Le migliori uscite discografiche della settimana| 12 maggio 2023

Metà settimana di ottime uscite discografiche con il ritorno in pista di Moby, Goldfrapp, Oval, Fatoumata Diawara, BC Camplight e Daft Punk. Per gli italiani ecco due ottimi album: Studio Murena e The Niro. 

a cura di Giovanni Aragona, Stefano Bartolotta, Chiara Luzi e Flaminia Zacchilli. 

12:44:56  – 12/05/2023



ALISON GOLDFRAPP – THE LOVE INVENTION
(synth pop, dream pop, dance pop)

Alison Goldfrapp, dopo aver costruito una carriera intera sul progetto Goldfrapp, con cui ha confezionato ben sette album, esordisce con il suo primo lavoro solista intitolato The Love Invention. Pochissimi echi synth pop, pochissimi riflessi dream pop, ma tantissime sonorità danzerecce a far da contorno a questo brillante disco racchiuso in ben diciannove canzoni spalmate in 1 ora e 19 minuti. Liricamente, Goldfrapp occasionalmente si appoggia troppo alla semplicità pop, quando invece diventa più sperimentale, o almeno fa a meno delle strutture pop convenzionali, le cose iniziano a sembrare più coinvolgenti e il risultato finale è più che godibile. Non per tutti.
(Giovanni Aragona)


MOBY – RESOUND NYC 
(Electronic, Ambient, Downtempo, Synthpop)

L’ultima uscita di Moby,Resound NYC” vede il produttore americano rielaborare ancora una volta una selezione di brani della sua storia musicale e segue un approccio sonoro simile a “Reprise” del 2021. Re-immagina e ri-arrangia per orchestra 15 delle sue tracce più iconiche composte a New York tra il 1994 e il 2010. Certo, ci sono quei caratteristici svolazzi orchestrali, ma troverai anche influenze di gospel, blues, jazz, pop e persino un pizzico di lo-fi in “Slipping Away” che a volte suona quasi Bowie.

Resound NYC” ha una fantastica line-up di collaborazioni con il musicista jazz Gregory Porter nella traccia d’apertura dell’album “In My Heart“. La voce di Porter è senza tempo e la sua ricca voce si sposa con le percussioni clamorose e i ritmi rock. Ricky Wilson dei Kaiser Chiefs, la squisita Lady Blackbird, tra gli altri, così come meno conosciuti, ma altrettanto talentuosi cantanti come Danielle Ponder e P.T. Banks che brilla nell’affascinante “When It’s Cold I’d Like To Die” da “Everything Is Wrong” del 1995. Una reinterpretazione elegante ma triste che grazie agli archi impennati e alla voce supplichevole è ultraterreno, appassionato ed è forse la rielaborazione più emozionante di questo album di 15 tracce.

Moby potrebbe riflettere e rivisitare il suo passato, ma allo stesso tempo sta anche reinventando il suo futuro e il suo ultimo lavoro è una vetrina stellare dell’incredibile portata e rilevanza del suo talento musicale.
(Cristina Previte)


OVAL – ROMANTIQ 
(Glitch, Electroacoustic, IDM, Ambient)

Lontano dall’esuberante massimalismo di Popp del 2016 e Scis del 2020, l’album suona più come un contenitore di sperimentali suoni elettroacustici. Gli effetti Glitch sono presenti, ma sembrano più frenati rispetto alle prime scorribande del progetto Oval, e il suono è nel complesso molto più pulito e meno sommerso da trame sgranate e acide. Un disco che, a tratti, ha quasi il sapore di Aphex Twin (specie quando entra in scena il pianoma con rumori isterici che navigano su tappeti melodici. Le composizioni di Romantiq riescono ad essere rilassanti e riflessive anche se perseguono irrequietamente suoni provenienti da mondi ancor sconosciuti.
(Giovanni Aragona)


DAFT PUNK – RANDOM ACCESS MEMORIES 10TH ANNIVERSARY EDITION
(French house)

I Daft Punk pubblicano lo speciale “Random Access Memories 10th Anniversary Edition”, riedizione che celebra i 10 anni del celebre album “Random Access Memories”. Il lavoro contiene inediti, outake e demo. L’opera è impreziosita dalla pubblicazione di una serie di esperienze di realtà aumentata a cura dello Snapchat’s AR Studio: “Daft Punk: Memories Unlocked”. Per fan della primissima ora.
(Giovanni Aragona)


FATOUMATA DIAWARA –  LONDON KO
(ambient pop, afro pop)

Dopo essere comparsa, tra le altre cose, nel 2020 nella traccia dei Gorillaz Désolé, Fatoumata Diawara recupera il contatto di Damon Albarn per farsi produrre London Ko, il suo terzo album. Scelta quanto meno azzeccata, perché l’eclettismo è sempre stato uno degli elementi più caratteristici del suo successo, e un lavoro a quattro mani è un modo efficace per affinarlo in modo immediato. E nel mezzo la splendida voce di Diawara, graffiante e autorevole. 

London Ko è un’espressione artistica sfaccettata, arricchita da sapienti tinte rock e un tono di desiderio, insofferenza sfogata, una tensione interna che si libera attraverso la musica al quale queste si sposano in maniera equilibrata. È proprio l’equilibrio il pilastro portante del lavoro: notevole è la sua composizione testuale, ove Diawara canta in francese, inglese e bambara, la sua lingua nativa dal Mali. Sa quando cambiare registro, quando concentrarsi e quando liberarsi, e London Ko prova ancora una volta il suo merito.
(Flaminia Zacchilli)


STUDIO MURENA – WadiruM
(jazz-core, rap, crossover)

Il percorso del sestetto milanese è stato sempre caratterizzato da una lenta ma costante crescita, sia musicale, che nell’interesse suscitato. I primi singoli del 2020 avevano ottenuto pochi, ma in alcuni casi, significativi, riscontri (vedasi Ghemon, subito entusiasta al secondo brano e, giustamente, chiamato ora come ospite); l’album del 2021 ha visto un intensificarsi delle date live e l’ingresso in un roster importante come quello di Radar; ora, questo secondo album è pubblicato dalla Virgin e prodotto da Tommaso Colliva, nomi che si presentano da soli, e lo stesso vale per quelli degli altri ospiti (Enrico Gabrielli, Paolo Fresu, Danno dei Colle Der Fomento, Arya e Laila Al-Habash).

Il contenuto di questo disco conferma che questa formazione non è incasellabile in confini di genere precisi, visto che continua a mettere insieme, con sempre maggior intensità ed efficacia, strutture jazz, rabbia hard core, suggestioni prog e math-rock e tutto il carisma del miglior rap scuola anni 90. I sei passano dal divertimento nell’essere stilosi, all’incazzatura pesante, al nervosismo sottopelle, al respirare la quotidianità, mettendo sempre in campo un livello vertiginosamente alto e allo stesso tempo stabilendo con una certa facilità la connessione emotiva con l’ascoltatore, che certamente deve avere la mente un po’ aperta per apprezzare un lavoro del genere, ma, onestamente, il livello di apertura mentale richiesto dovrebbe averlo ogni buon appassionato di musica.

Obiettivamente, è facile aspettarsi un ulteriore aumento di popolarità e, di conseguenza, date live di fronte a migliaia di persone in tutta Italia, perché questo disco è magnifico ed emozionante sotto ogni punto di vista e ha tutto per coinvolgere qualunque amante dell’arte della musica.
(Stefano Bartolotta)


THE NIRO – UN MONDO PERFETTO
(songwriting)

Dopo i due magnifici album in inglese sul finire degli anni Zero, accompagnati da concerti semplicemente clamorosi, Davide Combusti ha provato a passare all’italiano nel 2014, partecipando anche a Sanremo, ma, onestamente, il livello non era lo stesso e le canzoni suonavano come un’opportunità mancata. Non sappiamo se, alla fine, il cantautore romano avesse maturato lo stesso giudizio, ma fatto sta che non ha più pubblicato album fino ad ora. C’era, quindi, molta curiosità per questo ritorno dopo nove anni e, lo diciamo subito, Queste nuove canzoni riportano The Niro ai migliori livelli espressi 12-15 anni fa.

L’influenza di Jeff Buckley e dei Radiohead più intimisti è sempre lì, e, finalmente, c’è l’armonia giusta tra le melodie, questo suono che di italiano ha poco e il cantato nella nostra lingua. Nove anni fa, ognuno di questi tre elementi dava l’impressione di essere slegato dagli altri, invece qui è tutto perfettamente integrato e le canzoni scorrono via a meraviglia. In realtà, su 10 canzoni, una è in inglese e in un’altra c’è alternanza linguistica, ma la loro presenza serve anche per certificare con ancora maggior sicurezza che quelle in italiano ormai non sfigurano di fronte a quelle cantate nella lingua di Albione, e ci è voluto un sacco di tempo, ma alla fine abbiamo il miglior The Niro possibile anche nella nostra lingua, ed è una gran cosa.
(Stefano Bartolotta)


BC CAMPLIGHT – THE LAST ROTATION OF EARTH
(indie-pop, alternative)

Brian Christinzio, aka BC Camplight, immagina l’ultimo giro di giostra della Terra come un lungo e lento cammino verso l’oscurità accompagnato da una sontuosa colonna sonora. The Last Rotation of Earth, sesto album in studio del musicista naturalizzato inglese, è un lavoro ricco ma allo stesso tempo strettamente connesso ad un’enorme malinconia. Il motivo di tutto questo disincanto va ricercato nella genesi del disco stesso, nato dopo la fine di una lunga relazione che ha fatto riaffiorare un enorme malessere con cui Christinzio combatte da sempre. T

LROE possiede un’anima complessa, in cui ritroviamo tutto il compendio sono di Camplight. ma già ad un primo ascolto possiamo azzardare dicendo che questo è uno dei lavori migliori della sua carriera. I sentimenti di inadeguatezza, la scomodità di trovarsi in un mondo sempre più indecifrabile, vengono raccontati con testi ironici e melodie quasi impressioniste, arricchite da un’orchestra gestita in maniera impeccabile, It Never Rains in Manchester. Se ad accoglierci è il caldo pianoforte dell’omonima The Last Rotation of Earth, lungo il percorso ci si imbatte in ritmi spezzati e sonorità elettroniche, Kicking Up a Fuss. Si arriva al punto di non ritorno con The Mourning, perfetta chiosa che conduce verso il lento e inesorabile declino in cui Christinzio sembra trovarsi completamente a suo agio.
(Chiara Luzi)


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