempre una garanzia, un rifugio necessario.
(G.A)


SAULT – UNTITLED (BLACK IS)
(afrobeat,funk)

Una nuova forma di vita black si aggira nella musica internazionale e lo fa con convinzione. Dietro il nome Sault saltato fuori dal nulla non sappiamo bene chi si celi, ma già sul finire dell’anno scorso i loro due lavori “5” e “7” si erano guadagnati l’attenzione di molti. Pochi giorni fa nel loro canale Instagram spuntano fuori le tracce del nuovo disco, poi rilasciate ufficialmente in questi giorni. La didascalia parlava chiaro: un disco senza titolo che intende segnare un momento storico importante, quello del Black Lives Matter. Musica black 100% fatta di groove irresistibili che si muovono fra funk, r&b, afro-beat attualizzati da suoni electro-wave e dance, con special guest Micheal Kiwanuka. Disco davvero interessante: come dicono loro stessi “Black is beautiful”.
(P.C)


DARKSTAR – CIVIC JAMS 
(indietronica)

Il duo elettronico inglese ha deliziato per anni i club di mezzo mondo. In questo quarto album i ritmi sono cinetici rispetto ai precedenti dischi e il suono complessivo risulta più plumbeo e cupo. Qui c’è poco da ballare e i Darkstar si concentrano su di un sound troppo oscuro. La struttura sonora risulta troppo ripetitiva ma in sostanza diventa l’unico e possibile filo conduttore in queste nove tracce, la cui estetica si basa su di continuum hardcore elettronico a tratti ridondante.
(G.A)


BRAIDS – SHADOW OFFERING 
(dream – pop)

Seguiamo da tempo questa band canadese. Il quarto album del gruppo è il disco più complesso, raffinato e sofisticato fino ad oggi. Un lavoro capace di mescolare una straordinaria narrativa di amore perduto, agonia e frustrazione attraverso canzoni emotive e trasparenti. Dopo una pausa di tre anni, in cui il trio andava in letargo nel loro studio di Montreal per avvicinarsi come band, i Braids sono emersi con un suono più raffinato. Sotto una nuova etichetta e prodotto da Chris Walla (dei Death Cab Cutie), la band è stata in grado di esplorare la propria identità e selezionare le proprie emozioni per creare suoni ricchi e giocosi. Delizioso.
(G.A)


JOCKSTRAP – WICKED CITY
(experimental-pop)

Hanno debuttato con un EP nel 2018 e da allora non hanno mai smesso di comporre musica. Questo duo sposa  la delicata scrittura pop  della cantante e la produzione irrequieta e a tratti vertiginosa di Skye che mira sempre a sovvertire le canzoni prima che diventino troppo accessibili. Wicked City, per quanto breve, colpisce e piace subito. Un lavoro capace di esplorare tutti i limiti estremi di quanto una bella canzone possa essere distrutta fino a disintegrarla. Esperimento sonoro totalmente riuscito.
(G.A)


SKYZOO – MILESTONE (EP)
(hip-hop)

È cresciuto a pane e rap Skyzoo. Vivendo ad un isolato di distanza da Notorius Big e respirando musica sin da bambino, il suo destino come musicista era già scritto. Aggiunge oggi un piccolo ma ottimo tassello alla sua pregevole carriera. Milestone è un eccellente lavoro in cui rap e jazz si contaminano.

L’atmosfera che si viene a creare è raffinata e l’ascolto scorre benissimo. Skyzoo racconta il suo essere prima figlio e poi padre, dedicando l’Ep al figlio Miles, che porta il nome dell’altro più famoso Miles (Davis) celebrato e omaggiato in ogni singolo brano.
(C.L)


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